Lasciar parlare o ascoltare 2

Lasciar parlare o ascoltare? 2
Ascoltare: il dizionario mi indica che è un “udire con attenzione”. Ossia porgere con intensità l’orecchio (latino: aures..).
Quindi è “tensione” a percepire, a capire e a comprendere quanto viene detto. Normalmente chi ci ode, non ci ascolta, ma ascolta se stesso. Per esempio se io dico “bianco” perché penso all’innocenza, l’altro sogna subito le proprie sciate sulla neve. Le due sensibilità divergono e l’ascolto muore in partenza. L’ascolto può indirizzarsi corretto se io riesco a capire (o a farmelo spiegare) quanto per lui o per lei, bianco significa innocenza.
L’ascolto è difficile, perché quando io ascolto devo soprassedere sui miei schemi mentali rigidi. La persona alla quale mi rivolgo e che dopo una mia prima frase ha sempre qualche cosa da aggiungere, evidentemente non mi sta ascoltando e mostra la sua irrequietezza. Questo avviene anche quando a una prima frase aggiunge subito l’approvazione per farmi sentire che è con me. Evidentemente, in questo caso, mi esprime una sua posizione, non mi sta ascoltando.
Recentemente ho assistito a una scena miserevole: un capo di governo esprimeva una frase e cinquecento persone facevano uno scroscio di battimani: queste cinquecento persone, tutte, sapevano davvero ciò che pensava l’oratore, o ciascuna pensava al proprio tornaconto?
Ascoltare, anche per i miei colleghi psicologi, è un “sospendere i propri quadri di riferimento” per cercare di intuire il quadro di riferimento esistenziale di chi sta parlando?
L’ascoltare è un’arte e una grazia. Perfino Dio, per ascoltare l’uomo, si è svestito di sé (Paolo!) per vestire le dimensioni d’uomo.
08.06.17