Prendete e mangiate

Prendete e mangiate
Gesù adopera un linguaggio cannibalesco: “Mangia la mia carne”. Il testo non alleggerisce l’espressione, anzi la ripete.
Sì, carne è la condizione umana povera e limitata, di fronte alla quale si trova lo “Spirito”, la condizione perfetta, che è “in Dio” e che Dio partecipa all’uomo che crede.
Il progetto di Dio è che Gesù sia carne per attuare la volontà del Padre, che lui attua sempre.
Tutto ciò non toglie l’asprezza della stessa frase, che si incentra sul mangiare. Dice “mangiare”, non accettare solamente, ma assimilare per vivere. Chi mangia la carne di Gesù ha la vita eterna.
Lo Spirito di Dio, donato da Gesù, si trasferisce nell’uomo, mediante la sua carne mangiata. Nella frase di Gesù si può notare un bisogno di intimità inscindibile, dato che la carne, entrata come cibo, si disintegra per essere assorbita.
Gesù, alla fine della vita costruisce il senso del dono di sé, e la nuova inedita modalità del dono: questo è il mio corpo: e indica il pane. Così rende possibile il mangiare di lui. Questo è il mio corpo dato a voi. Un corpo che non solo accompagna, ma penetra. Lo specifica anche Paolo, nello scrivere ai santi di Corinto. Un corpo consegnato ai suoi, non un corpo tolto, un corpo sottratto, ma un corpo donato, donato appunto in modo non restituibile, ma dato a fondo perso, ossia mangiato.
Il senso cannibalistico della frase, si trasforma in un dono permanente, non ricuperabile.
19.06.17