Nelle tue mani

Nelle tue mani
Come viviamo, interpretandolo, quel ”abiteremo in voi”? Accogliere il Padre e Gesù è il farli abitare in noi. Noi siamo i contenitori di Dio? Oppure “voi in me e io in voi”? Che cosa è questo “in”?
L’Eucarestia ce lo fa intuire. Il legame stretto è la comunione di persone, è la presenza nostra in Gesù, e la presenza di Gesù in noi. Paolo: vivo io, ma non più io, vive Cristo in me. Che cos’è questo Cristo in noi? Un prigioniero o un Dio libero di introdursi a piacimento nella sua creatura, e poi trasformare in opere divine, le opere compiute dalla creatura “in mio nome”, ossia con la mia stessa persona?
Ungaretti nel parlare, con dolore, della morte del figlio, s’accorge che il suo pianto non è più suo, ma il pianto di Gesù in lui.
Ecco: il nostro soffrire, si trasforma nel suo soffrire in noi. Ecco la radice del valore eterno del nostro pianto. La conseguenza è di non inquinare questo pianto con la vendetta o con la bestemmia. Il semplice pianto umano, è l’umanità di Gesù, sempre presente nelle vicende umane, che si esprime nel Padre e negli uomini.
Se questa realtà non cancella la sofferenza, le dona però una prospettiva nuova, diversa, valida. Nel soffrire, se ci abbandoniamo in Gesù, egli entra nel nostro pianto e piange con noi e in noi. Questo non è uno psicofarmaco, ma una elevazione del cuore a Dio. Anche nel pieno della crocifissione si può esclamare, con il cuore schiacciato: “Nelle tue mani affido la mia vita”.
Gesù, quando ha potuto, ha alleviato ogni sofferenza, ma non ha risparmiato agli apostoli la sofferenza della sua scomparsa, almeno fino alla situazione eucaristica..
21.06.17