Fede e psicologia

Fede e psicologia
Ho terminato ora di leggere una lettera del Presidente dell’Ordine degli Psicologi del Veneto. Egli sottolinea che lo psicologo, che appartiene al grande complesso degli aiutanti per la salute e per il benessere della persona, deve intendere il suo lavoro appunto come collaboratore del benessere.
La persona, astrattamente, è considerata a strati sovrapposti: soma, psiche, spirito. La fede religiosa, o addirittura cristiana, rientra in questi strati? Se, per caso rientrasse tra i fattori del benessere della persona, lo psicologo la deve tenere fuori dal suo operare, oppure può essere inclusa in esso? Se la tiene fuori – come non pochi affermano per evidente paura di esserne coinvolti – allora come si comporta, quando un cliente indica la fede come una sorgente di inquietudine? Esclude questa dimensione “umana” dal suo operare? Rimanda il soggetto a un confessore (oggi sempre più rari si sono fatti i confessori)? Dichiara semplicemente forfait? E il benessere psichico della persona dove lo si può trovare? Nella pillola, nell’alcool, nello spinello, nella crociera o nell’arte… ecc…?
Eppure qui trattiamo le persone concrete, non i cani o gli extraterrestri.
Ma certi nostri psicologi si rivolgono alla psicanalisi freudiana (la religione è una nevrosi), o invece alla psicanalisi di Yung, o ancora a quella aperta di Lacan, e allora quale strada di benessere imboccano?
08.11.18

Tesoro di Dio

Tesoro di Dio!
Durante la Messa, il Padre Nostro, che siamo invitati a pregare assieme, è introdotto con un soave invito: pregare il Padre con la libertà e la confidenza di figli.
I salmi ebraici, che si sono infiltrati nella liturgia cristiana, hanno un altro sapore, perché ci fanno rivolgere non a un Padre, ma a un Signore.
Quando mi appare il Padre, con lui mi appare l’amore, la benevolenza. Perfino un padre, tra i nostri, quando si lascia intenerire dal sentimento, sa che il figlio, cui si rivolge, è il suo tesoro. Termine questo frequente sulle labbra delle madri: “Il mio tesoro!”.
Un figlio è un tesoro per il suo genitore. Io sono il tesoro di Dio! Non è una bestemmia, è la realtà. Se il Padre è falso, creduto solamente tale, perché ci vogliono tacciare come figli falsi, cioè adottivi, allora la distanza da lui è ovvia. In questo caso dovrei parlargli con timore e tremore, come ci indica l’Antico Testamento. Ma se il Padre è vero, perché ci ha generato, nello Spirito Suo (vedi S, Giovanni), allora il timore è cacciato dalla fiducia, dalla confidenza e dalla libertà.
Certamente ci spezza il cuore di commozione (anche questa frutto dello Spirito del Padre in noi) essere “sicuri” di viverci come “tesori del Padre”. Essere nella sua “famiglia”.
L’avvicinarmi ad un’altra persona, mi fa accostare a un tesoro del Padre.
È troppo? Non so. So soltanto che è vero, che nella contemplazione posso percepirlo e assaporarlo.
Gesù ci assicura: il Padre vi ama. Quindi non può non amare da Padre. E tutto questo non è fantasia, se per noi le parole di Gesù sono vere e creatrici, come nell’Eucarestia!
19.10.18

Sacerdoti, e non clero?

