Amare Dio

Amare Dio
Amerai Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le tue forze.
Quando si può amare Dio in modo totale, degno di lui, alla sua altezza? Non lo sappiamo. Eppure il “precetto” dell’amore di Dio e a Dio non può essere evitato. E allora, per affrontare le ansie del non amore a Dio, possiamo ricorrere ad alcune considerazioni.
1. Quando ci accorgiamo di non amare Dio con tutto il cuore, ma resta vivo il desiderio di amarlo, già questo desiderio è amore, almeno amore incipiente.
2. S. Giovanni ci avverte: in ciò consiste l’amore: Dio ci ha amato per primo. Accorgerci dell’amore di Dio, ed espressamente dell’amore di Dio realizzato in Gesù, è già essere entrati in quell’atmosfera di amore, che tutti permea e sollecita.
3. Il dialogo di Gesù risorto con Pietro ci indica una semplice strada per amare. In quel dialogo, Gesù per due volte chiede a Pietro: “Mi ami?”. E Pietro, non sicuro di amare, risponde: “Ti voglio bene”. Poi Gesù chiede una terza volta, ma adattandosi al livello di Pietro: “Mi vuoi bene?” e Pietro finalmente si “butta” in Gesù, perché si sente capito. Chi di noi, una volta incontrato davvero il caro Gesù, non gli vuol bene? Ebbene voler bene a Gesù è amarlo!
4. Forse non sempre ci accorgiamo di amare davvero Dio; eppure noi siamo pervasi di Spirito Santo, che è anche indicato come l’amore trinitario. Lui crea e vive in noi il solo amore adeguato a Dio, poiché lui è Dio. Nel suo Amore deponiamo con fede il nostro piccolo amore, che si infinitizza, proprio a livello di Dio.
09.05.19

Misericordia

Misericordia
Il Padre deve avere tutta la nostra fiducia. Gesù ce lo indica: “Se voi, pur essendo cattivi, sapete donare il bene ai vostri figli, quanto più il Padre celeste donerà il bene a chi lo domanda” (Mt 7, 11).
Perfino noi, povere persone, sappiamo favorire figli, parenti, amici, partecipi della nostra fede. Il Padre, che è bontà piena, misericordia senza limiti, ci supera a grande distanza nell’amarci e nel beneficarci.
Non solo benefici eclatanti, ma quotidianamente il Padre ci benefica. Che cosa è l’aria che respiriamo, se non un dono della misericordia del Padre Creatore? E la luce, e la forza di camminare, di operare, e il cibo, e il riposo e… sono tutti doni del Padre, che per comunicarci la sua misericordia, è divenuto anche il Creatore di ogni realtà.
È molto soave la recitazione del salmo 135. Lì si ricorda che ogni creatura è dovuta alla sua misericordia. Infatti dopo aver ricordato le diverse creature, ritorna il felice ritornello: “Eterna è la sua misericordia!”.
Come una nave che solca il mare, così la nostra vita naviga continuamente sulla misericordia di Dio.
Facciamo un’ipotesi impossibile: se il Creatore sottraesse la sua misericordia dall’universo, tutto si risolverebbe nel nulla.
Gesù è l’emblema e l’attuazione della misericordia di Dio. Perfino verso coloro che pretendono di avversare il Cristo, e, in lui, il Padre Dio, si effonde la misericordia. Anche per noi: oggi sarai con me nel paradiso.
26.04.19

