Il riferimento: Dio e il prossimo

Il riferimento: Dio e il prossimo
Io ho sottolineato, nei volumini da me pubblicati sui santi, la frase “uomo santo”. Sento spesso dire: “Un sant’uomo!”. Ma temo di porre sotto luce una santità a scapito dell’umanità; perciò preferisco preporre l’uomo al santo.
Dio stesso, il Santo totale, quando volle parlare chiaramente decise prima di farsi uomo in Gesù (Incarnazione) e poi, con Gesù, parlare e compiere i segni. Quanto più scopro l’uomo Gesù, tanto più esalto la santità da lui vissuta nello Spirito Santo.
L’uomo Gesù ci fa sempre avvicinare a sé, perché lui non è autoreferenziale, come certe decisioni fratesche, per attuare le quali non è considerato l’impatto con la gente, ma le proprie esigenze interne. Gesù, anche quando parla di sé o agisce non è mai autoreferenziale, neppure quando dice “Io sono”. “Io sono la via”: Gesù pronuncia questa frase non autoreferenzialmente, ma per aiutare l’Apostolo ad andare verso il Padre. Dice di sé, per aiutare la fede dell’Apostolo, che dichiara di non conoscere la via per arrivare al Padre.
Tutte le volte che Gesù dice di sé, lo dice o in riferimento al Padre (io e il Padre siamo una cosa sola) o per aiutare la fede dei suoi (abbiate fiducia: io…) o per svelare ai propri avversari l’opera e la volontà del Padre, affinché la verità sia accolta, quella verità che salva.
Le istituzioni, anche religiose, autoreferenziali, non sono sulla linea di Gesù. S. Francesco voleva condurre tutti su questa linea: “La regola e la vita del frate è osservare il Vangelo”… poi, disgraziatamente arrivano le leggi, la sociologia, le inchieste, le costituzioni, i decreti, insomma le paure che fanno moltiplicare le leggi.
10.06.17