I carismi

I carismi
Tra i cristiani si parla di carismi. Purtroppo nel linguaggio corrente si riconosce carisma una qualità speciale, che è mostrata da una persona molto stimata e anche particolarmente dotata.
Fortunatamente per essere un carismatico non occorre avere delle dotazioni psichiche (spirituali?) eminenti. Il carisma si attua, quando una persona usa la sua qualità a beneficio della comunità. Nessun uomo è privo di una dotazione, appariscente o nascosta agli altri. La condizione necessaria, per assumere il ruolo di carisma, è quella di non riservare la propria dotazione a beneficio della persona, ma di renderla “servizio” per gli altri. Il carisma è contrario all’egocentrismo, all’autoriferimento chiuso.
La domanda che il credente si rivolge è: “Questo bene, intellettivo, fisico, materiale, come può servire al bene di altri. Servire, non, come accade per alcuni che si credono carismatici, per imporlo agli altri.
Nasce, da questa funzione sociale del carisma, la gioia del donare. Gesù diceva che è più beato dare che ricevere. La gioia di constatare di aver donato tempo, mezzi, parole per sollevare che ne abbisogna. Il vero carismatico, la sera nel fare un esame di coscienza, non sottolinea se lui è stato bravo, buono, bello, ma se qualcuno ha avuto giovamento dalla sua presenza, dalla sua opera, dalla sua parola. E ciò non per dirsi bravo, ma per gioire con chi si è valso del suo essere e del suo operare, cioè per condividere il piacere dell’altro, e non il risultato psichico o ascetico della propria opera.
E tutto nell’amore di Dio, nella gioia dello Spirito Santo.
12 .01.18

Dio, l’ignoto

Dio, l’ignoto
Da sempre l’ignoto genera timore e curiosità. Scoprire l’ignoto per rassicurarsi alimenta, sotto diversi e complementari aspetti, le religioni e la scienza. Quelle si affidano alla fantasia, questa al metodo sperimentale. La fantasia veleggia dove e come vuole, anche la scienza vaga, nel corso dei secoli, tra un metodo e l’altro. A questo proposito è sufficiente confrontare la ricerca di Aristotele e della scolastica (per tacere su Don Ferrante) e la moderna astrofisica.
L’ignoto più ignoto di tutti è Dio, il mistero per eccellenza. Oggetto di timore (timor fecit deos) e di desiderio. È ignoto e rimarrà ignoto. Dio nessuno l’ha mai visto, ripete Giovanni nel primo capitolo del suo Vangelo. Eppure Dio è un ignoto, che attira.
Questo attraimento è da sempre e presso ogni cultura. Da esso dipendono le molte forme religiose. Presso di esse vige il bisogno di attribuire una faccia a questo ignoto, e quindi nasce l’idolatria. Purtroppo la faccia ignota di Dio diventa mitologia, o ricorso alle forze non razionali della natura: fenomeni atmosferici, animali, piante, ecc.
L’idolatria è un commovente sforzo di trovare la faccia di Dio. Forse perché l’idolatria è una ingenua ricerca di definire quella che anche papa Giovanni ricordava come “rivelazione primitiva”. L’idolatria, nelle sue molteplici espressioni, non necessariamente va demonizzata, non si oppone alla rivelazione, ma va rispettata nel suo sforzo di conoscere Dio.
Ma noi, guidati da Gesù, siamo graziati, perché per noi il Dio ignoto é Padre. Un nome che ci esalta.
16.01.18

