Ascolto

Ascolto
Luca ci descrive Gesù, il quale dopo la preghiera di contemplazione, dopo aver scelto i dodici (incluso Giuda il traditore), si recò in pianura e lì molta gente lo incontrò. Una moltitudine, che già aveva il sentore di chi era Gesù. Infatti l’evangelista nota: “per ascoltarlo e per essere guarita da malattie”. Aveva quindi imparato che l’incontro con Gesù si inizia dall’ascolto. Prima Gesù, poi le nostre giuste necessità. È questa la logica insita nel Padre Nostro.
Nelle nostre necessità non è errato il ricorrere a Gesù, ma l’ascolto deve anticipare la richiesta. Così ci riesce più agevole il pregare di ricevere il suo Spirito, che può agire poi in noi, secondo la sensibilità di Dio.
La grazia, che chiediamo, deve prima di tutto, essere la “sua” grazia, quella che ci aggancia a lui, perché solo agganciati a lui, può scorrere da lui in noi il suo Spirito.
Abituati alla sua grazia, comprendiamo, o intuiamo, ciò che lui ha piacere di compiere in noi, proprio perché possiamo fare l’opera di Dio, che è la fede di abbandono in Gesù.
Ascoltarlo prima di essere guariti, anche perché l’ascolto è guarigione e inizio di ogni guarigione.
E poi, l’ascolto è agevole: basta non turarci le orecchie, create per l’ascolto, o non chiudere gli occhi davanti alla lettura del Vangelo, che il Padre ha voluto fosse scritto per i suoi figli, prevedendo l’invenzione della stampa. Orecchie e occhi per la parola di Dio!
15.08.18

Più vizi, meno civiltà

Più vizi, meno civiltà
Solitamente il progresso della civiltà di misura dal progresso della tecnica: dalla pietra, al bronzo, all’elettronica. Più tecnica, più civiltà.
Ma è proprio così? Non è forse nel progresso di umanità? Più “persona” rispettata e promossa, più civiltà? Io non mi trovo nel lodare solo la tecnica evoluta, dove c’è il disprezzo della persona. Nei Romani grande tecnica nell’erigere monumenti imperituri e nello stendere strade sicure e commerci fiorenti, e poi il grande divertimento collettivo nel godere, nel circo, l’ammazzamento di persone, per il gusto dell’ammazzare.
La civiltà si misura sul modo di divertirsi. Anche oggi. Dove sta la civiltà nelle orge, nei postriboli, nella droga, nel disprezzo del diverso, nel commercio e nella finanza che affamano intere popolazioni per la pancia di altre, la supremazia di razza, e la guerra santa dell’ISIS?
Tempo fa c’era stato un vero progresso di civiltà, quando era bandito l’amore vero per tutti, la proibizione di “uccidere”, l’aiuto ai poveri, il superamento della pretesa che l’uomo fosse il culmine di ogni realtà, ed altro. Quando quella civiltà si propagava, le persone erano sicure e rispettavano la vita di tutti, dal piccolo all’anziano.
Oggi questa civiltà sembra tramontare, per ritornare a prima di quella autentica rivelazione civile, e al progresso per il vero bene della persona. Corre il grave pericolo di ritornare alla barbarie, seppure con giacca e cravatta.
Solo Dio ci può… mantenere e salvare.
06.08.18

