Cattiveria e superficialità

Cattiveria e superficialità
Lungo la mia esistenza di frate, ho costatato spesso, talvolta anche sulla mia pelle, le grosse sofferenze causate o da frizioni tra confratelli o da comandi di superiori. Sono autentici calvari causati non dalla nostra debolezza (che già di calvari ci procura a bizzeffe), ma dalle ferite inferte da altri, confratelli o superiori.
La domanda: è tutta malizia quella che infligge sofferenze? A questa domanda si accosta il “precetto” di amare il prossimo e di pregare per i nemici.
E se invece di cattiveria fosse ignoranza, secondo quanto dice Gesù? Oppure, come ho costatato spesso, fosse o sia soltanto “superficialità”? È vero che la superficialità è degli ignoranti. Ma la superficialità è ignoranza che pretende di agire, senza prima studiare la situazione, nel suo complesso di cause e di effetti. L’ignoranza non vede, la superficialità, potrebbe vedere, ma “si butta a occhi chiusi”.
Ad ogni modo né ignoranza né superficialità sono capaci di riflettere, quella sui principi, questa sull’operatività concreta.
Comunque sia, viene causata sofferenza. E nei sofferenti non viene subito in mente che una sofferenza prodotta dalla cattiveria o dalla superficialità, può essere vissuta accanto alla croce di Gesù. Solitamente la prima reazione è quella di scagliarsi, almeno interiormente contro l’offensore. Si genera odio, che soltanto con “molta” grazia di Dio può sciogliersi in riflessione e sublimazione.
L’aggravamento sta che nella cattiveria ci può essere posto al rimorso, nella superficialità l’autoassoluzione facile.
15.03.17