Padre sì, eroe no

Padre sì, non eroe  

L’eroe è l’anti-dio? Giove punisce l’eroe. Certamente il culto dell’eroe si oppone al culto del Dio vivo e vero.

Nel nostro tempo, gli eroi, meritevoli di esser collocati nell’Olimpo, sono molti: grandi attori, assi dello sport, celebri scrittori, e via dicendo. Il mondo per reggersi nell’illusione, necessita di eroi. Talvolta perfino i santi sono venerati quali novelli eroi, forniti di virtù eroiche.

Anche i politici sono venerati e seguiti in quanto eroi; soprattutto i politici che si presentano sicuri e strafottenti. È questo il cancro della presente società, o di quella dei Napoleone, degli Hitler, di Mussolini. Il ridicolo si attua, quando gli stessi personaggi si credono onnipotenti. Ricordo ancora quel povero soldato tedesco, durante l’ultima guerra, il quale estraendo dal portafoglio logoro, un ritaglio logoro di giornale, che recava la figura di Hitler, affermava che per Hitler sarebbe volentieri morto.

E poi gli eroi politici contagiano numerose persone.

Gesù, per queste persone (lo rileviamo dai loro discorsi) è una figura secondaria e manipolabile.

Il danno marchiano accade, quando anche Gesù è trattato da misero eroe, e non da Figlio di Dio. Perfino Dio, quando è rappresentato da guerriero onnipotente, può incorrere nell’eroe sublime, che perfino vince le battaglie, se non si va oltre certe raffigurazioni del dio onnipotente.

Gesù, che di Dio se ne intendeva, lo ha declassato da sublime eroe, per assicurarci che Dio è “semplicemente” nostro papà. Amore non forza, tenerezza non potenza smodata. Un padre di cui possiamo tranquillamente fidarci.

06.09.19

Santi nel lager

Santi nel lager  

Oggi tutti ricordano la shoah, il trucidamento degli Ebrei, nel lager di Auschwitz. Non ho letto – a quanto mi è occorso – un solo cenno su una persona, sebbene non ebrea, trucidata ad Auschwitz, e vissuta nella santità in quel lager, e da lì “salita” alla gloria del cielo: Padre Kolbe, anche lui vittima della ferocia della Gestapo.

Io, nel breve periodo postbellico, che trascorsi a Roma per studi, ebbi la ventura di entrare in confidenza con due miei confratelli usciti da Oświȩcim-Auschwitz. Mi interessavo allora della Milizia dell’Immacolata, fondata dal P. Kolbe, e chiesi ai due confratelli notizie sulla morte del P. Kolbe. Così per primo potei comunicare in Italia le circostanze della morte del P. Kolbe, condannato a entrare nel lager proprio come quei miei due confratelli. Comunicavo con loro con quel po’ di tedesco che conoscevo (e che ora ho dimenticato!).

Quei due avevano sperimentato il lager della morte, e all’arrivo dei Russi (comunisti liberatori!) furono liberati e, per non andare in Siberia, si arruolarono nell’esercito di Anders, quell’esercito ricordato nella presa di Montecassino.

Ebrei e clero cattolico erano uniti nel catalogo di morte della Gestapo, dirigente ad Auschwitz. Unico destino, e purtroppo oggi, destino non condiviso nella memoria della shoah, come si sta perpetrando anche nelle pagine di certi giornali.

Mi sovviene anche di Suor Maria Benedetta, santa dichiarata e morta nel lager polacco.

Forse la memoria del sacrificio sarebbe illuminata e vissuta meno atrocemente, ricordando i santi coinvolti.

27.01.20

Araldo di Dio

ARALDO DI   DIO   

Virtù e/o manifestazione di Gesù?                                                                                                  Io devo essere “buono” per curare e aumentare le mie virtù e con esse la tranquillità della mia coscienza (più o meno borghese o aristotelica e stoica) o per non privare Gesù, il nostro Salvatore e amico, della sua presenza nel mondo, attraverso la nostra presenza?

“Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre” dice Gesù. Non dice: Vedano le vostre virtù e battano le mani-

I battiti delle mani le riserviamo per attori e attrici, per politici e calciatori.