L’uomo che si appoggia all’uomo

L’uomo che si appoggia all’uomo
Crollato quel vanto dell’ingegneria moderna. Ridimensione dell’orgoglio del cemento armato, con il quale si pensava di costruire cose impensabili. Ritorna l’ammirazione, alquanto assopita, dei ponti di pietra a tutto sesto, appoggiati umilmente su basi di vecchio sasso.
Ancora una volta la tecnica è ridimensionata dalla realtà cruda. Come, del resto, ogni tecnica: quella psicologica, come quella fisica. L’orgoglio moderno esalta la tecnica su la morale, la tecnica sempre più perfetta dell’aborto e della morte provocata, sul rispetto della vita. Illusione: ciò che la tecnica riesce a compiere non può badare alle esigenze primarie dell’uomo. Anche le camere a gas dei lager, seguivano le norme fisiche di una perfetta chimica.
L’uomo che crea cose inconsuete, come il ponte Morandi, è il dio capace di tutto. Però esistono ancora temporali, terremoti, surriscaldamento, tsunami e semplici esondazioni, che provvedono a umiliare l’uomo e le sue opere, per indicare provvidenzialmente i suoi limiti.
Nel settore morale e spirituale, l’uomo si illude di raggiungere la perfezione e la santità, per accorgersi che da sé, nonostante i detti di Epiteto o le indicazioni dello zen, non può arrivare a nessuna perfezione. Fa sorridere la dicitura dei conventi di religiosi definiti come “stato di perfezione”.
Dopo il crollo del ponte, ecco la ricerca dei colpevoli, e non la riflessione sulla ridimensione dell’orgoglio umano, misurandosi sui limiti di sé, e sull’unica grandezza permanente: Dio!
18.08.18

Il Padre è con me

Il Padre è con me
Vivere nel mondo, per chi crede in Gesù, è vivere nella Trinità. Ricordo con gioia il mio incontro con Mons. Radossi, quando studiavo a Roma. Egli in una semplice conversazione, affermò: “Tutto il mondo è casa di Dio!”. Siamo nella casa di Dio, ancora fermi nell’atrio, ma già respiranti l’atmosfera della Trinità. Trinità gioia oggi, tripudio infinito domani.
Camminiamo nella Trinità presente, preghiamo nella Trinità, soffriamo nella Trinità, come anche Gesù sulla croce.
Quando ci ricordiamo di vivere nella Trinità, nella “famiglia” (domestici dei) del Padre, il nostro passo si fa leggero, la nostra preghiera è confidenziale, è il tu per tu con il Padre presente.
Tutto diventa preghiera, eccetto evidentemente il peccato, ma non il rincrescimento e il pentimento. Tutto è preghiera, giacché il pregare è unione con Dio. Infatti il nostro Padre è sempre in unione con la sua creatura. Il pregare, fondamentalmente è accorgerci di questa perenne dolce presenza del Padre, al quale Padre rivolgiamo il nostro semplice parlare.
L’unione con il Padre e del Padre con noi è continua. “Voi mi abbandonerete questa notte e mi lascerete solo; ma non sono solo, perché il Padre è con me”. E noi siamo i continuatori di Gesù, anche quando siamo tentati di pessimismo. Il pessimismo è una tentazione per farci dimenticare del Padre. Ma “il Padre è sempre con me!”.
18.08.18

Il ponte della preghiera

Il ponte della preghiera
Si può superare la tirannia della tecnica? Un superamento facile e immediato è la preghiera. Questa può superare e trasformare la tecnica, a servizio dell’uomo e a riconoscenza a Dio, quel Dio che creò e crea il cosmo, e che sta nel cuore dell’uomo anche quando egli crea, nell’arte, nel pensiero, nell’aiuto materiale alla vita umana.
La preghiera anche con pietà per le vittime della tecnica, soprattutto per i morti direttamente causati da una tecnica forsennata. La preghiera ci ricorda l’unico ponte, destinato a non crollare mai, eppure un ponte che noi riusciamo a far crollare: è il ponte tra noi e il Padre, attuato dalla preghiera fiduciosa. La preghiera ricostruisce il ponte più importante e lo ricostruisce immantinente.
È un ponte subito gettato ed efficiente, perché è garantito, monitorato, costruito dallo stesso Spirito del Padre.
L’immersione nella preghiera, anche durante il pianto, risveglia speranza, fiducia, letizia nel buio. Anche se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me: il tuo vincastro mi dà sicurezza. E questa sicurezza, mi fa dirti, per me e per i miei fratelli che piangono: restituiscimi la gioia della tua salvezza. Quella tua gioia che restituisce alla vita me i fratelli che includo nella mia preghiera, e, quindi, nella mia gioia, che diventa sollievo nello Spirito.
Padre, ti invoco in Gesù: restituisci a tutti la gioia della tua salvezza.
19.08.18