Miei amici

Miei amici
Un tema, che ci aiuta a riflettere e a credere, è il rapporto tra rivelazione e amicizia. All’amico tutto si confida e la confidenza crea e alimenta l’amicizia.
Gesù dice: “Vi ho chiamati amici, perché tutte le cose che udii da mio Padre ve le ho fatto conoscere” (Gv 15, 15).
La rivelazione di Dio, compiuta da Gesù è impianto di amicizia.
La confidenza tra amici è vera se uno dice tutto di sé, se anche certe situazioni, che di solito nasconde anche a se stesso, le comunica all’amico.
La cosa più intima di Gesù, è la sua unione con il Padre, ciò che di più intimo egli rinserra in sé. I suoi vicini erano suoi amici, perché nulla di sé Gesù aveva coperto di segreto professionale. La sua missione e la sua professione era quella del rivelare. L’urgenza intima di parlare del Padre e della salvezza nell’amore. Chi si “fermava” ad ascoltarlo faceva nascere in sé il dolce sentimento dell’amicizia.
“Non vi ho chiamati servi, ma amici”. Il Vangelo non è legge che obbliga, ma confidenza che eleva e che riscalda. Il Vangelo può essere considerato la “lettera di Dio” come usava dire nel ‘900. Esso è lo stimolo perenne a sollecitare amicizia con Gesù, quell’amicizia che diventa inconcepibile intimità nell’Eucarestia.
Vangelo ed Eucarestia sono fattori sublimi, che sollecitano noi ad accettare, con cuore aperto e con mente illuminata, Gesù quale amico.
Gesù è amico non solo dei bambini, ma nostro, se innamorati della sua Parola.
14.05.19

Gioia del Risorto

Gioia del Risorto
È molto consolante e corroborante sentire ripetere nella liturgia e cogliere nel nostro cuore, talvolta triste, la frase di Gesù, pronunciata per tutti coloro che vissero e vivono la fede in Lui: “Beati coloro che non hanno visto, e credono!”.
Noi ci sentiamo travolti in questa beatitudine, e ne ringraziamo il Padre. Il Gesù, che ha pronunciato quella frase, è il Gesù Risorto e sempre presente a noi. Quel Gesù che “esige” la nostra gioia pasquale. La esige, perché immette in noi il suo Spirito e a lui ci affida. Possiamo essere sicuri della nostra beatitudine, perché è la sua, acquisita con la Risurrezione che si inocula in noi, se …
Se lasciamo entrare Gesù liberamente in noi. Spazio a Gesù Risorto, è spazio alla beatitudine.
Anche le nove beatitudini, recensite nel Vangelo di Matteo, acquistano il loro valore e la loro efficacia, perché sono innestate nella beatitudine della Risurrezione, accolta e creduta da noi.
Ho udito dire, proprio durante una liturgia pasquale, che nella vita della persona, la psicologia rileva due situazioni di gioia autentica: infanzia e superamento di una depressione.
Paolo ci indica: “Godete, godete sempre!”. E Gesù fa notare ai discepoli di Emmaus che erano tristi. , ma poi li sveglia alla gioia, quasi turbinosa, quando lui si svela per quello che è.
Forse troviamo attorno a noi tristezza e disperazione, anche tra i cristiani, perché nella vita delle persone non è stato accettato il Gesù Risorto, nostra gioia, causata già dall’accoglienza di Dio, in Maria.
28.04.19

Il sapore della preghiera 5

Il sapore della preghiera 5
Quando medito sul sapore della preghiera, mi viene da ricordare Giuseppe Ungaretti, mentre declamava la poesia di Omero. Avevo come la percezione che Ungaretti masticasse ogni vocabolo, per spremerne il sapore.
Non tutti sono Ungaretti. Ma quando odo, durante la Messa, bambini, cui è affidato di “leggere” qualche testo, che incespicano nelle parole e che non capiscono il senso di quanto stanno leggendo, allora mi viene di invocare Ungaretti, affinché dal cielo intervenga.
Sì: masticare le parole del pregare, per estrarne il sugo, confortante e ridente. Magari poche parole, ma ben vissute e ben sentite.
Talvolta, pregando, accade di provare stanchezza. Qualcuno affronta la situazione accelerando la “recita” per uscire dalla situazione incresciosa. Qualche altro invece, accettando la propria debolezza, sospende la preghiera, si rinfresca cuore e mente, e poi riprende la preghiera anche in altri tempi.
Quel “precetto” di pregare sempre, senza stancarci mai, non si riferisce alle preghiere, ma alla stessa essenza della vita. È la vita del credente, che, tutta, è un’offerta gradita a Dio, come la stessa vita di Gesù.
Così nessun momento della nostra vita si sottrae al pregare, se noi non lo decidiamo volutamente.
Con l’animo fresco si assapora il pregare, perfino “al modo di Ungaretti”. Lui sapeva pregare, è sufficiente che rileggiamo la poesia sul Tevere.
02.05.19

