Sconfitti sì, ma con Gesù

Sconfitti sì, ma con Gesù
Il mondo è dei furbi e dei violenti. La povera gente è sempre sottomessa e sconfitta. Però solo gli sconfitti sono dalla parte di Dio, vittorioso in sé, umile cordialmente verso gli sconfitti.
Però proprio gli umiliati attirano lo sguardo di Dio. Guardò l’umiltà della sua serva: dice Maria.
Forse lo sconfitto, in seconda battuta, trova la bellezza di essere sconfitto, perché nella vita e nelle case del cristiano è presente sempre un Crocifisso. La “gloria” di noi sconfitti, è la gloria di Gesù, il quale per la sua umiliazione acquistò un nome che è al di sopra di ogni nome. Accettare la sconfitta ci introduce nella pace. E tale introduzione è quotidiana.
Paolo scrive delle proprie sconfitte come sicuro motivo di appartenere a Gesù.
Non si tratta di essere superiore alle sconfitte per andare avanti per una via gloriosa, come i soldati romani, che si vantavano presso il popolo per le ferite riportate in combattimento, perché questo testimoniava l’eroicità del combattente. Invece Paolo vede la realtà sotto una prospettiva di appartenenza: “Porto nel mio corpo le stimmate”, quelle del Signore. Non eroe, ma appartenente a Cristo. Dio sta alla parte delle sconfitte, perché non può staccarsi da suo Figlio. Non ripudia il Figlio incapace di vincere, ma cambia la stessa sconfitta nella vittoria dell’amore.
Se la sconfitta e l’umiliazione avvengono in Gesù, esse rendono raggianti. Cercare dunque la sconfitta, come si narra dei santi che si umiliavano con flagellazioni? No: semplicemente accettare la sconfitta, vivendola in Gesù, e offrendola al Padre, domandando quel conforto nella sofferenza che il Padre non nega a nessuno.
17.10.17