Gesù, salvami

Gesù, salvami
Mi sembra che un episodio del Vangelo sia come l’emblema di molte situazioni.
Gesù di notte cammina sull’acqua. Pietro per rassicurarsi che quell’essere che camminava sull’acqua fosse veramente Gesù, chiede a Gesù di far camminare sull’acqua anche Pietro. Gesù glielo concede. Pietro si butta e cammina sull’acqua per alcuni passi; poi è attraversato dal dubbio, e allora inizia a sprofondare. Nella situazione precaria, invoca Gesù, perché lo salvi. Gesù interviene e Pietro arriva a Gesù.
Anche il cammino della fede può iniziare con slancio. Poi nascono dubbi, incertezze, deviazioni, e si fa notte. Restano due soluzioni: ricorrere a Gesù per essere salvati, oppure cadere nella sconsolazione, nel pessimismo o nella disperazione. Pietro ci ha indicato la via giusta: “Signore, salvami!”.
Anche la vita di ognuno, comincia con la iniziale, spesso inconsapevole, percezione di Dio. Ricordiamo che Gesù stesso vedeva l’infanzia, come l’ambiente della salvezza. Poi l’educazione, la società, la scuola dei benpensanti, immettono perfino nei bambini il dubbio e l’ateismo. Arriva Gesù, se è accettato, e salva.
Anche la storia dell’umanità, seguendo la Bibbia, inizia con la fiducia in Dio, la convivenza piacevole con lui. Ed ecco il serpente, per Adamo, la “civiltà” variamente costruita dall’uomo, con le superbie, le schiavitù, le guerre. Finalmente arriva Gesù, e in lui l’uomo si rassetta.
08.08.18

La gentilezza di Dio

La gentilezza di Dio
Il Padre, che ci ama da Dio! e che noi amiamo, è così gentile verso i suoi figli, che, quando desidera comunicare con loro, si adegua al loro linguaggio.
Pensare alla gentilezza di Dio ci esalta.
Quando l’uomo poneva il valore nell’essere forti (eroi!), il Padre si adeguava al suo linguaggio. Ecco nella Scrittura la presenza del Dio potente, punitore, vendicativo, vincitore. Non era Lui così, e, dopo il Vangelo, possiamo intuire la vera faccia di Dio. Però per entrare nell’alfabeto dell’uomo antico, la gentilezza del Padre, si adattava al linguaggio umano, pur di essere ricordato, e di indicare la sua vicinanza all’uomo.
Il più grande atto manifesto della gentilezza di Dio verso l’uomo, avvenne quando Dio si fece uomo come tutti noi, per operare, parlare, gioire e soffrire come tutti noi.
Il linguaggio di Gesù è il nostro linguaggio. In Gesù la gentilezza di Dio si esprime così totalmente che oltre, nemmeno lui va. Infatti il linguaggio degli angeli, ci è estraneo. Ma sapere che cos’è l’amore del Padre, ci riesce bene (per la nostra capacità limitata e mortale) attraverso l’amore “umano” di Gesù.
Credo che sulla stessa linea di gentilezza siano anche le “apparizioni” della Madonna. Atteggiamento, vesti, lingua delle apparizioni mariane, si adeguano alla cultura, alla mentalità, alla sensibilità della persona cui appare.
09.08.18