Ideologia e pastorale

Ideologia e pastorale
Nella chiesa cattolica (e in altre chiese) prevale l’ideologia o la pastorale? La dettatura dall’alto, oppure la risposta alle necessità della gente?
Nella Chiesa, come in politica, dove ogni partito presenta un suo programma e anche i prelievi demoscopici sono attuati a servizio dei potenti e poche volte a servizio della gente e, soprattutto, dei poveri. Si bada al consenso a una proposta, più o meno astratta, piuttosto che a un bisogno reale, soprattutto di quelle fasce di popolazione che non hanno voce. Così anche la statistica diventa ideologia.
Questo avviene nella chiesa. Mi ha sempre urtato il modo di procedere. Si prende un guardiano religioso dal convento uno, lo si fa cadere nel convento due, come il re travicello. Si prende un monsignore da Roma e lo si colloca in una diocesi del Veneto o della Lombardia.
Se il guardiano (o vescovo) in parola per prima cosa annuncia il suo programma, senza prima avere l’odore delle pecore, come dice papa Francesco, questa è pura ideologia, forse ideologia forbita, ma non pastorale. Ricordo un mio vecchio confratello, ora in Paradiso, che indicava al superiore di recente nomina e di recente ingresso in una comunità: “Prima di prendere le tue decisioni, lascia passare un anno liturgico!”. Ossia prima calati nella realtà che non conosci, vedi ciò che desidera e di cui ha bisogno la gente, e poi muoviti. Nessun guardiano, nessun parroco, nessun vescovo sono il Messia, ma tutt’al più il Giovanni Battista!
14.01.18

Invudia e svantaggi

Invidia e svantaggi
Leggendo gli Atti degli Apostoli, incontriamo spesso la lotta degli Ebrei contro gli Ebreo-cristiani. L’esempio più significativo lo troviamo in S. Paolo. Cioè in Saulo. Egli perseguita gli Ebreo-cristiani, quelli cioè che credono in Gesù. Essi rimangono ebrei, anche nei riti (vedi la frequenza nel tempio, per la preghiera vespertina), eppure in essi c’è qualche cosa in più: completano la tradizione profetica con il credere Gesù, in quanto Cristo. I cristiani, accogliendo Gesù, sono ebrei completi.
Eppure sono combattuti, perseguitati. Purtroppo dopo il terzo secolo, saranno i cristiani a perseguitare gli Ebrei, rendendo pan per focaccia. Però guardiamo i cristiani, che vengono dall’Ebraismo, che sono combattuti dagli Ebrei ortodossi. Perché? Per difesa della verità? Oppure per invidia verso coloro che hanno fatto il “passo in più” e hanno raggiunto la completezza in Dio?
È l’invidia che domina i gruppi. L’invidia che perseguita il primo della classe: Galileo che scopre nuove vie, il frate che trova il modo di attuare nuovi orizzonti, i risultati dell’intelligente non sopportati dai bulli della classe.
Fu detto e scritto che l’invidia regge il mondo. Guai a essere dotati in un mondo di mediocri, che si appoggiano al “si è sempre fatto così”.
I martiri all’interno o all’esterno della chiesa, sono semplicemente l’oggetto degli invidiosi. La stranezza si nota proprio nel fatto, che il bene recato da una persona dotata è bene per tutti, anche per gli invidiosi. Perché ogni bene è valore sociale. Soprattutto nella chiesa, dentro la quale le doti positive di un membro, sono opera di Spirito Santo. Forse chi va bene, durante la quaresima deve purificare ulteriormente la propria intenzione.
13 .01.18

Il fantasma Gesù

Il fantasma Gesù
Ho letto con positività le dichiarazioni di un vescovo, che, quasi a riassunto di un anno di attività, conduceva un’intervista sui progressi sociali e caritativi dell’attività diocesana. Credo intendesse dire che era a livello con le necessità di aiuto sociale nell’operare della diocesi. Non riuscivo a individuare il “livello sociale” della Chiesa nel settore proprio dell’Eucarestia. Il livello sociale dell’Eucarestia corrisponde all’offerta eucaristica per l’agio della gente credente.
Io, come sembra che i miei lettori si siano accorti, sono un fissato su Gesù. Non ho trovato, in tutto il resoconto del vescovo, un accenno su Gesù. Mi ricordo che un giorno Gesù aveva affidato un compito chiaro ai suoi: “Andate e predicate il Vangelo!”. Non aveva affidato l’incarico della sociologia, della filosofia o del divertimento per gli adolescenti, o altro.
Vangelo, anche quel Vangelo che permea la carità, e attribuisce un valore nuovo, eterno, a ogni iniziativa di assistenza sociale. Il Vangelo di Dio è sotteso a ogni opera buona dell’uomo. Compito della Chiesa è quello di rendere chiaro, proclamato il Vangelo, anche quello nascosto sotto la beneficenza. Ciò non nega il valore dell’assistenza sociale, ma lo eleva.
Perché la paura di Gesù nella Chiesa di Gesù? Forse è la stessa paura degli Apostoli, sballottati in mare, che scambiano Gesù per un fantasma. Che Gesù sia il fantasma del ventunesimo secolo?
08 .01.18

