Confidenza e avviso

Confidenza e avviso
Nel Vangelo di Luca, notiamo una duplice posizione di Gesù: una verso i suoi discepoli, l’altra verso tutti (Cfr. Lc 9, 22-23).
Verso i discepoli, Apostoli e uditori abituali, Gesù si apre alla confidenza. Infatti leggiamo: “Disse ai suoi discepoli”, e continua parlando di sé, del suo prossimo soffrire e della sua risurrezione.
In quel periodo gli bruciava l’approssimarsi della sua passione. Perciò ai suoi discepoli confida la propria passione, quella che nel Gethsemani, diventa mestizia e autentica paura. Gesù sentiva di potersi confidare con i suoi, anche per prepararli allo “scandalo” della Passione e della Croce.
È vero che soltanto ai più prossimi, a quelli che ci amano e ci stimano, tutti nutriamo il “coraggio di manifestare le nostre paure” per sentirci compresi e appoggiati. Gesù è uomo, proprio come noi siamo uomini e donne.
Luca scrive: “Poi, a tutti, diceva”. Quindi sono due gli atteggiamenti di Gesù. Agli altri, “a tutti” Gesù diceva (era cioè insegnamento ricorrente; “diceva” di fronte al “disse” che indica un tempo ristretto, concluso).
Il testo greco è esplicito. Dopo essere stato riconosciuto dai suoi discepoli come il “Cristo di Dio”, egli ai suoi si confidò, dopo averli ammoniti, anzi dopo avere “ordinato” (parengheien) di non propagare fuori del gruppo che lui era il “Cristo di Dio”.
A tutti (pros pantas) diede un’indicazione più generica: “Se qualcuno mi vuol seguire prenda la sua croce…”. La croce di ogni giorno, la croce di ogni uomo è annunciata a tutti. Invece la croce particolare, unica di Gesù è confidata soltanto agli intimi. Ne sa qualche cosa Francesco d’Assisi, intimo nel vivere la sua vicinanza e il suo amore a Gesù.
19.02.14

Lui all’uomo, l’uomo al carnefice

Lui all’ uomo, l’uomo al carnefice
Le credenziali di Dio. Gesù viene tra di noi con le credenziali di Dio (Cfr. At 2, 22). Le credenziali di Dio, che Gesù, venendo nel mondo, presenta sono le sua parole, i prodigi e i segni miracolosi. Già in vita. Dopo morte la grande credenziale di Dio è la Risurrezione. Perciò i miracoli sono segni, ossia esplicazione del valore divino di Gesù. Più di questo, per farci accettare Gesù, il Padre non “poteva” fare davanti agli uomini.
Conoscete i segni del clima, dice Gesù ai farisei e al popolo, ma perché non sapete interpretare i segni della divinità, che si manifestano qui?
Pietro parla agli Ebrei delle credenziali di Dio in Gesù, e gli Ebrei che cosa fanno di queste credenziali? Le consegnano “agli uomini” perché siano distrutte, perché siano stracciate e cestinate. Un ambasciatore che… porta pena.
Perché non è stato preso sul serio questo “accreditato”? perché le sue credenziali non sono state lette dagli anziani e dai sacerdoti? Non avevano appreso il linguaggio della diplomazia, delle furberie della diplomazia? Proprio loro, gli scribi abituati alle minuzie della Legge?
Forse proprio per questo. Non riuscivano a “interpretare quei segni”, perché erano troppo occupati a scoprire, da esperti legulei, solo la legge.
Gesù viene per farci capire che esiste un mondo sopra la legge (ogni legge, anche quella canonica), del quale al mondo lui era ed è l’accreditato.
Lui è “consegnato” agli uomini: Dio ha tanto (così!) amato gli uomini da donargli il suo Figlio. Doveva essere semplicemente uno di noi, e noi che cosa ne abbiamo fatto? Doveva passare un’intera vita con noi, e gli uomini hanno troncato la sua vita.
25.04.17

