I sussulti del Battista

I sussulti del Battista
Più ritorno su quel “Ecco l’Agnello di Dio, che “toglie” il peccato del mondo” più mi sorge come una specie di scossa. Mi pare che Giovanni abbia provato due scossoni di gioia alla presenza di Gesù.
Il primo è ricordato dal Vangelo di Luca. “Ecco, appena il suono del tuo [di Maria] saluto è giunto alle mie orecchie, il bambino saltellò con esultanza nel mio seno” (Lc 1, 44).
Il secondo è ricordato dal Vangelo di S. Giovanni (1, 29). Gesù va difilato verso Giovanni. Non passa davanti, come troviamo più sotto (1, 36), ma si reca presso Giovanni (lo incontra), e Giovanni esclama: “Ecco l’Agnello di Dio” (o il servo di Dio). Qualche luce abbagliante si sprigiona davanti a lui.
Gesù non passa, ma va direttamente incontro (pros auton). Quando Giovanni parla del Logos intimo a Dio, scrive “pros theon”. Il Logos è presso Dio, e il Logos è Dio. Non vicinanza, ma presenza intima.
Il recarsi di Gesù “pros” Giovanni è più di un avvicinamento, se provoca in Giovanni luce e affermazione.
E subito dopo l’esclamazione, l’evangelista enumera i perché della forza dell’impatto.
Più tardi arriverà la testimonianza di Giovanni, che ha visto lo Spirito discendere dal cielo.
Più tardi, quando Giovanni si troverà incarcerato, dovrà sincerarsi se quel Gesù risponde al Messia sognato dagli Ebrei, sudditi dei Romani. Non è il Messia vincitore. Gesù allora fa notare che Dio concede vittorie di salute e di verità.
24.12.18

Civiltà di vita

Civiltà di vita
Sant’Agata fu torturata, prima di essere uccisa. La tortura come fonte di godimento, e la morte degli altri come piacere per i sadici.
Nei nostri tempi viviamo non solo il ricordo delle SS nei campi di sterminio, ma molte altre situazioni, nelle quali la tortura fisica e, soprattutto, psichica è esercitata. Ricordo che, quand’ero bambino in atmosfera fascista, veniva esaltata la grande civiltà dei Romani, dei quali noi eravamo gli eredi gloriosi. Poi giunsi a riflettere su quel civilissimo popolo, che costruì le arene per il godimento collettivo di assistere alla morte, più o meno sadica, di uomini e di donne nei circhi. Grande civiltà: l’uccisione, la morte!
Oggi l’Occidente si sta gloriosamente avviando nel progresso civile verso gli aborti, l’eutanasia, la ricacciata in mare dei profughi, l’esaltazione della bomba atomica, la lode delle varie forme dell’ISIS. Insomma è la grande civiltà barbarica dell’Impero Romano che si ripresenta. Perfino il “Sacro” Romano Impero si piantava sull’eccidio dei Sassoni, degli eretici, delle crociate, che non recavano confetti e dolciumi ai saraceni, i quali a loro volta non offrivano torte. Torture e uccisioni, l’opposto del Creatore della vita.
Già i Salmi si esaltavano per l’uccisione dei nemici, e la “pietà medievale” si rallegrava per i roghi alle streghe.
Il cristianesimo, radicato in Gesù, proseguiva la missione di colui che recava la vita “in abbondanza”, e se noi godiamo di un’eredità, questa non è quella romana, ma quella cristiana: ricordo le opposte poesie di Carducci e di Marradi.
05.02.18

