Amore e culto

Amore e culto
Gesù afferma di sé: Voglio misericordia, non sacrificio. E spiega: “Non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9, 13).
Voglio misericordia, non olocausto: è frase che, in qualche modo, richiama le parole del profeta Osea: “Io voglio l’amore, non il sacrificio”. E poi sembra chiarire: “La conoscenza di Dio più degli olocausti” (Os 6, 6).
Sembra però che siano diversi i due contesti, nei quali è pronunciata la stessa frase. Gesù parla della misericordia e dell’amore verso i peccatori. Osea invece parla dell’atteggiamento verso Dio. La “conoscenza” di Dio, ossia l’esperienza di amore verso Dio.
Nei due casi si esalta non il comportamento religioso, ma il sentimento dei due rapporti, quello che ritroviamo nel doppio comandamento: amare Dio e amare il prossimo. Sia nei riguardi di Dio, sia nei riguardi del prossimo vi è la preminenza dell’”eleos”, ossia dell’amore, che diversamente si atteggia, quando è rivolto a Dio e quando è rivolto al prossimo.
L’amore e la carità sono preferiti al culto. Ma il culto è escluso, oppure è soltanto collocato in secondo piano?
La risposta più chiara la troviamo nella prima lettera di Giovanni, dove i due amori (Dio e il prossimo) si rimandano l’uno all’altro. Una quasi oscura simbiosi. Sono le due facce dello stesso sentimento: La “cura” del prossimo, e la “cura” di Dio, che all’occorrenza diventano terapia e culto. Nell’uno e nell’altro caso, amore che “agisce”. Preghiera (eleos verso il Padre) e solidarietà (eleos verso il prossimo).
10.01.19