Il sapore della preghiera 4

Il sapore della preghiera 4
Tutti abbiamo sperimentato un senso di sofferenza, nel pregare assieme con altre persone, quando noi si pregava assaporando le parole, e attorno udivamo lo snocciolarsi di mere formule.
Tutti noi abbiamo anche sperimentato il piacere di udire attorno a noi il sapore delle parole di preghiera.
Il Vangelo di Luca ci riporta la presenza di due persone che esprimono sentitamente una preghiera di lode.
“Benedetta tu fra le donne… a che debbo che venga da me la madre del mio Signore?… Beata colei che ha creduto al compimento di ciò che le è stato detto dal Signore”.
A questo inno di lode di Elisabetta l’evangelista fa rispondere altra gioia di preghiera, espressa da Maria: “L’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore!”. “Grande cose mi ha fatto l’onnipotente: il suo nome [la sua Persona] è santo!”.
La preghiera di Maria è tutta un entusiasta inno di lode.
“Ha dispiegato la potenza del suo braccio”.
“Ha innalzato gli umili… ha ricolmato di beni gli affamati… ha soccorso Israele”…
Siamo fortunati e profondamente graziati noi, perché ogni sera facciamo nostro questo inno. In esso riversiamo il sapore del nostro pregare e ci sentiamo riconoscenti a Maria (e a S. Luca) per averci messo in bocca il suo inno, e nel cuore la dolcezza di una creatura limpida, che nella preghiera immetteva la gioia di se stessa.
01.05.19

Il sapore della preghiera 3

Il sapore della preghiera 3
Se la preghiera è saporosa, non è difficile notare in chi prega, l’espressione talvolta serena, talvolta sorridente e talvolta sofferente. Numerosi sono i sapori del pregare. I salmi li esprimono e Gesù li visse, e in noi li vive.
È Gesù che esclama: “Ti benedico” e “Nelle tue mani affido la mia vita” e “Se è possibile, allontana da me il destino della sofferenza”.
Gesù sa pregare, perché Gesù sa semplicemente parlare con il Padre, e in questo parlare investe tutto se stesso, anche per lungo tempo: qualche volta passò la notte nella preghiera “di Dio”: così dice il Vangelo. Non tanto una preghiera a Dio, quanto piuttosto è una preghiera “in” Dio.
Perfino noi, se ci lasciamo muovere dallo Spirito Santo, sperimentiamo nel pregare lo sprofondamento nel Padre.
Sì – per dono suo – anche noi nel semplice invocare la parola “Padre” abbiamo come la sensazione di immergerci nell’abbraccio di Dio.
Questo non è un privilegio riservato ai mistici. E un semplice vissuto di figli veri, che parlano con il Padre: e che Padre!
Nel Padre ci si perde, perché lo Spirito ci conduce soavemente. Questo può non avverarsi in ogni pregare, ma è una semplice conseguenza di figli, che si sentono davvero amati. Davvero amati da un Padre vero, dall’unico Padre vero.
Uno solo è il vostro Padre, quello del cielo: ci illumina Gesù. Forse tutti gli altri sono semplici genitori. Ma l’unico Padre è Lui!
La parola di Gesù è vera! Ecco perché gustiamo il sapore del nostro pregare.
01.05.19

