Il rifiuto del Padre

Il rifiuto del Padre
Fino a che non ci convertiremo cristianamente ed evangelicamente dal Dio giudice al Dio Padre, il nostro cuore non potrà mai gioire in Dio. Il Giudice è incapace di creare gioia, tranne in alcuni casi. Il Padre è gioia perenne, perché è amore e misericordia.
Poveri quei figli, e poi i figli dei figli, che non hanno gustato la bellezza e la dolcezza di un padre. Cioè i cosiddetti padri, che sono solo genitori e mariti, ma non sono disponibili a produrre la serenità e la contentezza nei figli. E questi spesso si precludono anche la possibilità di convertirsi a Dio Padre.
La durezza, che può anche armarsi di osservanza della legge, non serve a produrre nei figli la leggerezza della confidenza, nella quale si trasmette l’interiorità tra padre e figli.
Non è raro il caso di chi non sopporta, tra i cristiani, il sottomettersi nel timore a un giudice-Dio, e questa situazione fa uscire dalla comunità cristiana. Se non con l’abiura, almeno con la sopportazione passiva di una morale e di un culto.
Perché c’è il rifiuto di convertirsi a un Padre buono, per restare incatenati a un giudice freddo? È la stessa paura di chi rifiuta di imparare ad andare in bicicletta, solo perché questa si muove. L’incapacità e il rifiuto di sciogliersi. Di lasciarsi andare, perché si teme di perdere una stabilità rigida, che ispira una certa sicurezza. Evidentemente si tratta di una sicurezza formale, contraria a un abbandono fiducioso, ed “esilarante”.
24.11.18