Inferno

Inferno
Non riesco a capire lo scalpore destato da una presunta affermazione del Papa, che nega l’esistenza dell’inferno.
È ovvio che “quel tipo” di inferno non riveste nessun significato, né nella realtà, né per la fede.
Sappiamo che l’inferno, il purgatorio e il paradiso danteschi non esistono. Sublime fantasia, bassa realtà.
Qualsiasi immaginazione dell’inferno in quanto “luogo e tempo” è del tutto irreale, sebbene può stimolare sentimenti positivi, ma solamente sentimenti.
Tutte le frasi del Vangelo, che si riferiscono all’”aldilà” sono allusive, non descrittive. L’aldilà può essere intuito con l’aiuto stimolante della fede, ma non descritto.
Allora non esiste l’inferno, il premio ai buoni, il castigo ai cattivi?
Esiste sì, ma non come lo immaginiamo, sebbene la fantasia può aiutare la pietà.
Due frasi del Vangelo ci possono aiutare: “Venite, benedetti” e “Lontano da me, maledetti”.
L’uomo nasce destinato a sperimentare la propria completezza nel riferimento esistenziale a Dio. Egli è destinato a “godere Dio”. Lo scopo della vita umana è il ricongiungimento con il Padre, per partecipare alla beatitudine divina.
Il suo “scopo” è Dio.
Il fedele a Dio raggiungerà l’appagamento totale in Dio. Chi si ribella a Dio (o se vogliamo: chi si allontana da Dio), è destinato a privarsi per sempre della felicità divina, ed incorre nella disgrazia di essere per sempre infelice, non completo: ed è inferno reale.
02.04.18

Vita futura

Vita futura
S. Paolo indica come vivere i congedi. Lettera agli Efesini, una lettera quasi riassuntiva e indicante una eredità. Eredità che depone per una continuazione senza termine. Un vedere la posterità come semplice prolungamento vitale di un’avventura intensamente vissuta, ma non conclusa.
Al tempo di Paolo serpeggiava, anche tra i credenti in Gesù, l’idea che si era presso la fine del mondo. Paolo invece vede, consiglia, appoggia il proseguimento dell’opera di Dio e, in subordine, anche di Paolo nel tempo, che è il tempo della chiesa. Paolo vede appressarsi la propria fine, ma sa anche che la continuazione è sicura. Egli supera la tentazione degli anziani, i quali, non potendo più operare in prima persona, tendono a svalorizzare quanto di nuovo nel frattempo sorge attorno a loro. Essi perdono il gusto del nuovo, e così forse non si preparano alla novità che li attende, la grande novità: il cielo di Dio.
Per l’anziano, che vede tutto finire attorno a sé, non si innesca il piacere del nuovo, e cala l’interesse per la novità che i giovani attuano. Quindi non sa godere del proprio presente, che si culla tra la speranza dell’infinito e la gioia della vita che continua.
La differenza è nitida. C’è l’anziano che si restringe in sé, perché ormai non c’è nulla da fare; e c’è l’anziano che gode perché il mondo, la fede, la nuova generazione continuano. L’anziano chiuso in sé, il quale include nel prossimo futuro tramonto, il tramonto di tutto; l’anziano aperto all’agire di Dio, che dice: “Ecce nova facio omnia”.
07.01.18

Amore e dominio

Amore e dominio
Dio ha creato il mondo e l’uomo in relazione. Relazione tra gli enti (Einstein), e anche tra le persone e le “cose” (esigenza di respirare l’aria). Le due relazioni tra le persone razionale sono due: uomo e Dio, uomo e uomini.
Queste relazioni si attivano secondo due poli attivi e antitetici, che preferisco nominare: amore, dominio. In essi si collocano enormi variazioni. E diverse intensità.
Questa intuizione mi è apparsa plausibile, osservando il comportamento delle persone, e, forse, la stessa Bibbia: le due esposizioni sono: Amore (Nuovo Testamento) Potenza (Antico Testamento), esposizioni indicate unite nel “Padre Onnipotente”. Mi sovviene l’intuizione della “coincidentia oppositorum” attribuita a Dio, nel periodo dell’Umanesimo.
Ogni persona possiede le due condizioni di amore e di dominio, e propende maggiormente verso l’uno o verso l’altra. Mi sembra d’aver scoperto che il dominio prevale dove c’è poco amore, anche senza indicare gli estremi dell’uxoricidio o dell’infanticidio (gli aborti sono attuati dove la paura o l’egoismo prevalgono sull’amore). L’uccisione è l’estrema dimostrazione del dominio sull’altro. Anche una semplice critica negativa è presunzione di superiorità ossia di dominio.
Nella vita sociale la manifestazione è patente: democrazia o assolutismo. Anche le leggi sono o punitive o promozionali.
Gesù è venuto per amare e per promuovere l’amore, anche verso i nemici (coloro che vogliono dominarci). Egli lascia a noi la scelta tra la vita e la morte, come fece anche il suo omonimo, Giosuè.
06.04.18

