Modus in rebus

Modus in rebus
Ho incontrato un povero bambino di trent’anni. Quand’era piccolo, e sarebbe dovuto essere bambino, era l’oggetto di stimolazioni diverse: la madre, timida e indifesa la parte sua, lo proteggeva intensamente perché la naturale debolezza del bambino, rifletteva la debolezza sua propria. Il padre lo stimolava aspramente affinché compisse in fretta i passi propri di un adulto (qui si adatta il termine “adultismo”). Così il bambino si sentiva debole con la madre, e umiliato dal padre, perché lui poverino non riusciva a operare in modo non confacente alla propria età, età dei giochi e delle prime semplici scoperte della vita. Il risultato evidente: a trent’anni è ancora un bambino smarrito e indeciso.
Stimoli inadatti alla età e alle condizioni fisiche, psichiche e morali, li possiamo mietere a ogni piè sospinto. Esigere da un giovane novizio convinzioni e atteggiamenti propri di un’età avanzata è creare un debole (comodo ai superiori per creare un suddito) e un infelice. Esigere da una sposina le stesse condizioni di fedeltà proprie di un matrimonio collaudato di cinquantenni, è esporla a insoddisfazioni e sudditanze, esposte all’evasione.
Insomma è necessario offrire e chiedere modalità confacenti alle persone e non esigere da uno sciancato la corsa dei cento metri piani in otto minuti!
Stimoli all’adultismo o al perfezionismo, gli asceti, i guru, la pubblicità, i moralisti o i lassisti (due situazioni equivalenti!) ce ne offrono a bizzeffe. Stimoli a essere soltanto se stessi, ci vengono soltanto da persone (religiose o no) serene e comprensive.
15.02.18