Alfa e omega

Alfa e omega
La Risurrezione di Gesù è il reciproco dell’Incarnazione. Da Dio nell’uomo, dall’uomo in Dio. Di Gesù si dice che è l’alfa (principio) e l’omega (fine), per abbracciare la sua grandezza. L’uomo Gesù, proprio perché Dio, da Dio in Dio. Dopo la costatazione della sua resurrezione, sembra più intuibile la sua incarnazione. Non spiegabile, ma intuibile, soprattutto con il cuore.
La carriera di Gesù doveva chiudere il cerchio. Dal seno del Padre, come indica Giovanni Evangelista, al seno del Padre. Non solo, ma sempre nel seno del Padre: io e il Padre siamo una sola realtà.
Luce da luce all’inizio. Luce nella Luce al compimento. Eppure non solo è lui il tragitto del sole, ma è l’illuminazione di ogni uomo, che viene sulla terra. Noi siamo trascinati nella Risurrezione di Gesù: risorgeremo sicuramente. Siamo anche trascinati nella sua incarnazione? Come?
Non nasciamo esuli e per caso. Coloro che da sempre è predestinato che siano conformi al Figlio. È un semplice progetto eterno in Dio? È una misteriosa presenza in lui? È una non decifrata presenza di sempre? Insomma anche noi siamo presenti all’inizio e alla fine, alfa ed omega?
La percezione immediata di noi stessi non ci permette di costatare la larghezza del nostro esistere, non riusciamo a decifrare neppure ciò che ci aspetta, pur essendo certi del nostro “essere risorti con Cristo”. La nostra esistenza nel tempo è solamente prestata al tempo. Il nostro vivere nel tempo, come il vivere di Gesù, è per infiorare il tempo di eternità.
04.01.18

Dateci sempre l’Eucarestia

Dateci sempre l’Eucarestia
L’unità di una parrocchia, di una diocesi, di un convento, di una famiglia di credenti, non è né creata né tutelata dal diritto o dal comando, ma da sempre dall’Eucarestia. La pretesa di un parroco o di un vescovo o di un superiore religioso, o di un padre di famiglia, di esigere l’unità basata sull’organizzazione o sulla loro persona (per quanto paludata da vesti speciali o da infule di moda passata), non è né cristiana né possibile. Solo lo Spirito, tramite Gesù Eucarestia, produce la vera e unica unità cristiana dei credenti.
Paolo (vedi lettera ai Corinzi o agli Efesini) è chiaro su questo tema. Ogni depotenziamento dell’Eucarestia è un tentativo di rompere l’unione tra i credenti. Ogni promozione “eucaristica” è un rassodamento dei credenti e, in loro, della chiesa.
L’Eucarestia è partecipazione al Corpo di Cristo, quel corpo ancora vivo e presente, che è la sua chiesa.
L’amore all’Eucarestia non può ridursi a una devozione, accanto a tante altre (santi, feste patronali, perfino Madonne sotto certi aspetti), ma è l’unico “veicolo” attraverso il quale la presenza “reale” di Gesù si presenta nella storia.
Per restare unito nel Cristo, il popolo cristiano ha “diritto” dell’Eucarestia, e se, per attuare l’Eucarestia, è stimata necessaria la presenza di un presbitero, allora, mentre declina il sacerdozio celibatario, deve urgentemente attuarsi un sacerdozio non celibatario. L’Eucarestia è di diritto divino; il celibato è di diritto umano.
07.01.18

