La posizione del credente

La posizione del credente

Molte volte (troppe nella mia vita) ho udito le persone, che si reputano lungimiranti e superiori, la quali sentenziano che le religioni, cristiana compresa!, sono uguali.l
Mi sembra quasi inutile ripetere che il icristianesimo non è la “vera” religione (come si studiava un tempo) che si oppone alle altre religioni, quindi false, ma è qualche realtà costitutivamente unica.
Avvicinare persone di altre credenze è umanamente corretto e umanamente positivo; ma ciò non può comportare un giudizio sbrigativo e superficiale sulle “religioni” tout court.
Gesù, stimava e trattava con persone di varia religione: accostava ebrei e samaritani, farisei e greci (ossia idolatri). Da Gesù, noi suoi fedeli, impariamo ad avvicinare e a stimare tutti, come Gesù stimava il “buon” samaritano. Gesù intrecciava un dialogo con tutti.
Sì, ma…
Gesù non approvava tutto e tutti. Ricordiamo gli scontri con gli scribi.
Eppure la sua posizione è limpida, così come è espressa da Giovanni nel riferire il dialogo di Gesù con la Samaritana.
“Credimi, donna, viene un’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre… i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: infatti il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e coloro che lo adorano, in spirito e verità devono adorarlo” (Gv 4, 21-24). Dalle religioni umane, alla partecipazione di Dio.

Fede e religione

Fede e religione

Guai a voi, scribi e farisei! È l’amore di Gesù che li avverte in modo chiaro, anche perché esprime il motivo del suo serio avvertimento.
In poche parole Gesù invita a non impedire la fede, dietro la scusa della religione, del culto, della pratica liturgica. La religione resa assoluta si oppone alla fede, quando non pretende di sottomettere la fede, quando una certa teologia pretende di rendere la fede una parte della religione, come accade, per esempio, nell’Islam.
In alcune circostanze sembra che la religione pretenda di sostituire la fede.
Quanta quota di scriba e di fariseo si è insediata in me e in te, tanto da zittire la fede?
Da piccolo non mi chiedevano: “Ti sei affidato a Gesù?”, ma mi chiedevano: “Hai detto le preghiere?”. E, dette a malavoglia le preghiere, mi assicuravano che la mia fede era al sicuro. E questo, in altri modi e in altre direzioni, mi veniva ripetuto in seminario e oltre.
Recitato il breviario sembrava che io fossi a posto con la mia fede, tanto che in confessione dovevo accusare l’omissione delle Lodi, ma non il rinfocolamento mancato della fede.
Gesù, salvami, affinché io non oda la tua parola: “Guai a te, scriba e fariseo, teologo e liturgo!”.
“Guai a te!”. Ma ecco spuntare accanto ai tuoi avvertimenti e alle tue riprensioni, la grandezza della tua misericordia, perché sei venuto per salvare, non per condannare.

Nell’attesa Lui è presente

Nell’attesa lui è presente

Saper attendere è un grande dono di Dio.
Attendere proprio ciò che ci spetta “per natura”. La nostra patria è nei cieli: ci assicura Dio, tramite l’apostolo.
Non riusciamo a capire che, anche quando abbiamo tutto, ci manca ancora qualche cosa per completarci. Sotto sotto, ci sentiamo degli espatriati, che non possono godere i diritti nativi. Poi la parola di Dio, ci spiega il perché di un nostro certo malessere. È da ricordare che la nostra patria è nei cieli, dove, con Gesù, abbiamo già messo un piedino.
Forse certe nostalgie, che ci aggrediscono nei tardi pomeriggi, sono un dono di Dio, che ci dice: “Alzate il capo, io sono qua”, perché la nostra salvezza è nei cieli, da dove aspettiamo il nostro Salvatore, Gesù Cristo.
Molte volte abbiamo detto: “Oggi non va, ma non so perché”. Forse la temperatura, forse un lavoro non ben completato, forse il senso della solitudine nell’immensità, quando guardiamo il cielo, che talvolta ci sembra molto strano. E che non si tratti forse di nostalgia di cielo, di Dio?
Forse quella nostalgia è semplicemente l’incipit di una preghiera esistenziale. Un sentire l’abisso di una enorme presenza che ci avvolge e misteriosamente ci attira.
Il nostro vuoto, non è mai mero vuoto, ma è un tenue richiamo a Dio, che richiede il nostro amore.

Tutto va in gloria

Tutto va in gloria

“Sia che mangiate, sia che beviate o qualsiasi cosa facciate, fate tutto per la gloria di Dio” (1 Cor 10, 31). Sono queste parole suggerite dallo Spirito per la chiesa. È consolante esser convinti che nella vita del credente non esistono parentesi vuote, inutili, fuori dell’ambiente di quel Padre che ama.
Il contesto, in cui Paolo scrisse il testo presente, era per rassicurare i Corinzi, affinché non si lasciassero turbare con indicazioni di tabù. Per lui, nel credente, non esistono momenti atei. Questo è consolante per quei credenti che temono l’insignificanza della loro vita, se non è volutamente indirizzata a conseguire scopi precisi. È importante che tutto avvenga per la gloria di Dio. E, siccome la gloria di Dio è l’uomo vivente, quello che si fa per la vita, lo si fa per la gloria di Dio: il mangiare, il bere, il dormire, il respirare.
Il credente non trascorre momenti inutili, né da giovane né da vecchio.
Quando eravamo bambini ci insegnavano, durante le preghiere del mattino, di consacrare a Dio la nostra giornata. La liturgia spesso ci invita a offrire la giornata a Dio. Oggi sappiamo che tutta la nostra vita è gloria di Dio e che è opportuno ricordarci questa verità, per far sbocciare il nostro sorriso e la nostra serenità.
Credo non sia disdicevole il ricordarci che quando ci prepariamo la colazione, o quando la cuoca prepara il pranzo, questo è allestire motivi per fare tutto per la gloria di Dio.