Sacerdoti, e non clero?
“Voi siete stirpe scelta, sacerdozio regale, popolo che Dio s’acquista” (Pt 2, 9). Questo troviamo scritto nella lettera di S. Pietro (Parola di Dio!). Pietro vede in tutto il Corpo di Cristo la presenza del sacerdozio regale. Il cristiano è sacerdote per “costituzione”.
S. Paolo nell’enumerare gli “incarichi” nel Corpo di Cristo, ricorda: apostoli, profeti, dottori, prodigi, guarigioni, assistenza, governo, lingue. Non c’è un accenno ad eventuali “sacerdoti” sebbene Paolo conoscesse bene la struttura del popolo ebraico.
Non si può negare che Paolo conoscesse la “santa cena”. “Quando vi radunate insieme …”. E poi alcuni enumera gli errori commessi durante la cena, errori che si devono addebitare agli individualismi.
Paolo non restringe ad un ceto di persone la capacità di “esercitare il sacrificio”. Egli invita ogni cristiano a “offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio, come culto spirituale” (Rm 12, 1). Sembra quasi che egli voglia ridestare nei suoi la coscienza del loro “sacerdozio regale”.
Rifacendosi a usi ebraici e pagani, a poco a poco la fondamentale capacità del Corpo di Cristo, fu vista sempre più chiaramente nell’ufficio di una o più persone (vescovo, anziani).
Oggi, in Europa, il numero di sacerdoti scelti e “ordinati” secondo un “certo” criterio, si va esaurendo. Che non sia forse questa situazione un invito provvidenziale, non a sopprimere il sacerdozio, ma a rivedere la presente posizione del “clero”, come detentore esclusivo di alcune funzioni necessarie nella Chiesa di Gesù?
06.11.18

Il dono della rivelazione

Il dono della rivelazione
Gesù, per misericordia di Dio, ci ha svelato Dio. Anche i profeti, antecedenti a Gesù, hanno avuto la certezza di Dio, perché lo intravvedevano nella natura e nella storia, e poi lo descrivevano secondo i limiti della loro cultura.
Per svelarsi, Dio si è fatto uomo, e anche allora si è fatto intuire e credere attraverso le possibilità umane. Eppure in queste abbiamo appreso di Dio, ciò che la mitologia non era riuscita a esprimere. I miti dei pagani, il loro Olimpo, sono commoventi sforzi di descrivere l’oltre indescrivibile. Resta sempre il fatto che “Dio nessuno l’ha mai visto; l’Unigenito Dio (= Gesù), che è nel seno del Padre, lui ha svelato” (Gv 1, 18). La persona e la parola di Gesù sono preziose per aggiustare il nostro spingerci a scoprire questo mistero, che è l’universo.
Perfino le cinque vie tomistiche di “dimostrazione” dell’esistenza di dio, sono teneri sforzi di dimostrare l’esistenza di Dio, che in quella dimostrazione è data come assioma di ciò che di vuol dimostrare.
Gesù porta a noi ciò che resta al di sopra di ogni tentativo umano di affermare Dio, espresso anche come “motore immobile”.
Dio hanno preteso di coglierlo o con la logica filosofica, o con i miti che intendono descrivere la dinamica nascosta della natura. Però la scienza vanifica i miti, e la rivelazione umilia la filosofia, quando pretende di dimostrare qualche cosa di divino. Anche la teologia, che evita la rivelazione, proprio da questa viene sconfitta.
03.09.18

Tesori di Dio

Tesori di Dio!
Noi, figli di Dio, siamo i tesori di Dio. Tutta la creazione è il forziere di Dio. Il peccato è la tristissima situazione, nella quale il tesoro pretende di perdere il valore. Il vero peccato, quello che si oppone, direttamente o indirettamente a Dio, non gli scarti dovuti alla debolezza, che trascura di rivolgersi al Padre.
L’Apostolo ci suggerisce che noi siamo più preziosi dell’oro, sebbene dobbiamo essere purificati dal fuoco, se perdiamo la lucentezza originale. Però l’oro resta oro, anche se bruttato. Noi rimaniamo figli amati, anche se discoli.
Lo capissero questo i politici, per i quali spesso la vita umana è insignificante.
Questo mondo brulicante dei tesori del Padre! La vita umana è sacra, non solo per la sua costituzione, ma proprio perché “generata” da Dio.
A quanti lo (Gesù–Logos) accolsero, diede il potere (la grandezza) di essere figli di Dio, a questi che credono nella sua persona, perché essi non da vita umana né da decisione di uomini, ma da Dio sono “nati” (Gv 1, 12-13).
Nessun uomo sfugge alla decisione di Dio di generare “figli suoi”. Si comprende dolorosamente la bestemmia delle guerre, degli assassinii, degli aborti, la opposizione a Dio della esaltata (stupidamente troppo spesso) legge 194.
Però questo dolore, in noi viene attutito e anche annientato, appena ci ricordiamo e prendiamo coscienza di essere i tesori del Padre!
L’Apostolo, nello scrivere ai suoi fratelli cristiani, gli ricorda di essere gli “amati da Dio”; non amati per modo di dire.
19.10.18