La convinzione del sorriso

La convinzione del sorriso
È ben risaputo che i bambini, che sono curati da più insegnanti, imparano meglio (e spesso con gioia) le materie insegnate da persone, che godono la simpatia del bambino, perché si comportano simpaticamente.
La vicinanza tra sentimento e intelletto, nutre la reciproca forza di attrazione.
Questo fenomeno si realizza anche durante l’adolescenza e, con modalità e toni diversi, durante tutta la vita. Il suscitare simpatia è un veicolo sicuro per “essere ascoltati”. La stessa indicazione impartita da una persona cara e amica, è bene accetta, che non quella che ci rivolge un critico o un nemico. Questo anche perché è diverso il “tono” della comunicazione. Dalla persona alla verità.
Perciò Gesù che parlava, era il Gesù che si rendeva benvoluto, attraverso guarigioni, dono del pane o della vita. La gente accorreva a lui, vedendo i segni che compiva. Poi alla gente simpatizzante insegnava “molte cose”.
Se nutriamo simpatia per Gesù, poi ci lasciamo “convincere” da lui. Infatti la “Legge di Cristo” non è fondata su un codice, ma sulle beatitudini.
Noi stessi accettiamo più volentieri le parole, che uno pronuncia sorridendo, a differenza dell’atteggiamento che nasce in noi davanti a una persona burbera, che si rivolge a noi anche con le migliori intenzioni.
Per apprendere il Vangelo è molto utile nutrire simpatia per Gesù, avvicinarci alla sua persona affabile, lasciarci attraversare dal suo sorriso.
La verità senza simpatia non è molto convincente.
02.02.2016

Fedeltà e amore

Fedeltà e amore
Amare Dio. Ci sono dei momenti particolari della nostra vita, nei quali l’amore di Dio, ci penetra e ci trasforma: sono il Tabor. Tuttavia l’amore a Dio quotidiano e sempre possibile è il semplice rimanere fedeli a Lui. La costanza dell’adesione è amore autentico. Questa autenticità talvolta chiede sforzo e sacrificio, come ogni costanza nell’operare e nell’amare richiede.
Troppe persone non sanno che la loro costanza a Dio, nella preghiera e nei comportamenti, è puro amore a Dio. Ciò che a lui piace, lo facciamo sempre, proprio come diceva Gesù di sé.
La parola di Dio ci ricorda che “Dio è fedele”. Fedeltà di Dio: fides, fiducia. Fedeltà dell’uomo, che l’attinge dalla fedeltà di Dio, tramite lo Spirito Santo, è la semplice risposta al Dio Fedele, che è fedele perché ama, lui che si dichiara lo “Sposo del suo popolo”.
La fedeltà degli sposi, oggi denigrata da una società che esalta il “libero amore”, si radica sulla fedeltà di Dio, che trasmette agli sposi la sua stessa fedeltà, rendendola sacramento, ossia presenza generosa di Dio negli eventi umani.
L’endiadi fedeltà-amore è indice di sanità mentale e sociale. Quando la società, in particolare quella del benessere, si scinde da questa endiadi, allora essa si arricchisce di drogati, di suicidi, di vessazioni, e di uxoricidi.
Per scoprire la validità del mio amore, basta misurare l’amore sul criterio della fedeltà. Nella coppia umana la fedeltà spesso si offusca o a causa di scappatelle o a causa della gelosia, che è l’opposto di pari valore della scappatella. La fedeltà è indice dell’amore a Dio, che interpretava come adulterio il politeismo e l’idolatria dei suoi “eletti”.
07.03.17

Molte religioni, un solo Gesù

Molte religioni, un solo Gesù
Le culture diverse hanno, per necessità, religioni diverse, ma potrebbero avere la stessa fede? La fede è oltre le culture e le abbraccia tutte. Gesù è salvatore del mondo non di una sola cultura. Però si trova, nella storia, una cultura che pretende di avere “la” fede, e pretende di imporre la propria religione alla fede, e conquistare con le armi le culture per sottometterle a quella religione, che per prima ha avuto il dono della fede.
Nel piccolo, anche all’interno del cristianesimo, si è svolta questa pretesa: un unico culto per un’unica fede. Così si è persa una o più culture e non si è realizzata l’unica fede.
Gesù, di religione ebreo e di fede Figlio di Dio, non ha imposto l’unica religione (quella ebraica) per veicolare con essa l’unica fede. L’aveva finalmente capito S. Paolo che non esportò la religione (vedi la cerimonia della circoncisione) tra i pagani, ma portò Gesù, e questo crocifisso (per opera dei religiosi ebrei!), non chiedendo null’altro fuori della fede, tranne un necessario comportamento etico.
Noi cristiani siamo perdenti se opprimiamo il sentimento religioso dei popoli, anziché elevarlo in Gesù. Siamo vincenti con Gesù, se solo la fede di Gesù e verso Gesù sostiene la nostra vita e i nostri incontri.
Le missioni cristiane non servono a imporre una religione, che non sia quella universale dell’amore (la quale non si impone, ma solo contagia), ma a indicare e portare Gesù, Figlio di Dio, che poi ciascuna cultura tradurrà in linguaggio proprio. Siamo gli annunciatori di Gesù, quel Gesù che ci ha redenti e ci attira verso il Padre, nella dinamica dello Spirito Santo.
06.03.17

