In Gesù, grazie al Padre

In Gesù, grazie al Padre
Nella Lettera di Paolo ai Romani, troviamo alternate le varianti “Cristo Gesù” e “Gesù Cristo”. Sembra, a una prima lettura, che le due dizioni siano interscambiabili. Forse sì, come vorrebbe la traduzione italiana corrente. In realtà quando si premette il “Cristo” al nome di Gesù, si pone l’accento sul suo “ruolo umano-divino”. Quando è premesso “Gesù” al “Cristo”, è più emergente la sua persona sul suo ruolo di divino salvatore. In un caso è più sottolineata la sua missione e la sua dignità, quella dignità che è posta in evidenza se si nomina Gesù in quanto “Signore”, il che spesso è sinonimo di Dio. Attribuito a Gesù, nella stessa lettera, subito dopo la frase “Cristo Gesù”.
Rivolgerci continuamente a Gesù è la nostra gioia quotidiana, il sapore di una presenza serena e dolce. Non mi sembra fuori luogo ricordare quel santo, il quale, dopo aver pronunciato il nome di Gesù, si leccava le labbra per gustarne la dolcezza.
Paolo ringrazia Dio, attraverso Gesù Cristo. Egli si sente immerso in quel Gesù, che è Cristo, e attraverso lui si rivolge al Padre. Attraverso Gesù, che è il Cristo. Qui Paolo premette il nome alla missione. Sente la vicinanza dell’uomo Gesù, che facilita la relazione con Dio, con il “mio Dio” come dice il testo. Gesù rende quasi più sicura la relazione con il Padre, tanto che Paolo ringrazia Dio per mezzo di Gesù. È questa l’azione eucaristica (=ringraziante), che Paolo (Chiesa) sente spontanea, nel ricordare il suo contatto con Dio. Quel Gesù, che è Cristo e dopo la glorificazione della Risurrezione anche Signore, facilita e stimola “eucaristicamente” il nostro affetto al Padre.
21.04.18