Come vedere il sacerdozio?

Come vedere il sacerdozio?
Grazie a Dio, viviamo in un momento fortunato di trasformazione dentro i cristiani che credono davvero.
Il processo benigno di declericalizzazione, è in corso, sia per l’esiguo ricambio di sacerdoti, sia per l’autodistruzione del clero, mediante gli scandali e il peccato della pedofilia.
La trasformazione della chiesa, dalla clericalizzazione alla comu-nità, oggi sembra urgere dalle circostanze sociali. In realtà si ridesta la dinamica della chiesa primitiva, la chiesa fresca di Risurrezione.
Quando Paolo scrive ai Corinzi, ricorda i diversi carismi, funzioni suscitate dallo Spirito a vantaggio della comunità (cfr. 1 Cor 12, 1 ss).
A ciascuno della comunità è dato un dono dello Spirito. Nella e-numerazione dei doni, Paolo ricorda: sapienza, scienza, fede, guarigioni, prodigi, profezia, discernimento, lingue, traduzioni … Ebbene qui non troviamo il “carisma” del sacerdozio. Al versetto 28 dello stesso capitolo, Paolo espone una lista: apostoli, profeti, dottori, prodigi, guarigioni, assi-stenza, governo, lingue. Non appare nessun cenno al carisma “sacerdo-ti”. Eppure le comunità si radunavano, spesso coordinate da un “anziano” (presbitero), per ricordare e vivere la “cena del Signore”.
La Lettera agli Ebrei parla a lungo dell’unico ed eterno sacerdozio: quello di Cristo.
Pietro vede la comunità cristiana, nel suo insieme, quale stirpe scelta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo dell’acquisto (di Dio), per proclamare le opere meravigliose (1Pt 2, 9). La comunità tutta è sa-cerdozio regale, ossia capace di offrire a Dio, soprattutto il grande sacri-ficio.
15.01.19

Il sangue dei martiri

Il sangue dei martiri
Soffriamo a causa degli attentati mortali a danno dei cristiani proprio il giorno del Cristo Risorto.
Eppure…
Sanguis martyrum, semen christianorum. Il sangue dei martiri genera nuovi cristiani. È un detto antico.
Si soffre perché certe persone pretendono di onorare il Dio creatore, che mantiene vivo e funzionante il mondo (Allah è grande), contrastando la presenza della vita di Dio, dentro il vissuto umano e cristiano.
Però, alla nostra fede, anche questa pagina vile (persone inermi) e blasfema (azione contro Dio della vita), crea in noi credenti, quasi l’orgoglio di appartenenza: il potenziale di vita e di gloria, di noi chiesa, è rafforzato dalla presenza di nuovi santi. Il martirio salva e santifica: salva i martiri, accolti in cielo, e santifica la chiesa vivente e pellegrina sulla terra.
Sembra un assurdo, eppure l’aumento dei martiri rafforza la chiesa. Per conseguenza, accende la nostra gioia pasquale, aumentandola di nuova santità.
Quei persecutori credevano di spegnere la bellezza di questa chiesa pellegrinante, e invece ne hanno aumentato la bellezza. Beati i perseguitati per il Regno dei cieli. Si immaginavano di creare degli sconfitti e hanno trovato dei vincitori.
Hanno intinto le loro vesti nel sangue dell’Agnello. I parenti e i concredenti di quei martiri, attraverso le lacrime vedono la gloria di Dio.
La Pasqua non è questa? Attraverso la Passione Gesù entra nella gloria.
23.04.19