Il sorriso nei riti

Il sorriso nei riti
Quando la vita diventa rito, si intristisce.
È questa un’esperienza quotidiana. L’Eucarestia, presenza viva e vivificante di Gesù tra di noi. Gesù volle essere per sempre con noi, per alleggerire e per illuminare la nostra giornata e la nostra vita, e noi lo incateniamo dentro preghiere biascicate con toni dimessi, da ergastolani. Non un sorriso nell’incontro con il Risorto vittorioso, ma musi lunghi per paura di perdere la concentrazione.
Fosse vera concentrazione, che non si arresta alle frasi, ma che penetra nel significato esistenziale delle frasi! “Questo è il Corpo di Gesù” dice chi dona la particola. Abbiamo mai visto che alla presenza si Gesù si illumini la faccia ed esca dalla bocca un riconoscente e sorridente. “È vero!”, ossia “Amen”? Messe ridotte a rito! Dove si è cacciata la gioia del nostro incontro con il nostro vero Amore?
Stamani, alla frase del prefazio, la richiesta del testo diceva: “Esultanti proclamiamo!”. Orbene ho visto tutti i presenti a testa bassa, con un tono di voce da cataletto pronunciare l’entusiasmo dell’esprimere la grandezza di nostro Padre, biascicando il “Santo, santo, santo” come fosse un inutile rito, passato il quale, si va avanti, verso la fine della messa.
Il castigo della ritualità ripetuta, è la tristezza. Più i riti sono importanti, più il cuore si sente lontano, e le emozioni sono giudicate inutili, se non addirittura sconvenienti.
Perché le nostre chiese sono tristi schiave del rito, e attendono concerti o spettacoli, o, peggio ancora, la schiamazzata del “Risus Paschalis” per permettersi un po’ di sorriso e di allegria?
Allegria durante i riti!
06.04.17

Nobiltà nel ravvedimento

Nobiltà del ravvedimento
La debolezza dei potenti sta nella loro incapacità di ravvedersi. Solo nel ravvedimento possono trovare la via retta. È dei potenti il proclamare che non si torna indietro, perché il dado è tratto una volta per tutte.
Nel secolo scorso abbiamo subito la potenza di Hitler. Non seppe ravvedersi né dopo le sconfitte in Russia, né dopo quelle in Italia e in Francia, con la conseguenza della distruzione della Germania e dell’Europa. Il piccolo Mussolini e il grande Mikado indietro non sono tornati, con la conseguenza di rovinare le loro persone e i loro popoli.
Quando un re decide di recarsi in guerra con diecimila soldati, contro un re che può disporre di ventimila, si astiene dalla guerra e inizia le trattative: questo mi sembra di leggere nel Vangelo. I potenti politici e religiosi non sanno ravvedersi e provocano disastri, forse anche distruggendo un convento in piena attività. Anche chi esercita un piccolo potere non riesce a ravvedersi, anche di fronte a un popolo che si lamenta o che protesta.
Ciò che avviene in modo eclatante in tutta la storia, e che ci infastidisce in modo anche doloroso, può avvenire in ciascuno di noi, quando usiamo i piccoli poteri, interni od esterni, che possiamo o dobbiamo esercitare. La sconfitta stupida dei “grandi”, ha anche il compito di farci riflettere sul piccolo potere, almeno interiore, che ciascuno può e deve esercitare. Siamo capaci di ravvederci? Capaci di riconsiderare le nostre scelte?
L’incapacità di ravvederci non è forse quella che genera nevrosi, testardaggini, suicidi?
25.01.2016

Oltre le religioni

Oltre le religioni
“In Gesù non c’è separazione. Chi crede in lui e si abbandona alla dolce salvezza che si realizza solo in Gesù, supera l’origine naturale, quella che si manifesta nelle differenze e religiose e razziali.
La divisione si impone dalla carne. Paolo nota che c’è differenza tra i gentili secondo la carne, e i circoncisi, prodotti da un’operazione subita con la circoncisione nella carne. È la carne (posizione umana) che divide le persone. La non circoncisione e la mancanza di Cristo impedisce di far parte di Israele, non in quanto etnia, ma per la estraneità all’ alleanza promessa.
Il criterio che divide non è religioso, ma di fede, di quella fede che si appoggia all’alleanza. La mancanza di fede (nella rivelazione) trascina nella disperazione e nell’ateismo (senza Dio in questo mondo). Gli atei sono i più disperati tra gli uomini. Essi rifiutano di agganciarsi a Dio, e necessariamente devono fidarsi o di se stessi (povere creature) o a qualcun altro (povera creatura).
Gesù viene a guarire i circoncisi, che pretendono di salvarsi solo perché circoncisi, e i pagani, che devono crearsi gli dei, per conseguire una salvezza illusoria. Gli stessi pagani, una volta esclusi, in Gesù sono accostati a Dio. Voi pagani, una volta lontani vi siete fatti vicini, indica la lettera agli Efesini (2, 13).
Però l’avvicinamento dei pagani non è un accostamento ai circoncisi, ma un avvicinamento alla “promessa” grazie al sangue di Gesù Cristo. La promessa è per i credenti, sia circoncisi che incirconcisi; la razza è superata, le religioni (di Abramo o di altra origine) non si fondono, né una prevale o accoglie l’altra, ma si diventa vicini tra di noi, se vicini, tutti, a Gesù. Gesù è di tutti. La chiesa è soltanto strumento dell’amore di Gesù.
30.08.15

