Trovare la meta

Trovare la meta
Paolo, come ci riferiscono gli Atti degli Apostoli, parla agli Ateniesi, entrato nell’Areopago, il luogo più importante per i raduni dei cittadini.
Prende lo spunto dalla scritta di un altare, dedicato “Al dio ignoto”. Non è un semplice espediente per introdursi, ma una costatazione della religiosità degli ateniesi. Egli riconosce che anche la ricerca religiosa, che addirittura riconosce il bisogno di un dio misterioso, è già ricerca di Dio.
Paolo non condanna, ma semplicemente indirizza, non distrugge, come fece in Gallia il “fiero Sicambro”, ma valorizza e completa l’esistente, quell’esistente che concerneva già un valore: la ricerca di Dio.
Quello di Paolo è un procedimento psicologicamente corretto: non distruggere le deviazioni, anche dolorose, non combatterle, ma indirizzare le dinamiche sottostanti verso uno scopo più corretto.
La religiosità è una tensione buona: però essa deve essere valorizzata, indirizzandola non a un idolo, ma a Dio, attraverso la fede. Anche la “reazione psichica” della religiosità, deve essere valorizzata nella fede.
Di religiosità è piena la vita. Basti osservare, per esempio, il tifo per la squadra di calcio, o l’infatuazione per una diva, o le forti simpatie reciproche tra gli adolescenti. Sono queste tutte tendenze che conducono a una specie di adorazione. Questo bisogno di assolutizzare l’oggetto del desiderio e dell’emozione, deve semplicemente essere rivolto a ciò che non finisce, non come quando la convivenza annoia, la diva invecchia, la squadra scende di serie.
09.05.18