Il nostro essere, la nostra vita sono del Padre e per il Padre.

E’ vero purtroppo che spesso noi, a nostro favore, sostituiamo la gente che loda i farisei, con il fariseo che sta dentro di noi e ci loda. Gesù dice. “Cercate la gloria l’uno dall’altro”.

Sentirci semplici manifestazioni di Dio, è come essere l’uomo Sandwich, che parla di Dio al mondo. Il prodotto che mostriamo è solo l’opera di Dio in noi.

Questa è la nostra gloria, concorrere alla manifestazione della gloria di Dio. L’onore di essere gli araldi del Gran Re, come indicava Francesco d’Assisi.

Allora il suo onore sarà lo stesso nostro onore, perché indossiamo la livrea di figli di Dio. Che pretendiamo di più o d’altro?

Che m’interessa l’essere virtuoso, se posso essere semplicemente araldo del Padre.

Amore e sempre amore

AMORE E SEMPRE AMORE  

Un certo numero di medici e infermieri sono morti nell’aiutare gli ammalati di Covid 19. La notizia non fa piacere, anzi… Eppure, anche senza che ne prendano coscienza, i medici afflitti da coronavirus, a causa del loro compito, sono sulla scia di colui che è morto per liberarci dal male del peccato.

Gesù l’ha messo in bocca al giudice ultimo, dal quale non è possibile sgusciare: “Ciò che avete fatto agli ultimi, l’avete fatto a me”. Evidentemente oggi tra gli ultimi trovano posto gli afflitti da Covid 19. Anche per ridestare la compassione ci è venuto addosso questo flagello. Il Vangelo ci ricorda le donne che piangono sul Gesù torturato prima e morto poi.

Contro i sentimenti di livore del clero giudaico, Dio suscita la pietà del popolo, o almeno di una parte di esso. C’è sempre un “resto”, che Dio ha con sé.

Un resto, però un resto che ama. R l’amore è superiore a ogni sentimento.

Si dice che alla fine saremo giudicati sulla bellezza. E che cosa è più bello dell’amore?

Quando Dio vuol manifestare la potenza, la manifesta risuscitando il Figlio, perché il Padre ama il Figlio e gli rivela tutto.

Proprio nel seno della morte, il Padre inietta la potenza dell’amore. In questi giorni, poco o tanto, siamo ghermiti dal senso della morte. E’ proprio il tempo del pieno abbandono, nelle braccia del Padre. Un abbandono sempre attuabile, perché il Padre è presente “ogni volta che lo invochiamo”.

Aiutami ad aiutarti

Aiutami ad aiutarti  

Mi è venuto spontaneo parlando con le persone che mi accompagnano nello scorrere evangelico della “Lectio divina”: aiutatemi ad aiutarvi.

Poi ho semplicemente rilevato che in ogni rapporto umano positivo si attua il criterio “aiutami ad aiutarti”. Si tratta di una dinamica che, se vissuta, facilita i rapporti.

Che cosa posso offrire al medico, dal quale mi reco per aiuto, per aiutarlo a mia volta? Gli offro l’aiuto della mia fiducia in lui e, spesso, della mia umana simpatia.

L’accorgermi di ciò che io posso donare a ogni persona che accosto, mi rende molto agevole l’incontro.

Credo che a ciascuna persona mi è possibile donare l’aiuto del rispetto. Già questo è il mio povero ed efficace aiutare.

Tutti noi constatiamo se chi ci avvicina ci dona l’aiuto. Forse non sappiamo definirlo a parole, ma lo viviamo. Il sorriso nell’incontro, il ricordo di valori condivisi, l’accoglienza, sono tutte lubrificazioni per il rapporto, sono aiuti a rendere l’incontro soave e positivo.

Aiutami ad aiutarti è un modo di vivere ciò che Gesù ci indica come fondamentale per il “Regno dei cieli”: l’amore fraterno reciproco, la carità stimolata e sorretta dallo Spirito Santo.

È una specie di adito allo spirito e alla lettera del Vangelo. Essa ci pone a contatto con l’altro in una parità di livello.