Dolce pazzia

Dolce pazzia
Noi, che abbiamo accolto il Logos-carne, Gesù, abbiamo piantata dentro di noi l’ekousia ( realtà, essenza) di essere figli autentici di Dio, autentici fratelli di Gesù.
Noi, nel nostro piccolo, non viviamo semplicemente da figli (un’assunzione di qualità esteriori), ma “perché” figli (una necessaria naturale spinta interiore, personale).
“Riconosci, cristiano, la tua dignità”: ci avverte già lo scrittore antico.
Come si fa a vivere da figli? Semplicemente come viveva Gesù, che non è solo emblema del nostro pregare, ma anche emblema del nostro vivere. Essere alla scuola di Gesù, è sì essere attenti al suo insegnamento, ma soprattutto vivere come lui e perché lui è vissuto.
Ogni istante della nostra vita è marcato di divino.
Il divino permea tenacemente noi, figli di Dio. Quando ce n’accorgiamo davvero, usciamo dagli schemi esterni per trovarci in una commovente pazzia serena, che si chiama contemplazione. L’estasi cristiana è “agevole”: basta credere davvero, e il credere ci conduce a precipitare in un dolce abisso.
Francesco d’Assisi, diceva di sé di essere “pazzo” di Cristo. Pazzo, una persona con altra logica, o meglio con una logica più intuitiva.
Questo Dio che, in Gesù, mi invade e produce in me la dolce pazzia della contemplazione, tutto questo mi fa, perché è autentico mio Padre. Questo Padre, infiltrato in ogni cellula della mia esistenza.
Il cuore si dilata nella riconoscenza e nell’amore. E la vita diventa un continuo soave ringraziamento.
28.12.18

Misericordia per tutti

Misericordia per tutti
Noi, che facciamo parte del gruppo di Gesù (=battesimo), non tutti siamo sempre fedeli. Esiste, ed è molto numeroso, il gruppo dei “santi”. Però noi (io?) siamo la pecora sbrancata, persa chissà dove. Eppure quel “dove” è scoperto da un potente osservatorio, che si avvale dell’occhio stesso di Dio, il quale vede molto lontano e in profondità.
Ebbene individua la “pecora smarrita” e la porta con sé.
Le altre sono tutte al sicuro e ci pensa l’autorità umana a dichiararle sante. Ma noi siamo sempre in procinto di perderci, di inciampare, di straniarci. Eppure proprio queste pecore stralunate sono oggetto di cura e di amore.
Anche per quanto noi cerchiamo di reggerci in piedi, capita sempre quel maledetto incidente che ci fa cadere. Ma Lui continua ad amarci.
Quante volte Lui ci ha raccolti e rialzati, e, anziché sgridarci come facevano i nostri genitori e i nostri superiori (O Santo Ufficio!), ci ha riempiti di calore e di carezze. Lui è immensamente buono e caro (è Padre!) e nella sua bontà ci piace riimmergerci, sicurissimi che Lui non riserba rancore.
Noi, pecore zoppicanti e indecise, siamo amati, inondati di misericordia. Quella misericordia che è accolta da chi non si crede a posto sempre e onnipotente. La misericordia, anche trainata da noi “misericordiati” può riversarsi su tutti, particolarmente nei tempi luminosi, come l’Avvento, il Natale, Pasqua, ecc., se tale misericordia partecipiamo a tutti, tramite la preghiera: agli amici, ma anche ai prelati, ai politici, ai ricchi, e agli scienziati.
11.12.18

Grazie amico per la tua nuova presenza

Grazie amico per la tua nuova presenza
Chi trova un amico trova un tesoro. Perciò chi perde un amico perde un tesoro? Oppure … Se un amico si eclissa, morendo, alla nostra vista, è forse perduto? Può un credente in Gesù Risorto sperimentare un’assenza totale dell’amico?
Il pianto e la costernazione, soprattutto per la morte improvvisa, sono ovvii, se pensiamo a noi. Gesù è un esempio lampante presso il sepolcro di Lazzaro. Piangere non è disperazione, ma richiesta di conforto. Il primo conforto, lo sperimentiamo, viene dalle persone care che ci attorniano, primo fra tutte il nostro caro Padre, dolcezza per chi gli si affida.
Il secondo conforto ci viene dallo stesso amico, eclissato alla nostra vista, ma presente nel seno del Padre, che è già con noi. Il conforto ci viene dalla preghiera. Preghiera per lui, ma principalmente con lui. La preghiera di noi, poveri cristiani, non si realizza da noi a un Padre lontano, bensì da noi , situati con Gesù nel Padre e quindi al Padre.
Il suffragio per gli amici scomparsi, non so se sostenga più loro, che noi. Il suffragio cristiano non si indirizza ad un bene futuro, ma a un bene presente e consolante. Per due motivi: perché se la nostra preghiera è in Dio e se il defunto è in contatto profondo e nuovo con Lui, la presenza di Dio è attivata da quel Gesù che toglie i peccati del mondo. Si realizza così “l’essere battezzati con lo spirito e col fuoco”, quindi essere purificati e intrisi di santità.
Grazie Padre, grazie amico, per la tua nuova presenza.
12 febbraio 2019

