Vecchi per sperare

Vecchi per sperare
Dio ci dona la vecchiaia per spazi più ampi alla preghiera. Per i sacerdoti anche agio per ascoltare, assolvere, godere con altri il perdono di Dio stesso.
Spazio a quale preghiera? A quella della confidenza e della speranza. Sì, la speranza. Non si spera più in una vita longeva: quella c’è già. Si spera una vita serena e piena, oltre la longevità. La preghiera è prodromo e introduzione a questa vita serena.
Non possiamo sollecitare la speranza, ma coglierla nella piega delle cose, e dell’esistenza. Una speranza, che nasce dal guardare il mondo con ottimismo.
Per esempio, i comici non sono dei meri istrioni, ma sono gli apostoli della gioia, gli aiuti, di qualsiasi genere, sono gli angeli che scendono e salgono per la scala di Giacobbe.
I contrattempi sono la purificazione dei nostri desideri. Non occorre vedere in essi solo la sfortuna (che pure c’è), ma anche un’ironica amica, che ci mancava.
Tutto può essere visto con quella lepidezza che può darci anche fastidio, ma che ci fa sorridere sulle cose che passano, e che diventano patrimonio del passato.
Allora si apre il sorriso, perché finalmente ci accorgiamo che Dio solo resta. E la confidenza in Dio prende un nuovo gusto.
Dio solo resta. Anche gli eventi favorevoli, indicano che Dio resta. Nulla ci arriva solamente da noi oppure dagli altri, ma tutto viene da Dio, attraverso anche le mani degli uomini. Nei modi più inediti e più impensati. Quando temiamo che tutto crolli, vediamo Dio che resta e che “fa ricostruire Gerusalemme”.
26.10.16