Più che creature, figli

Più che creature, figli
Figli di Dio siamo noi credenti: tali ci fa il battesimo nel nome di Gesù (non nel nome di Giovanni Battista). È vero che ogni uomo è creatura del Padre, e, in quanto tale, vive di una certa figliolanza di Dio. Però il credente è figlio che partecipa della figliolanza di Gesù, che è di tipo divino.
Il battesimo rivela sì la “potenzialità dell’uomo” di essere figli di Dio, ma la rivela con una “aggiunta” di tipo diverso.
Gesù nasce già Figlio divino. Noi attendiamo il battesimo – comunque lo si intenda – per essere “costituiti” davvero figli. Essere battezzati con l’acqua e con lo Spirito: leggiamo nella Parola di Dio.
Gesù è il Salvatore di tutti. Eppure il partecipare alla sua divinità, avviene in coloro che non sono “nati da carne”, ma trasformati dallo Spirito di Gesù.
È un’enorme gloria essere “suoi, gregge del suo pascolo”. Ma è impensabile, eppure reale, essere in Gesù figli (non solo adottivi, perché Gesù non è figlio adottivo, ma autentico). Forse alla nostra ristrettezza di pensiero non è permesso capire la grandezza e l’opera di Dio, ma alla nostra fede è donato di spaziare nell’infinito; non un infinito immaginario o matematico, ma un infinito, che non può essere pensato perché senza contorni (fines), ma può essere intuito e, soprattutto, creduto.
Figli di Dio lanciati nell’infinito, eppure gioiosi proprio perché i limiti ci lasciano scontenti e desiderosi del “meglio”, ossia dell’indicibile, già “toccato” dalla fede.
06.11.18

Piena di gioia 2

Piena di gioia 2
Dio raggiunge Maria, e questa è piena di gioia, proprio perché “il Signore è con te”. La gioia viene da Dio e con Dio. Gesù è il “frutto” di questa gioia trasmessa da Dio, e perciò dove arriva lui arriva la gioia. La sperimenta Simeone, che loda Dio. E poi la sperimentano i poveri, gli affamati, i miracolati, i consolati dalle parola del Vangelo, appunto dalla buona notizia, che inizia a prendere consistenza e visibilità a iniziare dal “Godi, piena di gioia!”.
Il dolore e la sofferenza non sono prodotti divini, ma conseguenza della caducità e della cattiveria. “L’uomo nemico” semina la zizzania, ogni tipo di zizzania nei cuori degli uomini. Di tale zizzania bisogna liberarsi, come indicano il Vangelo e le lettere degli Apostoli.
Conservare la gioia, non turbarla: “abbiate pace in voi” ci sprona l’apostolo.
Per il figlio di Dio, ogni figlio di Dio, è possibile sorridere e mantenere la serenità, anche nelle sofferenze, nei limiti imposti dalla natura o dall’opera, spesso malefica, dell’uomo. La gioia è la cifra di Dio. “Il mondo godrà, voi soffrirete, ma ritornerò e il vostro cuore riprenderà a gioire”.
Quella ripresa di gioia completa, che il Padre riserva a coloro che lo amano. A cominciare dal nostro Gesù Risorto, per raggiungere la nostra risurrezione. Allora ancora una volta e sempre, Dio arriva a noi, quando noi arriveremo, sciolti da “questo corpo di morte”, nell’immersione totale in Lui. Gioia finale, ogni giorno pregustata nella speranza.
13.09.18