Fede cristiana

Fede cristiana
Diventa ciò che sei: è valido per la psicologia e per le religioni orientali di tipo chiaramente psichico.
Sei ciò che sei diventato: è l’unica espressione valida per il cristiano. Ciò che sei diventato grazie alla fede in Gesù, realizzando la tua potenzialità nativa (creatura) che si attua nella fede.
Essere figli di Dio, in modo autentico, non si esaurisce in un semplice essere creature. Ma nell’immettere nella creatura, da sempre predisposta a diventare figlia di Dio, la voluta e creduta presenza del Verbo.
Purtroppo una licenza poetica che, nei riguardi di Dio, scambia la creatura con il figlio, ci ha abituati a non capire quel “da Dio sono nati” e non da “volere di carne (uomo)”. Dio ci fa diventare figli nel Figlio (come? Lui lo sa) e solo dopo possiamo mostrare ciò che siamo diventati.
Solo dopo la vocazione a figli e la sua realizzazione in Gesù, possiamo vivere e muoverci liberamente in Dio.
Allora diventa meno difficile interpretare da figli, sia il nostro esistere, sia ogni circostanza della vita.
Anche la sofferenza nel cristiano, non conduce a un angiporto o al suicidio, ma apre a Dio.
I Vangeli ci descrivono episodi di una fede che si desta, grazie alla sofferenza.
Il cieco grida la fede in Gesù. L’ammalato crede a Gesù, stimolato dalla sua sofferenza. L’affamato, lo zoppo, il giudeo, il samaritano, il genitore dalla figlia ammalata. Le sofferenze portano a lui, che guarisce anche la donna, torturata dai medici per molti anni.
21.11.18

Fidarsi di Dio, pregando

Fidarsi di Dio, pregando
Gesù ci dice di pregare con fiducia, perché il Padre conosce quello di cui abbisogniamo. Se lo sa e ci dice di pregare, la nostra preghiera è facilitata ed è sempre: “Padre, donami ciò, di cui tu sai che ho bisogno”. È qui che si trova quel “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”.
Essere disposti, dallo Spirito Santo, a compiere sempre la volontà del Padre, soprattutto quando uomini, anche di chiesa, si arrogano di interpretare e di impersonare la volontà di Dio. Solo Gesù, uno con il Padre, era autorizzato a esprimere nella propria volontà, la stessa volontà di Dio. Fare la volontà di Dio è abbandonarci alla sua volontà diventata Vangelo. Per ricercare quale è la volontà di Dio, è opportuno non cominciare dai manuali di morale cristiana, ma dal Vangelo. Questa è la fonte, quelli sono dei derivati, che possono includere anche elementi, per quanto attraenti, ma non sempre squisitamente evangelici.
Non sempre le riflessioni etiche, anche sublimi, conducono direttamente a Gesù, quel Gesù che spesso bellamente ha trascurato le indicazioni “religiose” degli uomini. Non sempre le religioni collimano con il Vangelo. Anzi le indicazioni di comportamenti etici e di interpretazione delle realtà umane, che escludono Gesù, per noi credenti sono sospette: acque di cisterna, non acque di fonte. Sempre acque, ma non sempre acque salutifere.
La fiducia richiesta nel nostro pregare perché si avveri quel “chiedete e riceverete”, non si avvale delle nostre capacità riflessive o interpellative, ma semplicemente della “potenza” dello Spirito di Dio in noi: a lui è necessario affidarci.
14.03.18

Oltre la creazione

Oltre la creazione
Creare, per Dio, è facile: disse e fu fatto. Tanto più che Dio crea amando e per amare la sua creatura. Un amore che si esprime anche nell’ammirazione: e vide che era una bella realtà. La madre che partorisce, dopo la sofferenza, gioisce perché è nato un uomo: lo dice Gesù. In situazione diversa, l’artista che crea, poi gode guardando o ascoltando la propria creazione.
Però avviene qualche cosa in Dio, che non è solamente “creare”. Avviene in Dio un divenire uomo, un superamento della creazione del mondo. Avviene il suo diventare uomo: divenne carne e si fermò tra di noi. Anche questo richiama il Dio creatore, ma in un piano nuovo. È un quasi “ricrearsi come uomo, dopo esser già Dio nei secoli”. Paolo addirittura dice che Dio, in Gesù, si svestì della divinità per essere uomo.
Non so che cosa significhi per Dio tutto questo. Attendo e lo saprò. Certamente è un nuovo modo di essere Dio, nel Figlio divenuto carne.
Diventato carne, ossia entrato nella posizione più misera dell’umanità: nella sua debolezza, nella sofferenza, nell’umiliazione.
Perché Dio fece questo? Per il gusto di uno sport diverso, come di diceva degli dei dell’Olimpo? Ma gli dei dell’Olimpo, si divertivano nel loro egoismo (seppure esistevano!). Il Dio che diventa carne, lo fa per amore.
Carne e amore. È un’endiade che i corrotti usano, non sapendo quale è davvero l’amore. Per il fedele è trovare Dio, che ama, nella propria vita, è aprire al respiro della Bellezza infinita, la povera vita, che si riempie del Logos.
28.11.18

