Vita in prestito

Vita in prestito
Gesù è il nostro eterno prototipo. Di lui affermiamo che alla sua morte “è ritornato al Padre”. Si può affermare altrettanto di noi? La nostra morte non tanto come “partenza” da questo mondo, quanto piuttosto come “ritorno a casa”?
La morte vista sotto la prospettiva umano-pagana è una perdita, un “lasciarci e abbandonarci” come recitano molte epigrafi dei nostri poveri quotidiani. Sembra la morte, un uscire definitivamente dalla “scena di questo mondo”, per disperderci in un oscuro errare tra le quinte, restando vivi solo nel ricordo di chi resta nel palco ancora per qualche anno.
In realtà noi siamo soltanto prestati alla scena di questo mondo, per esercitare, più o meno convintamente e serenamente, una parte, che il Padre (il grande regista dell’universo) ci ha assegnata. È una parte voluta da Dio, perciò è una parte di valore immortale.
La storia è una semplice rassegna di cadaveri, dai quali si può ricavare qualche dritta per esercitare la nostra parte. La storia non rende mai nessuno vivo. Per scorgere la vita oltre la storia e oltre il tempo, è necessario rifarci al nostro caro prototipo.
Solo con Gesù non si può cercare il vivente tra i morti. Questa nostra, povera e bella terra, è lastricata di cadaveri, e la storia umana ne è una semplice epigrafe. Il Risorto si è sottratto alla lastrificazione, e ha liberato da essa, per primo, un malfattore crocifisso.
Farsi un “nome” tra gli uomini, è semplicemente uno scrivere un’epigrafe un po’ più colorata.
Ma chi vive nel “nome” del Signore (il vero Signore) Gesù, sa che il suo nome è scritto “nei cieli”.
28.12.15