L’orgoglio degli umili

L’orgoglio degli umili
Il Vangelo della messa nel giorno dell’Assunzione della Vergine Maria, madre di Gesù e madre di tutto Gesù, Chiesa e noi, ci presenta la grande esplosione di preghiera riconoscente, che è il Magnificat.
Maria riconosce la propria pochezza: Dio ha guardato la bassezza della sua serva. Questo pone Maria in una condizione di inferiorità paralizzata? Tutt’altro. Il canto di Maria è imperniato sulla grandezza e sull’onnipotenza di Dio, che l’ha vorticosamente attraversata. Il canto è un inno alla grandezza di Dio, che rende grandi le cose e le persone piccole. È la coscienza di quanto diventa grande una persona piccola, se Dio la inonda di sé.
Esiste l’orgoglio sublime degli umili. Orgoglio che non si basa sull’esaltazione delle proprie capacità, ma su quanto Dio opera in noi, e operando ci esalta.
I salmi sono imbottiti di questo orgoglio “per il nostro Dio, più grande e più potente degli dei delle nazioni”. Questo orgoglio per Dio, non ci esalta follemente, ma ci entusiasma “per Lui” e, per riflesso, per noi, suoi figli.
Maria ci indica la strada per vivere l’orgoglio autentico degli “umili”. Ci insegna a non aver timore dell’esaltazione, spesso intesa quale offesa alla “nostra umiltà virtuosa”, ma esser aperti all’esaltazione stessa, che viene da quel Padre, che umilia i superbi ed esalta gli umili.
Maria, un’umile toccata da Dio, che scorge entusiasta come “d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. “Vedano le opere vostre buone e glorifichino il Padre”.
15.08.18

Incongruenze

Incongruenze
Ci sono delle situazioni politiche e sociali, che si costatano e da sempre non si risolvono: l’omicidio, il furto, la prostituzione. Forse si condannano e si puniscono, ma permangono.
Era sì venuto un uomo che indicava delle soluzioni. Ma non soltanto non l’hanno ascoltato, ma lo uccisero, poiché era un disturbo sociale: Gesù.
Sto pensando alla prostituzione, considerata la piaga e il mestiere più antico del mondo.
È un disdoro per il mondo femminile, ma le femministe, che cosa stanno facendo, ora che sempre più hanno in mano le leve del potere? Il massimo dei risultati è quello di punire i magnaccia, gli organizzatori e gli sfruttatori della prostituzione femminile, che procura reddito non dichiarato.
Gli sfruttatori tengono vivo il mercato della prostituzione, e sono puniti (quando riescono a punirli!) dalla legge. Però gli alleati degli sfruttatori non sono puniti. Gli alleati, cioè quelli che tengono attivo il mercato illegale: ossia gli “utenti”. Senza utenza, il mercato (e con esso gli sfruttatori) cesserebbe… e la “piaga” sociale guarirebbe.
È la solita storia dell’adultera ricordata nel Vangelo di Giovanni. Pietre pronte per ammazzare l’adultera. Neppure una sillaba per individuare e lapidare l’adultero. Questo fa parte di una “giustizia sociale” senza Vangelo.
È vero che anche oggi una minoranza si oppone e combatte la prostituzione, ma è la minoranza di quegli illusi, che credono a Gesù.
16.07.18

Lui opera

Lui opera
Come sempre, troviamo consolazione nella parola di Dio. Credevo di aver sciupato il tempo, grazie al mio bisogno di creare, di inventare, di realizzare, grazie alla mia dotazione naturale. Dal mio creare ne traevo soddisfazione. E non mi accorgevo che nel creare e nel trarne soddisfazione, stavo imitando mio Padre, quello che mi fece a sua “immagine e somiglianza” (comunque la si intenda questa frase). Di mio Padre è scritto: “Disse e le cose divennero” e “vide che le cose erano belle!”. La soddisfazione del creare!
Però non sempre mi accorgevo di operare per il Padre, anzi che il Padre operasse tramite me. Io non ne avevo coscienza, ma lui sì. Nella sua benignità, il Padre si serve di me.
La lettera agli Efesini di oggi, mi allarga il cuore: sebbene io non mi accorgessi, ugualmente lui operava in me, sua bontà! “In realtà siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio preparò affinché camminassimo in esse” (Ef 2, 10).
La nostra vita non la redimiamo noi, con la “retta intenzione” o con la loro “consacrazione devota a Dio”. Dio l’ha fatta sua radicalmente, creandoci. Dio crea e poi non abbandona il suo figlio, anche se questo non si accorge di lui. Però quando ci accorgiamo della presenza attiva di Dio, nel nostro operare, nel nostro creare (anche solo scrivendo), si apre una candida e soave luce nei nostri cuori e un commosso grazie di figli.
15.08.18