Sperare, nonostante

Sperare, nonostante
Nel nostro fare la messa, seguendo il rito ufficiale cattolico, si prega per i morti, che periscono nella “speranza della risurrezione”.
È una speranza personale del defunto? È la speranza dei suoi familiari, soprattutto se il defunto è morto in circostanze tragiche, oppure è la speranza della Chiesa intera, per cui lo sperare di uno è lo sperare di tutti?
La Chiesa vive, evidentemente, con un sottofondo continuo di speranza, come vive in un’atmosfera di fede, e in un bagno di Eucarestia e di preghiera.
Un caso particolare e struggente è la morte di un suicida, amico o familiare. Si può sperare nella sua risurrezione?
Ricordo il brano della Scrittura (libro dei Maccabei) dove si dice che è cosa retta pregare per i morti, per quelli che combatterono per l’indipendenza di Israele. Però sotto la sella di qualche morto, furono trovati degli idoli. Eppure la preghiera era stata compiuta anche per loro. La speranza non è proibita anche a favore di coloro, che il Diritto Canonico rende indegni della sepoltura religiosa. Questa indicazione è adatta come deterrente a che le persone non si suicidano (in qualsiasi modo) o non si “facciano suicidare” dai medici, cultori della salute e della vita. Però non credo possa impedire il desiderio dei parenti vivi, che sperano nella salvezza del loro “caro estinto”.
Noi non conosciamo la fattura della misericordia divina, che non è limitata. Così la speranza in questa misericordia è bene non soffra limiti.
10.12.17