Nelle tue mani

Nelle tue mani
Quando qualche persona ci fa soffrire, sono presenti due possibilità di rimprovero: rimproverare, direttamente o indirettamente, tacitamente o vocalmente, la persona che causa la sofferenza, oppure rimproverare noi stessi perché incapaci di tollerare “cristianamente” l’affronto.
La terza soluzione è la più semplice, la più ovvia, e purtroppo la più rara: sopportare pazientemente le offese ricevute – come recita una vecchia dizione del catechismo, quando enumera le “opere di carità spirituale”.
Quest’ultima è un’indicazione per chi crede in Gesù. E questo si trasporta in un altro piano, in un’altra atmosfera. Però, è questa l’atmosfera nella quale si gioca l’appartenenza a Gesù, e il nostro povero amore per lui.
Paolo ci indica di soffrire con chi soffre. E quando colui che soffre siamo noi? E nessuno soffre con noi, tanto meno il nostro offensore? Chi si piega sulla nostra sofferenza?
Allora si apre una luce: “Venite da me voi tutti che siete affaticati e oppressi”. E l’andare a lui è facilissimo, perché lui è sempre con noi.
Anche la sofferenza ci pone in braccio a Lui. Forse ce ne dimentichiamo, ma lui ha buona memoria, non si dimentica di noi: “Se anche il padre o la madre ti abbandona [magari gettandoti in un cassonetto!], io non ti abbandonerò mai!”.
La sua bontà è grande e paziente, e attende che anche noi ci accorgiamo di essere sempre nelle sue mani, anche quando altri ci offendono… perché sulla croce ha detto: “Nelle tue mani abbandono la mia vita!”
08.06.18