Gioia piena

Gioia piena
Vi ho detto queste cose affinché in voi sia la mia gioia e la vostra gioia sia piena (Gv 15,11).
Gesù porta la gioia. I suoi persecutori gli affibbiano la croce. La croce viene dall’odio con Gesù o contro l’uomo, oppure dai limiti dell’esistenza. Gesù invece parla per produrre una gioia completa.
Gioia: nel greco “karà”. È non solo contentezza interiore, ma è tripudio di tutta la persona. È sì un rallegrarsi, ma un rallegrarsi che sa ridere.
Quando l’angelo si rivolge a Maria per il felice annunzio del principio della salvezza, comincia (spara?) con quel “kaire”, che spaventa Maria. Forse anche oggi, per non spaventare la Madonna attenuiamo il kaire in un “Ave”. “Ave” (haveo) in latino è un semplice saluto a chi arrivava o a chi partiva. Maria era ferma in casa. L’angelo tripudia: Esulta, graziatissima!
Gesù dopo aver espresso la sua gioia esultante, parla subito della sua “entolé”, il comandamento, che si unisce alle esigenze dell’uomo per godere dell’allegria. “Che vi amiate reciprocamente, come io ho amato voi”. Così si chiude la gioia completa: con l’amore tra i discepoli di Gesù. Dove si ama, si trova l’allegria.
Il saluto dell’angelo, forse senza saperlo, era l’incipit delle trasmissioni di Mike Bongiorno: “Allegria!”, “Kaire!”.
L’allegria cristiana è collocata dentro l’amore reciproco, sempre fraterno, sempre sorridente.
Nello stesso discorso, nel quale Gesù afferma di donare la sua gioia, non nasconde ai suoi che dovranno soffrire, dovranno essere preda dello sconforto, eppure egli assicura che nel rivedere Gesù, la “vostra tristezza si tramuterà in gioia (karesetai), una gioia che “nessuno toglierà da voi!”. Il riapparire di Gesù, come il suo apparire genera allegria!
04.03.18