Civiltà di vita

Civiltà di vita
Sant’Agata fu torturata, prima di essere uccisa. La tortura come fonte di godimento, e la morte degli altri come piacere per i sadici.
Nei nostri tempi viviamo non solo il ricordo delle SS nei campi di sterminio, ma molte altre situazioni, nelle quali la tortura fisica e, soprattutto, psichica è esercitata. Ricordo che, quand’ero bambino in atmosfera fascista, veniva esaltata la grande civiltà dei Romani, dei quali noi eravamo gli eredi gloriosi. Poi giunsi a riflettere su quel civilissimo popolo, che costruì le arene per il godimento collettivo di assistere alla morte, più o meno sadica, di uomini e di donne nei circhi. Grande civiltà: l’uccisione, la morte!
Oggi l’Occidente si sta gloriosamente avviando nel progresso civile verso gli aborti, l’eutanasia, la ricacciata in mare dei profughi, l’esaltazione della bomba atomica, la lode delle varie forme dell’ISIS. Insomma è la grande civiltà barbarica dell’Impero Romano che si ripresenta. Perfino il “Sacro” Romano Impero si piantava sull’eccidio dei Sassoni, degli eretici, delle crociate, che non recavano confetti e dolciumi ai saraceni, i quali a loro volta non offrivano torte. Torture e uccisioni, l’opposto del Creatore della vita.
Già i Salmi si esaltavano per l’uccisione dei nemici, e la “pietà medievale” si rallegrava per i roghi alle streghe.
Il cristianesimo, radicato in Gesù, proseguiva la missione di colui che recava la vita “in abbondanza”, e se noi godiamo di un’eredità, questa non è quella romana, ma quella cristiana: ricordo le opposte poesie di Carducci e di Marradi.
05.02.18

Etoca cristiana

Etica cristiana
L’etica cristiana, pur tenendo in molta considerazione il decalogo, non può fissarsi incernierandosi in esso. L’etica cristiana non è tanto vivere il decalogo, piuttosto è vivere Gesù. Altrimenti si fermerebbe a un’etica di tipo mosaico, ma non rivestirebbe la gioia e la trasformazione in Gesù, provocate dallo Spirito Santo.
Gesù ha semplificato il vivere di chi crede in lui. La prima semplificazione è amare Dio e amare il prossimo, come anche S. Paolo si esprime. La seconda semplificazione non consiste in un dettato, ma nella sua persona. Paolo: “Per me vivere è Cristo”. Questa è tutta l’etica cristiana. Conoscere Gesù, il suo amore, le sue esigenze e abbracciarle.
“Chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. L’etica cristiana non consiste nell’adeguarsi a un codice, ma essere vitali nell’adeguarci a una persona.
L’aiuto a tale adeguamento, lo abbiamo a portata di mano: Eucarestia e Nuovo Testamento. Il Vangelo nelle nostre mani non è un libro, ma una persona, che accarezziamo, e della quale ci riempiamo, per semplicemente viverla, sapendola e sentendola vicino, con noi. Soprattutto durante la preghiera, quando confondiamo il nostro pregare con quello di Gesù nel riferirci al Padre nel contesto trinitario.
Certamente per vivere l’etica cristiana, è necessaria la fede in Gesù, in tutto Gesù, nella sua Persona, nella sua Parola, nel suo “corpo mistico”, ossia nella Chiesa, suo Corpo. Partire sempre da Gesù, perché solamente le sue esigenze entrano nella nostra persona e diventano, in noi, etica cristiana.
Tale situazione non è impossibile, se ci affidiamo allo “Spirito di Gesù”.
04.04.18