Sto pensando a quanto cambierebbero i rapporti nella società se il datore di lavoro s’accorgesse davvero che il lavoratore aiuta per essere aiutato!

Parola di vita etrna

 Parola di vita eterna  

Tu hai parole di vita eterna.

Parole che indicano la vita divina. E la producono.

Parole, di più, che contengono la vita eterna, perché esse sono il Verbo che comunica e dona se stesso.

Noi assorbiamo la vita stessa di Dio, se ci lasciamo invadere, grazie all’azione dello Spirito Santo, da Gesù che parla.

Sappiamo che il più alto gesto comunicativo è la parola. Gesti, odori, figure sono percepibili facilmente dagli animali. Essi percepiscono, non capiscono, anche il suono delle parole; ma il significato di esse è specialità umana.

Quando Gesù parla (oh! magnifica invenzione: Vangelo e Chiesa!) trasmette sia un significato, sia la vita divina (parole di vita eterna).

Il nostro ultimo destino è la vita eterna dei risorti. Le parole di Gesù, comunque ci raggiungano, sono vita eterna in Gesù e in chi crede in Gesù. Notiamo: non solo credere a Gesù, ma credere in lui, abbandonarci a lui, assimilarci in lui.

Gesù eleva il pane e il vino al suo piano, facendoli sé stesso. Gesù eleva la parola sullo stesso livello.

Parole che non intendono farsi soltanto comprendere, ma producono ciò che la fede intuisce e crede.

Fu detto che se la gente comprendesse davvero ciò che è l’Eucarestia, sarebbe necessario sprangare tutti i tabernacoli.

Per la presenza di Gesù nella sua parola di vita eterna, è tutto l’opposto. Se si comprendesse davvero la Parola, sarebbe necessario moltiplicare i pulpiti e le edizioni.

Dalla filastrocca al pregare

Ogni giorno impariamo meglio come è bello parlare a nostro Padre.

Dalla filastrocca al pregare  

Corre una differenza tra la “Vispa Teresa” e il “Padre nostro”? Da piccoli ci hanno fatto recitare e memorizzare l’una e l’altro allo stesso modo. Dir le preghiere era più importante che non il pregare. Anzi non si notava una differenza di importanza. L’essenza era memorizzare meccanicamente, perché restasse stampato in mente o, almeno, nella memoria.

Con l’andare del tempo e grazie all’incontro con persone che veramente pregavano, abbiamo appreso la preghiera come aiuto a pregare, e a parlare con il Padre, anche rispettando le virgole e i punti, quando si utilizzano le formule; la prima, quella suggerita dalla cortesia di Gesù stesso.

Purtroppo perfino il “Padre nostro” che doveva essere insegnamento a pregare (Signore, insegnaci a pregare!!), è diventato una filastrocca, proprio come la “Vispa Teresa”.

Perciò, quando preghiamo in gruppo, sentiamo stridere una difficoltà in noi, se l’altro o gli altri recitano le formule, sacrificando virgole e punti alla fretta o alla cantilena.

Quando, per dono del Padre e con l’aiuto dello Spirito Santo, ci accingiamo a pregare (non a dire le preghiere soltanto) è bello ricordare a noi stessi che stiamo parlando al Padre.

Allora il pregare diventa gioia condivisa: gioia di poter parlare a nostro Padre Dio, gioia del Padre di sentire vicine e confidenti le sue creature.

Ogni pregare, anche se usa formule, è festa: la festa commovente di sentirci in famiglia. E quale famiglia!

10.02.20

Specchi di Dio

Specchi di Dio   23

Ogni creatura, in particolare le donne e gli uomini sono specchi che accolgono e riflettono la luce di Dio. Anche sotto questo aspetto promuovono, consciamente o inconsapevolmente, la gloria di Dio.

Già di Gesù leggiamo, nella Lettera agli Ebrei, che egli è il riflesso della presenza della gloria di Dio.

Tutta la creazione è riflesso della presenza e dell’opera del Padre.

Gesù sottolinea in particolare i bambini, i cui angeli vedono la faccia di Dio.

