Noi, deboli

Noi, deboli
La debolezza è dote di tanti. Nasciamo deboli e impotenti. Le nostre mamme collaborano con Dio, e quasi lo sostituiscono.
Non possiamo non essere deboli per costituzione.
Perché Dio ci crea deboli? Una risposta faceta dice: “Perché quando ha creato un uomo e una donna adulti e forti, dopo se n’è pentito!”.
In realtà, tutto quanto è creato, è transeunte, effimero. La debolezza è l’uomo. La carne è debole, e solo lo spirito è “pronto” ossia è capace. Ma quale spirito? Lo Spirito di Dio, che sostiene la vita effimera dell’uomo, per il tempo nel quale il Padre ha destinato che duri la nostra vita precaria, come preparazione alla vita non caduca.
Essendo deboli, noi abbiamo il compito di “utilizzare” la nostra debolezza, per completare in noi l’opera di Dio. Ed è questo il compito della Quaresima: riconoscere la debolezza, offrirla a Dio e servircene per accrescere l’amore a Dio e al prossimo, debole come noi, anche quando si presenta sicuro e vittorioso.
Infatti davanti alla nostra intrinseca debolezza, gli atteggiamenti sono fondamentalmente due: utilizzarla, o combatterla. Il combatterla crea gli eroi e i supereroi, gli autodistruttivi o gli eteroaggressivi, i Capaneo di turno, che la Bibbia vede in quell’Eva e in quell’Adamo, che pretendevano di essere come Dio, o anche quei poveracci che vogliono essere perfetti e disprezzano gli altri fino alle stragi di Hitler, di Stalin o dell’ISIS.
Il combattere, e non aiutare, la nostra debolezza, ci rende eterni insoddisfatti, fino alla disperazione del suicida, che non sopporta più i propri limiti.
16.01.18