Pregare

Pregare
La classica domanda delle mamme e dei padri cristiani, soprattutto di sera prima di coricarsi: “Hai detto le preghiere?”. Era il richiamo ai bambini.
Purtroppo si ricordavano le formule, ma non il pregare. Sarebbe stato più efficace un breve colloquio con il bambino:
– Senti caro, oggi ti è piaciuto qualche cosa che ti ha fatto contento?
– Sì, ho giocato con Giorgio e con il nostro cane.
– Hai ringraziato Gesù per quel piacere?
– No. Mi sono dimenticato.
– Lo facciamo adesso?
– Sì. Grazie, caro Gesù!
– E poi oggi hai avuto un dispiacere?
– Sì: mi sono bagnato con la gasosa.
– Ti è dispiaciuto?
– Sì.
– Hai detto a Gesù che ti aiutasse?
– No.
– Facciamolo adesso.
– Gesù, aiutami.
– E adesso a letto. Bacio, ciao!
Questa è preghiera, le formule, benedette pure quelle, vengono come aiuto e richiamo.
Mi tornano in mente tutte le volte che prego adagio quasi sostando sui sentimenti, che la preghiera detta in comune (Messa) l’ispira, e odo attorno a me un affrettato biascicare formule, uno scorrere di parole, che spesso non dicono nulla.
Ma la radice del preferire le formule alla preghiera, si trova in quei primi anni del chiedere: “Hai detto le preghiere?”.
Pregare è dire a Dio i fatti nostri, il pensare a lui, il godere per i favori che ci concede. Insomma il pregare è come il rientro a casa dopo una giornata di lavoro e il sentirci chiedere: “Come è andata?” e poi comunicare i fatti “nostri”.
28.12.17