“Le sue proprietà invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si rendono visibili all’intelligenza delle creature del mondo nelle opere da lui fatte” (Rm 1, 20).

Talmente è chiaro il riflesso di Dio nelle creature, che in esse si scopre Dio, che ne va glorificato. Invece chi rifiuta di riconoscere Dio nelle sue opere, è inescusabile. Si ritenne sapiente, mentre diventa sciocco.

Ricordo quella conosciuta astronoma, che si professava atea. Una scienziata sciocca.

Vedere i riflessi di Dio in ogni creatura fa diventare sapienti. La sapienza diventa riconoscenza. La riconoscenza è già amore. Quell’amore a Dio, che è l’apice dei nostri desideri.

Il contemplativo non è solamente chi si raccoglie in un silenzio meditabondo, ma anche chi apre gli occhi sulle “grandezze” di Dio, seminate attorno, ovunque.

Guardate i fiori del campo: ci stimola Gesù.

20.01.20

Specchi di Dio

Specchi di Dio  

Ogni creatura, in particolare le donne e gli uomini sono specchi che accolgono e riflettono la luce di Dio. Anche sotto questo aspetto promuovono, consciamente o inconsapevolmente, la gloria di Dio.

Già di Gesù leggiamo, nella Lettera agli Ebrei, che egli è il riflesso della presenza della gloria di Dio.

Tutta la creazione è riflesso della presenza e dell’opera del Padre.

Gesù sottolinea in particolare i bambini, i cui angeli vedono la faccia di Dio.

“Le sue proprietà invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si rendono visibili all’intelligenza delle creature del mondo nelle opere da lui fatte” (Rm 1, 20).

Talmente è chiaro il riflesso di Dio nelle creature, che in esse si scopre Dio, che ne va glorificato. Invece chi rifiuta di riconoscere Dio nelle sue opere, è inescusabile. Si ritenne sapiente, mentre diventa sciocco.

Ricordo quella conosciuta astronoma, che si professava atea. Una scienziata sciocca.

Vedere i riflessi di Dio in ogni creatura fa diventare sapienti. La sapienza diventa riconoscenza. La riconoscenza è già amore. Quell’amore a Dio, che è l’apice dei nostri desideri.

Il contemplativo non è solamente chi si raccoglie in un silenzio meditabondo, ma anche chi apre gli occhi sulle “grandezze” di Dio, seminate attorno, ovunque.

Guardate i fiori del campo: ci stimola Gesù.

Gesù vita e luce

Gesù vita e luce  

Nel Vangelo di Giovanni, lo Spirito Santo gli ha fatto scrivere due frasi, che si richiamano:

“In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini” (1,4). “Chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (8, 12).

Dalla sua vita sprizza la luce. La luce sua conduce alla vita. Prima la vita e poi la luce (in Gesù); prima la luce e poi la vita (nel credente). Forse non si tratta di un prima e di un dopo oggettivi, ma di visioni dello stesso mistero, secondo prospettive diverse.

Gesù ci raggiunge, nel suo amore per noi, nella completezza, cioè sia come vita che come luce. Il viverlo ci rende illuminati e luminosi (“Vedano le vostre opere e glorifichino il Padre vostro, che è nei cieli).

Noi, seguendo Gesù, non siamo soltanto illuminati, ma diventiamo luminosi, ossia luce in lui.

Quale è la nostra luce? Le nostre virtù, i nostri sforzi di autoperfezionamento? Questa non è luce, ma forse lucciola.

Quando parlo, penso, agisco, escono da me le pretensioni delle mie parole, del mio pensare, del mio agire; oppure penso, parlo, agisco, affidandomi solo allo Spirito di Gesù?

Eppure Gesù aveva affermato: “Voi siete la luce del mondo!”.

Lui ci costituisce luce, se di lui e in lui ci fidiamo; abbiamo fede.

Abbiate fede: io ho vinto il mondo. La nostra vera luce è la fede; la nostra vera fede è semplicemente fidarci completamente del nostro Gesù. Fidarci in lui, non costruendo chissà quali “cattedrali spirituali”, ma lasciando che lui agisca.