Il “Dio qua”

Il “Dio qua”
Noi preghiamo un “Dio qua”, presente nel presente e nel qui: il catechismo ci insegnava che Dio è dappertutto (e perciò anche qua) e immortale (e quindi anche adesso).
Alcuni sono un po’ confusi, credendo di pregare un “Dio là”, perché il Padre Nostro ci fa dire: “Che sei nei cieli”, ossia un Dio non in terra, al quale è necessario telefonare la preghiera.
Però è bene ricordare che quel “sei nei cieli” non indica un luogo di Dio, ma una sua qualità. Il greco manca del verbo “essere” sebbene sembra presupporlo. Luca, che scrive il Vangelo non pregno di ebraismi, come fa Matteo, riferisce la preghiera di Gesù, in modo netto: “Padre, sia santificato il tuo nome”. Luca spoglia la preghiera di Gesù, da quanto non ha importanza per i suoi lettori non ebrei. Accetta sì il riconoscimento di Dio (sia santificato il tuo nome: riconosco che tu sei Dio), e accoglie la sua grandezza universale (il regno), ma evita una frase che ai suoi lettori sarebbe stata un po’ astrusa, e che potrebbe ricordare l’Olimpo, quale sede degli dei.
Per noi cristiani è un po’ disorientante il metterci in contatto di preghiera con il “Dio là”. Però nel Vangelo esiste anche la frase: “Padre celeste”.
È così bello essere certi che il Padre vede il mio cuore, questo cuore che ha bisogno di lui per gustare un vero affetto incrollabile, e che le mie parole sono sempre ascoltate da lui. La “recita” delle preghiere è un dire ciò che lui, amorevolmente, sta ascoltando con la gioia del Padre, ricordato e invocato dal figlio. Grazie, Padre, di essere il mio “Dio qua”!
17.02.18