Cibo e mistero

Cibo e mistero
Quante volte non ci siamo accorti di Gesù, bello, fresco, presente! È capitato anche agli apostoli e ai discepoli. I due di Emmaus camminano con lui, mangiano con lui, e solo alla fine lo riconoscono, poco prima della sua scomparsa. I discepoli stanno assieme e parlano della stranezza di Gesù morto e poi visto vivo da qualche donna e da qualcuno di loro.
Parlano, Gesù “stette in mezzo a loro”, ed ecco che credevano che si trattasse di un fantasma, proprio come capita ai bimbi piccoli, rimasti orfani, che talvolta credono di rivedere la mamma.
Gesù li sta rassicurando, perfino con il far toccare le sue piaghe. Il testo dice: “Per la gioia non credevano” ai loro occhi!! Che cosa fa Gesù per confermare la sua presenza? Compie uno dei soliti grandi miracoli di conferma? Macché: chiede soltanto di poter mangiare. Ritorna a un’azione consueta.
Il semplice cibarsi come conferma della straordinaria Risurrezione. Il riportare nel quotidiano l’opera di Dio, proprio per riaffermare la onnipotenza divina. È quasi una nuova incarnazione di Gesù. Lui divino nel concepimento, lui divino nella risurrezione.
Questo accadimento di “infima” fattura vince le nostre “sublimi” riflessioni teologiche e filosofiche su Dio. Un Gesù che mangia è conferma dell’opera di Dio. Forse questo è un richiamo a vedere nel quotidiano la presenza dell’eterno, nell’ovvio la forza del prodigio, nell’umiltà la via al sublime, quella via che è Gesù, via verità vita.
16.04.18

Fede che salva

Fede che salva
La tua fede ti ha guarito. Ho udito tale frase, desunta dal Vangelo, per indicare non la fede cristiana, ma la credenza personale o addirittura l’illusione fantastica di qualcosa che dovrebbe avvenire, come, per esempio, una guarigione.
Gesù parla della vera fede cristiana, una fede che è interpersonale. Io credo che la tua persona (di Gesù) possa far questo. È fiducia nella persona di Gesù, che ha il potere di operare cose divine.
La declassazione della fede a mera credenza, non produce il frutto divino. L’assertività non è fede, ma semplice autoconvincimento, che potrebbe introdurre nell’illusione. Che l’indirizzare il proprio cervello verso un oggetto, può produrre effetti (gli effetti della cosiddetta “mente felice”) è assodato nella pratica. Però questa non è fede di per sé. Può entrare nella regione della fede, se è accompagnata dalla fiducia in Gesù che salva, oppure che può salvare anche servendosi della dinamica del cervello felice.
La fede essenzialmente è fidarsi di Dio. Quel Dio, che può operare anche attivando le possibilità e le facoltà da lui stesso create. Ma questo è compito e facoltà di Dio.
La fede in Dio, in Gesù, che porta a salvezza, se salvezza cerchiamo anche attraverso i sacramenti, produce sempre l’effetto desiderato. Essa rientra in quel consolante “chiedete e riceverete”. Perché in questa situazione è il chiedere lo “Spirito”, posto da sempre a nostra disposizione.
L’oggetto della fede cristiana non è un cercare un oggetto vagante, da catturare infilzandolo, ma è la stessa persona di Dio, di Gesù.
03.04.18

