Atteggiamento di preghiera

Atteggiamento di preghiera
Certamente il nostro atteggiamento nel pregare, dipende dal nostro esserne convinti.
Per alcuni il pregare naufraga nelle preghiere, che solo la bontà di Dio sa accogliere, perché lui sa di come siamo fatti.
Un altro atteggiamento, nel pregare, è il nostro conversare con il “Dio là” o con il “Dio qua”. Un Dio lontano o un Dio vicino, qui e ora. I salmi spesso si richiamano a un “Dio là”: “vieni (!) presto in mio aiuto!”. Anche le preghiere liturgiche troppo spesso si rivolgono a un “Dio là”: Vieni.
La dolce bellezza è il pregare al “Dio qua!”. Ci sente, ci ama, ci indica tutta la familiarità con lui, dal momento che noi, immedesimati in Gesù, con Gesù siamo immersi misteriosamente nella Trinità. Il “Dio qua” è la Trinità presente. Come? Non conosciamo il come, eppure accogliamo il “che cosa”, quel “che cosa” (una volta si chiamava l’essenza) che noi accettiamo felicemente, come è felice l’accogliere le confidenze dell’amico o dell’amante.
Il mistero divino, che nella preghiera viviamo intensamente, è la confidenza in Dio.
La rivelazione (Dio che si svela) per alcuni è un peso, cui si è obbligati a credere, pena l’eresia e il peccato. Per altri è la confidenza di Dio, non pena, ma tripudio. La Trinità è tripudio, felicità per i cristiani, perché essa è un passo più in là del credere a un Dio unico e personale. Felicità cristiana, per quell’aggiunta di confidenza di Dio, che né Ebrei né Muslim sanno accogliere e sanno godere.
17.02.18