Perfezione e difetti 2

Perfezione e difetti 2
E se i difetti umani non fossero imperfezioni da superare, ma semplici opportunità da elaborare? Ciò che la società giudica negatività da estirpare, e che una certa ascetica, anche esercitata da cristiani, indica o impone da sopprimere per “essere belli agli occhi di Dio”, forse riveste una funzione salvifica?
Mi spiego con un semplice esempio: la defecazione. Per un cittadino essa deve essere eliminata, è indecorosa. Per un contadino essa serve davvero, è preziosa.
Togliere o utilizzare? Così è di quelli che noi condanniamo come difetti, obbrobri, mentre sono soltanto qualità, intrinseche alla limitata struttura umana. Situazioni che non si possono distruggere, ma si possono e si debbono elaborare per servircene.
La saggezza non si regge sulla vanità o sull’orgoglio; essa si regge sul reale, su quanto esiste, per derivarne tutte le conseguenze possibili. Però prima di scoprirne le conseguenze è necessario decifrare ciò da cui derivano le conseguenze: la causa.
Da che causa dipendono i nostri difetti? Semplicemente dalla nostra limitatezza costitutiva: limiti fisici, intellettivi, morali. Studiare e decifrare questi limiti, ci conducono a conoscere meglio i nostri difetti. Conoscerli meglio, non sfuggirli, combatterli o truccarli: essi sono ciò che sono.
Se abbiamo il coraggio (il coraggio dei deboli!) di guardare i difetti, ne scopriamo le cause e (meraviglia!) le possibilità di operare meglio sfruttando le loro capacità.
Esiste anche il “buon uso” della debolezza e dei difetti. Perché quelli che noi diciamo difetti, sono soltanto indici e stimoli a uno specifico modo di agire.
10 .01.18