Vangelo e uomo, prima di tutto

Vangelo e uomo, prima di tutto
Applico la persona al manuale, o il manuale alla persona? All’inizio della carriera del confessore o dello psicologo (e fosse solo all’inizio!) la tendenza è quella di applicare la persona al manuale, perché il manuale rassicura l’operatore, mentre la persona gli crea ansia. Poi arriva la maturazione, quando confessore, psicologo, medico, avvocato e altri, arrivano alla convinzione di essere individui con una conformazione personale, anche nelle idee, e scoprono che gli altri non sono casi da incasellare nel manuale, ma persone vive e originali, alle quali si può anche presentare il manuale, per vedere se quel comma gli si addice. Come fa il sarto con i vestiti preconfezionati, fino a che scopre la misura adatta alla singola persona.
Lo stesso sistema psichico o morale, valido in sé, non gode di universalità. La medicina si divide in convenzionale, omeopatica, agopunturistica, naturopatica, ecc. Il diritto possiede molte sfaccettature, che diventano giurisprudenza. L’etica stessa è sì un’esigenza universale, ma i modi di applicazione e il riferimento basilare (che per il cristiano è il Vangelo) è vario e anche lo stesso criterio di base, sopporta molte interpretazioni e applicazioni: il Vangelo è vissuto diversamente da sposati e da nubili, da monaci e da magistrati.
Abituarci all’unico riferimento è salutare e necessario (salute fisica e psichica, per medici e psicologi; armonia con il Padre per i confessori…), ma costringere a un’unica interpretazione è una certa tirannia.
13.02.18