Il sapore della preghiera 2

Il sapore della preghiera 2
Stiamo riflettendo sul nostro pregare quindi sul passaggio dalle formule di orazione, alla parola che prega, e poi al sapore insito nella parola di preghiera, sapore che si percepisce quando la parola si fa viva, ossia dialogo effettivo con Gesù, con il Padre, con i Santi.
La formula più comune, che diventa parola saporosa è quella dettataci da colui, che pregava in modo sublime, perché conosceva bene la Persona, alla quale si rivolgeva. Il “Padre nostro” con tutto il suo sapore.
“Padre”: il sapore è svelato da quel “Il Padre vi ama”. Il Padre perdona, è la misericordia. Tutto quanto Gesù ha rivelato del Padre, suggerisce il sapore di tale Padre.
“Sia santificato”. Questa frase è un riconoscere, nella fede, la divinità, la immensa grandezza del “nostro” Padre, e perciò la impensabile luce e la gloriosa grandezza nella quale ci troviamo, proprio per essere figli di un tale Padre: è sapore di preghiera.
“Venga il tuo Regno”: non è solo attesa del Regno futuro, ma è sicurezza e gusto del suo Regno, ossia della sua Regalità, che ci raggiunge continuamente attraverso la misericordia di Gesù, che è Parola, Eucarestia, Chiesa, Sacramento.
“Sia fatta la tua volontà”: Dio Padre da sempre ci ha pensati e tenuti nel suo “cuore”, che vuole e crea la beatitudine umana. Crea la nostra presente e futura beatitudine, quella che ci fa gustare già in terra, come coloro che sono morti la gustano in cielo. Infatti lo stesso Padre trinitario è nostro Padre vivo. In cielo e in terra l’amore universale e pieno del Padre tutto pervade di amore e di misericordia.
01.05.19

Il sapore della preghiera 1

Il sapore della preghiera 1
Noi, nati in una famiglia di cristiani, fin da piccoli abbiamo appreso alcune formule di preghiera: il Padre Nostro, l’Ave Maria, il Gloria al Padre, e, nei casi più ampi, il Credo e l’Atto di dolore.
Poi, nella vita – anche durante i seminari e dopo – abbiamo continuato a “recitare le preghiere”. E, non raramente, ci siamo fermati al recitare le preghiere, perfino senza pregare. Chi non ricorda la preghiera recitata in famiglia, come è descritta da Olmi nell’”Albero degli zoccoli”?
Purtroppo non ci hanno insegnato a sfruttare tutta la ricchezza consistente nel passaggio dal “recitare le preghiere” al pregare. Dalla formula alla parola al “sapore insito nella parola”.
Le parole che più facilmente ricordiamo sono quelle apprese in un contesto affettivo. È difficile, per esempio, che un bambino dimentichi la parola “caramella”, perché essa ricorda una percezione piacevole.
Orbene, ogni formula di preghiera, comporta una valenza positiva. A me piace dire che è fruttuoso, far sprizzare dalla parola di preghiera, il sapore contenuto in quella parola.
Eppure le nostre formule di preghiera, hanno un potente sapore esistenziale e di fede.
Un esempio principe, è proprio la preghiera che Gesù ha inserito nella nostra bocca (“dite così”) e nel nostro cuore. Quanto sapore divino e affettivo è dentro la parola “Padre”!
01.05.19

La pienezza della solitudine

La pienezza della solitudine   42

Ci sono persone che non riescono a star da sole, perché hanno paura del vuoto, del nulla.

Altre persone desiderano la solitudine, per incontrare il pieno, la totalità di vita.

La solitudine è un test provvidenziale per scoprire il nostro vivere, la sua solidità, o il suo franamento.

O beato solitudo, o sola beatitudo (oggi il latino, a differenza dell’inglese, deve essere tradotto!): O beata solitudine, o unica beatitudine! È l’esclamazione degli anacoreti, intenti alla ricerca di Dio, nel silenzio della cella.

Noi non cerchiamo nessuna abbuffata di solitudine, ma sfruttiamo le molte pause del nostro agire, per ricordarci del Padre, che ci cerca e ci ama.

Sfruttiamo i nostri tragitti, in casa o per strada, per accorgerci di essere al contatto con il Padre. Siamo ormai abituati, a cogliere sempre e in ogni luogo la presenza operante e amante del Padre.

Per noi, grazie alla presenza dello Spirito, non esistono momenti vuoti, insignificanti. Non possiamo, per grazia di Dio, sentirci inutili. Possiamo sempre accorgerci del pregare, e in esso trovare anche la validità dello stesso vivere.

Dio riempie le nostre giornate e le nostre notti. Riempie la nostra piccola vita, trasformandola nel “tempio della sua gloria”. La bontà del Padre raggiunge anche le nostre entragne.

Tutto in Lui vive, tutto in Lui risplende.

12.04.19