Vita futura

Vita futura
S. Paolo indica come vivere i congedi. Lettera agli Efesini, una lettera quasi riassuntiva e indicante una eredità. Eredità che depone per una continuazione senza termine. Un vedere la posterità come semplice prolungamento vitale di un’avventura intensamente vissuta, ma non conclusa.
Al tempo di Paolo serpeggiava, anche tra i credenti in Gesù, l’idea che si era presso la fine del mondo. Paolo invece vede, consiglia, appoggia il proseguimento dell’opera di Dio e, in subordine, anche di Paolo nel tempo, che è il tempo della chiesa. Paolo vede appressarsi la propria fine, ma sa anche che la continuazione è sicura. Egli supera la tentazione degli anziani, i quali, non potendo più operare in prima persona, tendono a svalorizzare quanto di nuovo nel frattempo sorge attorno a loro. Essi perdono il gusto del nuovo, e così forse non si preparano alla novità che li attende, la grande novità: il cielo di Dio.
Per l’anziano, che vede tutto finire attorno a sé, non si innesca il piacere del nuovo, e cala l’interesse per la novità che i giovani attuano. Quindi non sa godere del proprio presente, che si culla tra la speranza dell’infinito e la gioia della vita che continua.
La differenza è nitida. C’è l’anziano che si restringe in sé, perché ormai non c’è nulla da fare; e c’è l’anziano che gode perché il mondo, la fede, la nuova generazione continuano. L’anziano chiuso in sé, il quale include nel prossimo futuro tramonto, il tramonto di tutto; l’anziano aperto all’agire di Dio, che dice: “Ecce nova facio omnia”.
07.01.18