Beati i perseguitati

Beati i perseguitati
Gesù ci assicura la beatitudine nell’esser perseguitati a causa della giustizia. Noi possiamo essere annoverati tra coloro che sono perseguitati a causa della giustizia?
Ricordo che, quando parlavo alla televisione con una persona, interessata alle confederazioni sindacali, applicò immediatamente la beatitudine alla classe operaia, privata dei suoi diritti.
È solo questa la persecuzione?
Vi è una giustizia, che si identifica con il “solo” giusto: Dio affermato. Poi la giustizia anche di una vita corretta. Non è raro vedere quanti giusti sono perseguitati.
L’operaio fedele al proprio lavoro, che è canzonato dai colleghi furbi, l’impiegato puntuale, il negoziante onesto. Può accadere anche in una scuola che il professore onesto sia “invidiato” dai colleghi. L’invidia o prima o poi diventa critica, denigrazione, e perciò persecuzione.
Anche nelle associazioni “pie”, la persona corretta è spesso invidiata e ostacolata, combattuta.
Anche nei conventi accade, non raramente, che la persona che cammina retta per la sua strada sia invidiata, criticata, denigrata anche in modo violento, o con il sorrisino demolitore. La persona cammina retta, diritta, ossia semplicemente con giusta direzione. E sente piovere critiche, riprensioni, sgridate, su di sé. Ebbene nelle comunità religiose può accadere, e non ci sono casi rari, che una persona dotata – e perciò invidiata e denigrata – viva la beatitudine dell’essere perseguitata per amore della giustizia. Gesù è con lei.
26.04.18

Fede vittoriosa

Fede vittoriosa
Il laico diverge dal religioso, in qualsiasi modo e in qualsiasi ambiente il religioso si manifesti. Quando il laico non solamente diverge dal religioso, ma inoltre gli si oppone diventa laicismo.
Il laico di per sé non si oppone alla fede, ma, solitamente, la trascura. Può perfino accadere che il laico si affianchi al religioso, ma non riesce ancora a lasciarsi prendere dalla fede. Così incontriamo il laico esule dalla fede, e anche il religioso lontano dalla fede, se la devozione o le pratiche pie, si tengono lontane dal credere secondo le esigenze di Dio. Anche, e spesso, una vita eticamente corretta, può restare fuori dell’ambito della fede.
Il religioso e il laico possono essere assunti nella fede, soprattutto se le loro opere sono morali. S. Giacomo dice che dalle opere egli può desumere la presenza della fede.
Il laicismo combatte la religione e pretende di combattere la fede. È la sua una lotta, basata su una pretesa illusoria.
La fede per essere combattuta seriamente, deve avere di fronte un nemico che vanti armi pari. Perciò la sicurezza della Scrittura che dice che la “fede vince il mondo”.
L’arma sicura della fede è lo Spirito Santo. Il laicismo non è fornito di tale arma, poiché la rifiuta da principio. Fionda nel laicismo, energia atomica nella fede. Le armi impari rendono la fede serena e gioiosa, il laicismo arrabbiato e persecutorio in tutta la storia. Martiri e persecutori.
10.04.18

Timbrati di Risurrezione

Timbrati di Risurrezione
Siamo poveri peccatori sì, ma timbrati di Risurrezione. Quel “Oggi sarai con me nel Paradiso” ci risuona nelle orecchie e nel cuore, e genera dolce speranza e necessaria fiducia. Gesù in croce ispirò fiducia al ladrone già condannato. Gesù Risorto ispira fiducia in noi, noi crocefissi con lui, ma già risorti in lui.
Gesù Risorto, può essere oggi presente a noi soltanto come Risorto, con la gioia del Risorto, con tutto l’ottimismo celestiale del Risorto. Se già vivente nella terra, sfoderava il suo “non temere”, quanto più oggi, beato nella e della Risurrezione, è incline a trasmetterci fiducia e sorriso.
È necessario essere certissimi della Risurrezione di Gesù, perché essa è la realtà voluta da Dio, e entrata permanente tra di noi.
Forse un verbo, un po’ lontano dal consueto linguaggio sacro, può esprimere questo nostro intimo godere: coccolare il Risorto e la sua risurrezione in noi. Può darsi sia inconsueto e perfino irriverente, ma rende bene la dolcezza che accompagna la nostra fede nel Risorto.
L’Apostolo è felice perché “Dio non l’ha abbandonato nella morte!”. Orbene contrario all’abbandono freddo, senza sentimenti, è proprio il nostro goderci la tenerezza del Risorto. Lui, Gesù, non si è fermato a gustare dentro di sé la propria risurrezione, soprattutto dopo gli spasimi della crocifissione, ma ha trasmesso ai suoi, alle donne, a noi, la gioia contagiosa della Risurrezione. Oggi la superficialità dichiara Pasqua … il panettone o l’uovo, noi ci esaltiamo nel nostro Gesù Risorto.
02.04.18