Piena di gioia 1

Piena di gioia 1
Nelle nostre situazioni di gioia, riesce naturale il vedere come nel Vangelo fiorisca frequentemente la gioia, come in primavera le margherite nei prati.
Qui mi piace ricordare una pagina di gioia: quella gioia che rimane un po’ offuscata, quando le parole del Vangelo diventano preghiera, con la dizione latina o con quella italiana. Mi riferisco alla notissima “Ave Maria”.
Il greco recita, press’ a poco così: “Rallegrati, o piena di gioia, perché con te è il Signore”. L’angelo vuol contagiare Maria con quella gioia di cui è stato contagiato lui, nell’apprendere il piano amoroso di Dio per gli uomini.
A questa inondazione di gioia, Maria di primo acchito si spaventa.
L’angelo gioioso la rassicura: ”Non spaventarti, perché qui si tratta proprio di Dio!”.
Maria, l’ebrea credente, non può adeguarsi alla gioia, quando percepisce che si tratta proprio del Signore, Dio di Israele. L’unico passo che una ebrea può fare davanti al Signore, è quello di obbedire come schiava.
E parte per il viaggio. Nel tragitto elabora quel “Rallegrati!”, lo elabora così bene, che esso sfocia nello scoppio del “Magnificat”. Un inno di gioia. E gioia non poteva che uscire dalla bocca di una donna piena di gioia.
Investita da Dio, pregna di Dio, era naturale il suo riconoscere grande Dio, gioire (esultare) nel Dio, ormai sicuramente “mia salvezza”!
Il Signore è con te: quindi in te è la gioia. Perché noi offuschiamo la gioia di Dio in noi?
13.09.18

Serpeggia il Natale

Serpeggia il Natale
Durante il periodo natalizio, Gesù è un po’ in ombra, però si presenta oppure fa capolino ugualmente.
Chiaramente Gesù si presenta alla nostra fede nell’Eucarestia e nel Vangelo. Fondamentalmente, per il credente, ogni giorno è Natale e Risurrezione. In questi incontri la presenza di Gesù è quasi tangibile per la persona che si affida al Padre di Gesù, e al Padre nostro.
C’è anche un Gesù, troppo dimenticato, il quale tuttavia fa capolino. Ed ecco il Presepio e i presepi. S. Francesco voleva sentire il Natale, il Bambino nato, in maniera tattile.
Eppure, anche senza che le persone se ne avvedano, in tutte le manifestazioni caritative o benefiche, che si moltiplicano in periodo natalizio; ciò che avete fatto al più piccolo, l’avete fatto a me.
Probabilmente dalle nostre parti esiste un Natale, anche cristiano, diffuso nel cuore delle persone e anche nelle vene della società. Perfino tra nemici.
Mi sovviene infatti quell’episodio della prima guerra mondiale, quando dalle trincee austriache si levò un canto natalizio, e i soldati italiani uscirono allo scoperto dalle loro trincee per unirsi ai canti austriaci.
Potesse avverarsi altrettanto non dico tra l’Italia e il Sud Africa, ma soltanto tra i partiti politici, nel Parlamento e nelle piazze! Potesse avverarsi anche semplicemente tra i condomini dello stesso fabbricato… e, perché no?, tra vescovo e preti e credenti!
07.12.18

Gesù concreto

Gesù concreto
Per necessità di studio mi incontro con la gnosi, l’ermetismo, il mandeismo, ecc. confrontati con il Vangelo di Giovanni. Molte frasi, termini, concetti tra Giovanni e quelle nobili correnti di pensiero religioso, si incontrano in un raffronto, ma solo in Giovanni troviamo una persona divina, che pur talvolta utilizzando frasi e concetti comuni, è presente non in una speculazione, ma in una realtà tangibile, toccata dallo scrittore cristiano.
Anche l’endiadi luce e vita, riveste un significato proprio in Giovanni, che prepone vita e amore (Dio è amore) alla conoscenza e alla contemplazione umana.
Purtroppo anche presso molti cristiani la fede è caratterizzata dalla conoscenza, che non diventa vita grazie all’amore.
Gesù insiste sull’amore.
Quando egli immagina l’ultimo “giudizio”, non rimprovera le persone perché hanno trascurato una teologia conoscitiva, ma perché non hanno vissuto la carità: “Avevo fame… ecc.”. Anzi egli indica che proprio nella carità si esercitava la conoscenza, che frutta nell’incontro: “Quello che avete fatto all’ultimo, l’avete fatto a me”.
Alcune persone affermano che l’inizio del Vangelo di Giovanni sia una grande visione speculativa. Nulla di più sviante. Essa parte dalla costatazione di una sublime certezza: “Era il Logos!”.
Noi, cristiani abbiamo il dono di riflettere su una realtà storica, il Logos divenuto uomo, e ci troviamo distanti dalle incertezze di quanti riflettono su loro ipotesi e su loro fantasie (eidoloi).
31.10.18