Vangelo e gioia

Vangelo e gioia
Il Vangelo è frutto di amore. Ogni pagina trasuda di amore. E soltanto amandolo si intuisce e si gusta. Scorrere le pagine del Vangelo, o per curiosità o per “leggere qualche cosa”, in noi non nasce nulla, perché manca la sintonia, tra ciò che il Vangelo è (Persona che si offre) e la persona che non è tutta nell’azione che sta compiendo.
Ci si immerge nella lettura del Vangelo come abbandonandosi a un abbraccio. È bello e necessario abbandonarsi al Vangelo, nutrire una certa passione, come quella che mostrava Benigni, quando declamava Dante.
Il Vangelo lo si gusta, facendolo, o almeno proponendosi di farlo.
Il Vangelo lo si fa, sapendo che quanto è scritto non è un semplice racconto, neppure una sollecitazione, ma vivendolo come “cosa già nostra”. Infatti noi siamo già partecipi di Gesù, e quindi partecipi di ogni sua espressione.
Uno dei segnali della nostra partecipazione di Gesù-Vangelo, è una certa commozione che sorge nel contatto con lui.
Ricordo di aver assistito a una persona, che declamava una poesia di Pascoli. Era così presa dal testo, che si mise a singhiozzare e non poté completare la declamazione.
Non dico di arrivare a tanto; però assistere a una lettura piatta del Vangelo, durante la Messa, lascia perplessi, quasi tristi.
Le “letture” della Messa, sono lì per indicare la bellezza e la forza del dono di Dio, che ama e che salva. Sono il trionfo dell’amore di Dio, che proclama la strada della gioia umana, e chi proclama non salta di gioia!
Le “letture” ci dicono quanto Dio in quello stesso momento della lettura ci ama e ci salva, e il nostro cuore resta freddo!
15.04.19

Eucarestia-festa

Eucarestia-festa
I santi (quelle migliaia dichiarati tali dall’organizzazione ecclesiastica e quelle miriadi raccolte da Dio) non so se frequentassero lo psicologo, o quel parapsicologo che è il direttore spirituale: so invece che frequentavano la preghiera e soprattutto l’Eucarestia.
Un pia tradizione indica la recita giornaliera del Rosario; altra la comunione spirituale, altra la recita di qualche preghiera rivolta a qualche santo. Queste e altre tradizioni hanno aiutato la fede di molti cristiani. Eppure è l’Eucarestia frequentata spesso, meglio quotidianamente, il sostegno della nostra vita, il fulcro della nostra fede e la vita di noi Chiesa.
Talvolta mi fermo a contemplare l’amore di Gesù, il quale pur di essere presente anche tattilmente nel mondo tra i suoi (che siamo noi!) si è fatto pane, addirittura pane quotidiano.
Non è errato pensare che l’Eucarestia è riservata in modo particolare al raduno festivo nel giorno del Signore, eppure ogni giorno diventa festa se accogliamo Gesù nell’Eucarestia.
Infatti per chi crede rettamente non è la festa che richiede il rito della messa, ma è il Cristo Risorto, che accolto è la nostra festa.
L’Apocalisse cerca di descrivere la festa “in cielo” con l’Agnello immolato e glorioso. Però esiste una festa altrettanto splendida con il Cristo Eucarestia.
Dopo aver assunto l’Eucarestia è bene restare in raccoglimento, ma è meglio lasciarsi andare alla festa.
06.05.19

Tutto scusa

Tutto scusa
Quando una persona è conscia dei propri limiti e dei propri errori, non si sente di scagliarsi contro gli errori degli altri… eccetto che non di-venti ministro del governo.
Quanto più accettiamo di essere portati a errare, tanto più ve-diamo con bontà gli errori degli altri. Non si tratta qui di chiudere gli occhi, ma di aprire il cuore.
Gesù è reo davanti alle leggi. Con l’adultera il suo comportamento è decisamente illegale: la legge impone la lapidazione, e Gesù: “Neppure io ti condanno!”.
Perfino davanti a scandali dei fervorosi e responsabili del suo tempo (forse oggi i “grandi” sono tutti perfetti?) Gesù non incita alla ribel-lione, ma s’accontenta di indicare: “Ciò che dicono, fate, non fate ciò che essi fanno!”. Gesù parlava di coloro che erano sulla cattedra di Mosè, fa-risei e scribi.
S. Paolo, che pure non era tenero contro i difetti dei Corinzi, ri-cordava che la carità “tutto scusa” (1 Cor 13, 7).
Certamente lo scusare gli altri ha il potere di suscitare in noi il piacere della serenità. Scusando gli altri, il primo bene che facciamo, lo facciamo proprio a noi. Inoltre facendolo a noi, lo facciamo a tutto quel corpo di Gesù, che è la comunità cristiana, con la quale siamo stretta-mente congiunti. Ogni nostro bene, ogni nostra preghiera, sono bene e preghiera che vive tutta la chiesa. Ma va anche ricordato il reciproco: ogni male nella Chiesa è, in qualche modo, un male di tutti noi, del quale è doveroso “pentirci” più che giudicare.
14.02.19