Nostro Padre, il Giusto

Nostro Padre, il Giusto
Le beatitudini, pronunciate da Gesù e riferite in due diversi modi da Matteo e da Luca, sono l’inizio della proclamazioni di Gesù e la base della serenità e della nostra speranza.
Le beatitudini dette da Gesù non si possono considerare come un mero augurio. Esse sono indicazioni, in nome del Figlio di Dio. Dio “dice ed ecco avviene”, poiché la parola di Dio è sempre produttiva. Per dare la sottolineatura alla forza della parola di Gesù, Matteo rammenta il Sinai, fonte della Legge mosaica, e pone Gesù su un’altura (oros).
I poveri in ispirito sono “costituiti” beati, perché di essi è (non sarà) il Regno dei cieli. Sembra quasi che chi entra nella povertà, automaticamente, si trova nel Regno dei cieli, dove soltanto si gode la beatitudine. Lo aveva intuito Francesco d’Assisi, che loda la “Signora povertà”.
Le beatitudini non sono una vaga prospettiva, ma una certa e presente realtà. Tocca a ogni persona accettare la realtà della beatitudine, e non sottrarsene.
“Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché proprio di essi è il Regno dei cieli”. Notiamo: posseggono lo stesso Regno, i poveri e i perseguitati, ossia coloro che si trovano semplicemente in una situazione da essi non proposta, come invece avviene, per esempio, per i fautori della pace o per i puri di cuore.
Di quale giustizia parla il Vangelo, e non solo la parola di Dio riprodotta nel Vangeli del Cristianesimo? L’unico veramente giusto è Dio, che corrisponde perfettamente a se stesso. L’uomo è sempre manchevole. Dio giusto in sé esporta la sua giustizia (giustifica) nel creato (fece ogni cosa con peso e misura), nell’uomo (la legge naturale completata da Gesù), tra gli uomini (la concordia).
29.01.2016

Gesù che contagia

Gesù che contagia
Il contagio di Gesù. Gesù deve contagiarci di sé, della sua persona e della sua parola.
Il contagio della sua persona, è l’essere riempiti di colui che è mite e umile di cuore. La sua dolcezza che penetra nel nostro cuore e nel nostro sorriso. E pregare anche affinché coloro che ci stanno facendo soffrire (nemici o sedicenti amici) possono essere investiti della bontà di Gesù.
Dolcezza di Gesù autentica, non romantica: “Perché mi percuoti?”. “Amico Giuda, baciandomi mi tradisci?”. Dolcezza di Gesù: “Vedendo la vedova piangere per la morte del figlio, si commosse”. “Guardando il giovane disponibile alla vita eterna, lo amò”. “Recandosi alla tomba di Lazzaro, pianse”. I bambini lo cercano, e lui li abbraccia. Incontrando la gente disorientata, si commuove e indica la strada. Quanta dolcezza vera in Gesù!
Se lo abbracciamo, la sua dolcezza ci penetra per osmosi. Proprio a favore di tale osmosi, ogni giorno mi penetra di Eucarestia, mi nutre di sé-pane, mi disseta e mi stimola di sé-vino. Ci sono dei momenti felici, nei quali viviamo rapiti dal suo amore, fino a commuoverci: sì, ci sono momenti quasi estatici, nei quali la dolcezza di Gesù ci invade.
È questa una dolcezza dal sapore unico, molto diversa dalla dolcezza che l’arte stimola, o da quella sublime che ci riempie al contatto con una persona che ci ama e che noi amiamo.
Ed è bello e consolante pregare Gesù, affinché contagi del suo soave amore, proprio le persone che ci fanno soffrire e che temiamo che contengano dentro di sé un cuore inaridito, perfino quando dichiarano di comprendere il nostro dolore, ma, anche se possono, non fanno nulla per lenirlo.
03.03.17