Ecco l’agnello

Ecco l’agnello!
Giovanni Battista vide Gesù venire verso di lui. E disse: “Ecco l’eletto (agnello, servo, figlio?) di Dio, che toglie (cancella alza, si sottopone?) il peccato del mondo”: ossia l’opposizione radicale a Dio.
Giovanni lo indica “in presa diretta”: Gesù sta venendo (venendo, non passando) da lui. Arriva a lui, si sente che toglie da Giovanni l’opposizione a Dio? Quale opposizione (brucerà la pula di Giovanni)? Oppure finalmente l’opposizione del mondo contro Dio è vinta, perché proprio in quella carne del Verbo, non può sussistere l’opposizione né di Dio verso il mondo, né dell’uomo verso Dio!
È certo che in Gesù si trova quella opposizione a Dio, che proprio dal Logos-carne viene estinta. Nel Logos, non fuori di esso. Paolo: “Lo fece peccato”. “Colui che non ebbe esperienza di peccato. Egli (Dio) lo fece peccato per noi, affinché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21).
Mi sembra che la chiarificazione di Paolo, aiuti anche il doppio significato del verbo “airōn” (Gv 1, 29) di Giovanni: “Assumere e togliere”. In tanto il Logos toglie il peccato, in quanto ha il potere di distruggerlo.
Il Logos-carne non si sottrae al “peccato del mondo”, ma lo assume per annientarlo. Forse una povera immagine potrebbe aiutarmi: l’acqua versata in un forno si volatilizza. Forse questo ci può aiutare a immaginare la verità delle parole del Battista: “Io battezzo con acqua… lui verrà a battezzare con lo Spirito Santo e fuoco” (Cfr Lc 3, 16).
Quando il peccato “entra” in Gesù, si dissolve immantinente. E quando il peccato entra (volutamente o inconsapevolmente) in noi, trova viva e ardente la fede in Gesù, da esserne annientato? 17.12.18

Gesù, Maestro non seguito

Gesù Maestro non seguito
Per non rare persone il capodanno è stato amareggiato a causa delle preoccupazioni per la nuova applicazione della fattura fiscale. Si tratta infatti di una piccola “rivoluzione”. Una rivoluzione che tende a distruggere il vecchio per imporre il nuovo. È questa la logica delle storiche rivoluzioni, come quella francese o quella russa. Però è anche la logica, per esempio, dei grandi Presidenti americani, o dei piccoli rivoluzionari che si annidano nei partiti politici o anche delle comunità conventuali che si nascondono sotto il nome di superiori (superiori in che?) o di guardiani.
Tolgo il passato, lo annullo, perché finalmente è arrivato il salvatore, che “sarebbe io”.
Tutti ammettono che Gesù ha iniziato la più profonda rivoluzione della storia. Lui però ha seguito un altro metodo da quel “prendi e servi”, che gli attribuisce il buon Giosuè Carducci, alquanto succubo obbediente al vangelo massonico.
Gesù si è inserito completamente dentro l’esistente: circoncisione, preghiere nel tempio, osservanza della Pasqua. Poi, a poco a poco, ha affiancato la sua visione e la sua opera all’esistente, anche per volerlo conservare, altrimenti non avrebbe pianto nella previsione della distruzione del tempio di Gerusalemme.
Affiancare la sua opera all’esistente. Poi avrebbe provveduto il tempo a dargli ragione.
Evidentemente frati, vescovi, politici, amministratori, non occorre che imparino dall’”unico maestro” (come recita il Vangelo), perché il mondo lo sanno guidare (e distruggere!) da soli.
03.01.19