Essere preghiera per tutti

Essere preghiera per tutti
Il pregare unisce tutti gli “oranti”. Qualsiasi formula di preghiera sia suggerita dalle varie culture. Ora mi si presenta un’altra domanda, non oziosa.
Sappiamo che chi aderisce con la fede (e con il battesimo) a Gesù, e quindi vive di lui, diventa preghiera, è preghiera, come precedentemente si è visto. Or bene: ognuno che prega è assunto nella preghiera di Gesù, solo lui, oppure questa assunzione, che ci rende preghiera, può avvenire per chiunque prega, rimanendo in buona fede, nella propria religione?
La divisione avviene proprio dalla fede o dalla non fede in Gesù, uomo e Dio? Paolo mantiene tale divisione, anche quando vede nell’unico Gesù la convergenza tra ebrei e pagani.
L’essere preghiera è un immenso dono dello Spirito ai fedeli, perché in essi egli si esprime con accenti misteriosi, oppure ogni preghiera sincera e vissuta è sempre accompagnata e stimolata dallo Spirito?
La mia è solo una domanda, forse una curiosità o un mio desiderio. Però una cosa per me è sicura: in Gesù io sono felicissimamente preghiera, ma la mia preghiera può riversarsi su tutti, credenti in Gesù o non credenti.
Io devo approfittare del mio essere preghiera in Dio, per coinvolgere nella mia preghiera ogni altra persona. Gesù lo fece: “Padre, perdona loro: non sanno ciò che fanno!”. Fu una preghiera avvolgente anche il nemico del momento. Gesù mostra e insegna.
01.01.18

Essere perghiera per tutti

Essere preghiera per tutti
Il pregare unisce tutti gli “oranti”. Qualsiasi formula di preghiera sia suggerita dalle varie culture. Ora mi si presenta un’altra domanda, non oziosa.
Sappiamo che chi aderisce con la fede (e con il battesimo) a Gesù, e quindi vive di lui, diventa preghiera, è preghiera, come precedentemente si è visto. Or bene: ognuno che prega è assunto nella preghiera di Gesù, oppure questa assunzione, che ci rende preghiera, può avvenire per chiunque prega, rimanendo in buona fede, nella propria religione?
La divisione avviene proprio dalla fede o dalla non fede in Gesù, uomo e Dio? Paolo mantiene tale divisione, anche quando vede nell’unico Gesù la convergenza tra ebrei e pagani.
L’essere preghiera è un immenso dono dello Spirito ai fedeli, perché in essi egli si esprime con accenti misteriosi, oppure ogni preghiera sincera e vissuta è sempre accompagnata e stimolata dallo Spirito?
La mia è solo una domanda, forse una curiosità o un mio desiderio. Però una cosa per me è sicura: in Gesù io sono felicissimamente preghiera, ma la mia preghiera può riversarsi su tutti, credenti in Gesù o non credenti.
Io devo approfittare del mio essere preghiera in Dio, per coinvolgere nella mia preghiera ogni altra persona. Gesù lo fece: “Padre, perdona loro: non sanno ciò che fanno!”. Fu una preghiera avvolgente anche il nemico del momento. Gesù mostra e insegna.
01.01.18

Essere perghiera per tutti

Essere preghiera per tutti
Il pregare unisce tutti gli “oranti”. Qualsiasi formula di preghiera sia suggerita dalle varie culture. Ora mi si presenta un’altra domanda, non oziosa.
Sappiamo che chi aderisce con la fede (e con il battesimo) a Gesù, e quindi vive di lui, diventa preghiera, è preghiera, come precedentemente si è visto. Or bene: ognuno che prega è assunto nella preghiera di Gesù, oppure questa assunzione, che ci rende preghiera, può avvenire per chiunque prega, rimanendo in buona fede, nella propria religione?
La divisione avviene proprio dalla fede o dalla non fede in Gesù, uomo e Dio? Paolo mantiene tale divisione, anche quando vede nell’unico Gesù la convergenza tra ebrei e pagani.
L’essere preghiera è un immenso dono dello Spirito ai fedeli, perché in essi egli si esprime con accenti misteriosi, oppure ogni preghiera sincera e vissuta è sempre accompagnata e stimolata dallo Spirito?
La mia è solo una domanda, forse una curiosità o un mio desiderio. Però una cosa per me è sicura: in Gesù io sono felicissimamente preghiera, ma la mia preghiera può riversarsi su tutti, credenti in Gesù o non credenti.
Io devo approfittare del mio essere preghiera in Dio, per coinvolgere nella mia preghiera ogni altra persona. Gesù lo fece: “Padre, perdona loro: non sanno ciò che fanno!”. Fu una preghiera avvolgente anche il nemico del momento. Gesù mostra e insegna.
01.01.18