Falsi profeti

Falsi profeti
Gesù, nel suo assoluto amore per noi, fa di tutto, fino a lasciarsi massacrare, per donare a noi vita autentica e piena. Perciò ogni frase di Gesù non è una trovata accademica, ma un aiuto a mantenerci nella verità.
Tra i detti di Gesù, oggi mi viene incontro l’avviso: “Guardatevi dai falsi profeti: s’accostano da pecore, e sono lupi!”.
Non so se questa frase può di peso applicarsi a una certa pubblicità, che promette la felicità, acquistando l’ultima crema da barba, o altro. Si può applicare alla pubblicità del giornale che fa intravvedere il paradiso nella lap dance. Si può applicare ai politici, che promettono di risolvere tutti i problemi sociali, se si vota per loro. Si può applicare all’insegnante delle medie o al cattedratico universitario, che credono di dire tutta la verità, risolvitrice di problemi esistenziali, se si acquista un certo volume.
Falsi profeti, che pretendono di risolvere certi o tutti i problemi umani, non conoscendo l’uomo che è in loro o negli altri. Quell’uomo che è conosciuto solo da chi l’ha creato.
Falsi profeti possono essere tutti coloro, religiosi, preti, pastori, i quali rifiutano la verità di Gesù, per ammannire dottrine inventate da loro o dai loro capiscuola, o capireligione.
Solo il Vangelo, o i suoi collaterali oppure derivati, è il profeta veritiero e autentico, quell’unico che viene dal Padre e al Padre si e ci riconduce.
Per capire se il profeta è falso, Gesù indica il semplice criterio di giudizio: li riconoscete dai frutti. E non occorre pensare solo a Marx, la cui dottrina finisce nei gulag. Troppi frutti tossici nelle nostre scuole e nella nostra società.
26.04.19

Dolce vittimismo

Dolce vittimismo
Il dolce sapore del vittimismo. È così dolce, che chi lo gusta si guarda bene dall’uscirne … perché non brucia tanto da telefonare ai vigili del fuoco.
Presentarsi vittime a chi si presume non si presta a diventare il consolatore, è situazione da rifuggire. Il vittimista, in realtà, non è vittima, ma torturatore di colui che si presta incautamente ad ascoltare le lagne. E se il torturato si sottrae, allora diventa un incapace se non addirittura un nemico senza cuore.
Il lamentarsi per i nostri guai se non è in vista di come comportarsi per risolverli, è sempre un’ottima occasione per udire parole “dolci” di conforto. La dolcezza di una carezza su una piaga inesistente.
Il marito che si lamenta da anni della moglie bisbetica, che però gli fa comodo (dolcezza!) per continuare con l’amante di turno.
La moglie che si lamenta del marito violento e torturatore, trova però sempre un confessore o uno psicologo presso i quali rifugiarsi. Se poi questi due non sono avveduti si forma una catena tra due consacrati al reciproco dolce vittimismo.
La consolazione che Dio ci offre e che il Vangelo propone, viene non per mantenerci nel soave penare, ma per guarire e rilanciarci nella vita, nella grazia, nell’operare.
Chi si lamenta del proprio soffrire causato da altri, e, per farsi compatire, dice di continuare a patire da anni, è persona che si trova a proprio agio nel patire. Sado-masochismo.
23.02.19

