In vista della fede

In vista della fede
Gesù indica lo scopo del nostro essere uniti in lui e tra di noi. Lo scopo è chiaro e non si restringe al gruppo dei credenti. “Affinché (ina: greco) il mondo creda che tu mi hai inviato” (Gv 17, 21)
La nostra concordia, nei cuori e nella stessa fede, non si confina nel personale benessere e nell’assicurazione della salvezza personale, ma si allarga come confessione concreta di fede, fede che, confessata, diventa contagiosa di fede in Gesù e di salvezza.
La funzione della fede è una funzione personale e sociale. La fede in quanto socialità non è riconosciuta “dal mondo” ma anche purtroppo non è riconosciuta dagli stessi credenti. Eppure poco si pensa che la divinità di Gesù ebbe sì la funzione del vivere “la gloria”, ma il Padre volle il Figlio divino, perché salvasse il mondo, immettendo in esso il seme del divino. Perfino il delitto della crocifissione fu trasformato in segno e pegno di salvezza.
La “gloria” che Gesù ci ha donato, ossia la nostra partecipazione alla grandezza e all’amore di Dio, non è un titolo nobiliare affibbiato sulle spalle dell’uomo, ma è un compito e una forza, che ci rendono apostoli ed evangelisti, non tanto con le parole, ma piuttosto con la vita.
Essere cristiani non indica un’appartenenza a un gruppo sociale o etnico, ma è la trasmissione di una forza divina, che per sua natura, traspare da noi, e da noi si irradia a beneficio della fede del mondo.
12.05.18