Natale, impegno gioioso

Natale, gioioso impegno
Quale relazione corre tra il panettone e il Natale? Il panettone e l’albero oggi in Italia sono diventati quasi universali. Invece il Natale pregato e il Presepio sembrano rincantucciati, talvolta nascosti all’ombra di un abete, quasi fossero stranieri, quasi frutto di una cultura inferiore e superata. È comprensibile il comportamento di molti italiani: l’albero è un simbolo neutro, non impegna ad assumere nessuna posizione nella vita; il Presepio è coinvolgente, impegna ad esprimere una fede.
Il panettone (e riti connessi, come vacanza, divertimenti, ecc.) sta subendo lo stesso destino dell’antico “risus paschalis” (il ridere a Pasqua). Infatti, prima delle riforme del Concilio di Trento del secolo XVI, in molte regioni europee in chiesa nel giorno di Pasqua era “obbligatorio” ridere, essere contenti per mostrare la felicità di persone redente. Perciò in alcune chiese, se la liturgia solita non riusciva a far sprigionare il riso dai fedeli, i preti ricorrevano a scherzi, lazzi, scene volgari … pur di costringere al riso. Con l’andar del tempo, ormai dimenticata la connessione tra la Pasqua e il ridere, rimasero vive soltanto le scene farsesche, più o meno edificanti.
Purtroppo il Natale cristiano gioioso, oggi per molti si è trasformato nel semplice … panettone (o altro?). Gesù nacque, secondo la volontà di Dio, per cambiare strutturalmente l’uomo e la convivenza umana. Egli portò tra gli uomini amore di Dio e pace. L’amore e la pace favorirono la gioia, che si manifestava anche attraverso il “cenone natalizio”. Poi la società – chissà come? – ha preteso di far rientrare Gesù nei ranghi del consumismo. Infine è rimasto il consumismo senza Gesù.
Invece Natale è Dio, che ci salva e libera. Sembra però che molte persone non abbisognino di essere salvate e liberate dalla tristezza e dalla vita insulsa. Altre addirittura, alla salvezza che ci viene da parte di Dio, preferiscono ricorrere a quella che viene dai diversivi, dalle droghe, dai suicidi (che si infittiscono proprio nel periodo natalizio), dall’eutanasia. Una salvezza questa che si riduce in una fuga, e non a un rifugiarsi in Dio.
I non salvati da Dio, anche nelle nostre strade, stringono sempre più il loro cerchio, per reprimere, per ridurre, e perfino per soffocare ogni segno di Dio e anche quelli che sono stati salvati da Gesù. Sull’altra sponda invece il Natale stimola noi salvati a rompere l’accerchiamento, per far tracimare la nostra gioia nel mondo. Rompere l’accerchiamento non con la violenza, la lotta, la crociata; ma con la preghiera, l’amore, la certezza chiara di essere ancor oggi il lievito. GCM