Terrore e amore

Terrore e amore
La nostra riconoscenza a Gesù è sempre attiva. Egli ci ha fatto uscire dalle strette della paura davanti a Dio, paura incutata anche dai catechismi della Chiesa cattolica (per fortuna, essi non sono dogma!) e dai rigurgiti di ebraismo nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità.
Nelle religioni e nell’Antico Testamento serpeggiava la concezione del Dio corrucciato, che esigeva sacrifici per essere placato, almeno un po’ e per breve tempo.
Con Gesù finalmente è rivelato Dio per ciò che è, non per come è descritto nel senso tragico delle religioni. Infatti la nostra preghiera (Padre nostro!) non è rivolta a un Dio minaccioso da placare, ma a un Padre da allietare, grazie alla presenza di figli che si rivolgono a lui.
Dal terrore alla gioia. Dal tiranno al Padre.
Gesù ci assicura con il suo presentare Dio, perché solo lui “viene dal cielo” e ci comunica quanto lui ha già visto “nel cielo”. Altri devono indovinare Dio, e lo sottomettono ai propri schemi mentali e sociali (sempre dopo il peccato di Adamo, che si nasconde da Dio!). Gesù ci comunica semplicemente il Dio reale, perché riferisce ciò che ha veduto e che vede-.
Il terrore di Dio nasce dalle nostre fantasie (timor fecit deos), l’amore di Dio nasce dalla realtà. Testimone diretto di tale realtà è colui che “vede” il Padre.
È presunzione e peccato contro la realtà, l’oscurare Dio dietro la tenda della punizione, che segue la legge e le leggi (anche ecclesiastiche).
16.05.19

Ardeva il cuore

Ardeva il cuore
Può configurarsi il nostro debole, quasi implicito amore al Padre, come un amore di esiliati? Desiderio di un bene lontano?
Potrebbe, questo amore di esiliati, essere in armonia con la preghiera a Maria, alla quale ci si rivolge come “esuli figli di Eva”?
Sarebbe un amore nostalgico, quasi poesia conforme al romanticismo.
No. Perché Gesù, il Risorto portatore di Dio al mondo, ci assicura che è con noi, fino allo scadere del mondo.
Esuli, oppure già introdotti nell’amare Dio, sebbene ancora non sazi della pienezza di Dio. La pienezza di Dio non potrà mai entrare nel contenitore della nostra vita, in modo adeguato all’infinito Padre. Eppure Gesù ci assicura che chi vede lui vede il Padre. Noi siamo ancora privati della visione completa di Gesù. Occhi obnubilati come gli occhi dei discepoli di Emmaus: non vedevano, eppure il loro cuore “ardeva” quando lo sentivano parlare.
Gesù è percepito prima dal cuore e poi egli si svela.
Ardeva il cuore dei discepoli, mentre Gesù presente parlava. Accesi dalla parola, prima che dalla rivelazione, che li fa correre per la gioia.
È il destino di noi chiesa: ardere prima di tutto, a causa della parola, per poi accorgerci della sua presenza. Non è forse questa la logica dell’incontro nella Messa?
Lasciare che il nostro cuore arda nell’udire o nel leggere la Parola del Signore. Imberci di Parola, che non è una lettera spedita agli esiliati, ma è una presenza nella “sua” chiesa.
25.04.19

Errore e misericordia

Errore e misericordia
La stampa, la radio, la televisione e i vari ammennicoli comunicativi, trattano a lungo degli scandali, e con un particolare interesse, di quelli dei preti a interesse genitale.
Non sento, tranne alcuni casi, che la notizia è trasmessa con tristezza e compassione con lo scopo di suscitare misericordia e richiamare un sussulto di senso morale.
Anche Gesù ricordava errori e peccati, ma allo scopo di avvertire i semplici e di convertire i peccatori. “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”.
Se oggi Gesù rivolgesse la sua frase celebre “chi è’ senza peccato, scagli la prima pietra”, che cosa succederebbe? Penso, in questo momento, ai miei colleghi giornalisti, tentati di mostrare il male altrui, probabilmente per nascondere o per scusare i propri mali, mentre giudicano le altre persone. Non so quante penne cadrebbero dalle loro mani, o quante telescriventi volerebbero dalle finestre.
Il ricordo del Padre ci richiama alla misericordia. Misericordia verso gli erranti non per giudicare (anche con l’”innocente” mostrarsi scandalizzati) e misericordia per chi non narra con bontà e con dolore gli errori degli altri. In concreto, misericordia per aiutare l’errante a riprendersi, e misericordia con chi riferisce gli errori degli altri, affinché ne parlino per la loro risurrezione e non per la loro condanna, oppure per fare gli sberleffi sulle miserie del prossimo.
Misericordia che si impara dal costatare quanta misericordia Dio ha verso di noi, di ciascuno di noi.
19.04.19