Dialogo di cuore

Dialogo di cuore
La nostra preghiera è dialogo con il Padre, che è presente e ci ama. Questo è il modo di pregare, indicato da Gesù, quando ci indica di entrare nella famiglia di Dio, indicandoci di dire: “Padre!”.
Sembra che certe preghiere, pronunciate da certi cristiani, che pure sono nostri fratelli e fratelli di Gesù, siano preghiere di sudditi, che sollecitano la pietà del loro Signore. Una preghiera, lontana, telefonata.
Certe povere preghiere che sollecitano il Padre, mi spingono a ricordare le parole di Elia, quando canzonava i sacerdoti di Baal, che facevano di tutto, fino a ferirsi, per richiamare l’attenzione del loro cosiddetto dio.
“Gridate con voce più alta, perché certo egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglierà (1 Re 18, 27).
Qui è l’ironia del profeta, ma una implicita analoga ironia, qualche volta dovremmo rivolgerla a noi stessi. Siamo figli, anche peccatori, che si dimenticano che Gesù li ha attirati e implementati nella sua cara famiglia divina: come in cielo, così in terra.
Quale tristezza! Siamo famiglia di Dio, e proprio quando preghiamo, usciamo dalla famiglia per unirci agli esuli figli di Eva.
Perfino durante la messa, con Gesù presente ci comportiamo da estranei, da insoddisfatti, da derelitti!
Quando pregate, dire semplicemente: “Padre” come ci suggerisce Luca.
Sì: qualche volta nella vita, tutti i cristiani hanno avuto la commovente percezione di essere in Dio. Quella commozione non deve essere azzerata.