Spavento e amore

Spavento e amore

Timore o amore; spavento o rassicurazione.
Gesù è inviato dal Padre per l’amore e per l’assicurazione.
La prima parola del Nuovo Testamento, pronunciata da un messaggero di Dio è: “Non temere, Maria”. L’assicurazione contro lo spavento.
Certamente lo spavento potrebbe dominare la vita e il comportamento di molte persone.
Spavento della morte: suicidio, alcolismo, viaggi, ecc.
Spavento per l’estetica: quintali di creme, e battaglioni di estetiste.
Spavento per la fame e per la povertà: ladri e accaparratori.
Spavento per l’esame: insonnia e psicofarmaci.
Eppure resta: “Non temere, Maria” e “Sono io, non temete”. “Non temere: da questo momento sarai pescatore di uomini!”.
Nella circostanze, nelle quali gli uomini sono spaventati, interviene il rassicurante divino: “Non temere!”.
Eppure noi restiamo sulla posizione di quel Don Abbondio, che non si vuol staccare da noi: “Il coraggio nessuno se lo può dare da sé!”.
Evidentemente questo accusa il nostro non sentirci di Gesù. Anche Gesù, in faccia alla passione “cominciò a esser triste, ad aver paura”. Però lui ci insegna: “Però mi affido a ciò che tu vuoi”.
Gesù è contrario al diavolo e ai poteri minacciosi. Perciò indica e dispensa il suo “Non temere”.

Gli affamati

Gli affamati
Quando ci vengono presentate le condizioni delle persone che campano nelle discariche delle grandi città, e contemporaneamente ci pongono al contatto con i giochetti adolescenziali di certi politici italiani, non ci resta che piangere e pregare. Invece di perdere il tempo di fare i giochetti per avere più forza nel governo, certe persone andassero a trascorre due giorni a Mombasa, forse anche da noi si inizierebbe un cammino di conversione e di umanità.
Almeno i credenti è opportuno non si lascino turlupinare, e vadano al sodo di una autentica umanità, come è svelata nel Vangelo.
Non ci dicono proprio nulla i pani che sfamano cinquemila persone? Pochi pani e due pesci ciascun di noi li può offrire, sperando nel nuovo intervento di Gesù.
E l’intervento di Gesù, sta continuando nella storia, grazie alla sua permanenza nella chiesa, in noi chiesa. La nuova moltiplicazione del pane sta nell’amore dei credenti, i quali sono convinti che l’aver sfamato un povero, è sfamare Gesù. “Quello che avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatto a me”.
Gli “interventi sociali” dei credenti, sono il modo aggiornato della moltiplicazione dei pani. La Charitas, gli aiuti ai missionari, l’accoglienza dei profughi, e mille altri modi di aiuto e di soccorso, sono semplicemente l’azione di Gesù per i suoi piccoli. Sempre che in queste opere non si inserisca il furbetto, che caccia Gesù, e diventa il nuovo profanatore del tempio di Dio, che è il povero.

Gli affamati

Gli affamati

Quando ci vengono presentate le condizioni delle persone che campano nelle discariche delle grandi città, e contemporaneamente ci pongono al contatto con i giochetti adolescenziali di certi politici italiani, non ci resta che piangere e pregare. Invece di perdere il tempo di fare i giochetti per avere più forza nel governo, certe persone andassero a trascorre due giorni a Mombasa, forse anche da noi si inizierebbe un cammino di conversione e di umanità.
Almeno i credenti è opportuno non si lascino turlupinare, e vadano al sodo di una autentica umanità, come è svelata nel Vangelo.
Non ci dicono proprio nulla i pani che sfamano cinquemila persone? Pochi pani e due pesci ciascun di noi li può offrire, sperando nel nuovo intervento di Gesù.
E l’intervento di Gesù, sta continuando nella storia, grazie alla sua permanenza nella chiesa, in noi chiesa. La nuova moltiplicazione del pane sta nell’amore dei credenti, i quali sono convinti che l’aver sfamato un povero, è sfamare Gesù. “Quello che avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatto a me”.
Gli “interventi sociali” dei credenti, sono il modo aggiornato della moltiplicazione dei pani. La Charitas, gli aiuti ai missionari, l’accoglienza dei profughi, e mille altri modi di aiuto e di soccorso, sono semplicemente l’azione di Gesù per i suoi piccoli. Sempre che in queste opere non si inserisca il furbetto, che caccia Gesù, e diventa il nuovo profanatore del tempio di Dio, che è il povero.

Gli affamati

Gli affamati

Quando ci vengono presentate le condizioni delle persone che campano nelle discariche delle grandi città, e contemporaneamente ci pongono al contatto con i giochetti adolescenziali di certi politici italiani, non ci resta che piangere e pregare. Invece di perdere il tempo di fare i giochetti per avere più forza nel governo, certe persone andassero a trascorre due giorni a Mombasa, forse anche da noi si inizierebbe un cammino di conversione e di umanità.
Almeno i credenti è opportuno non si lascino turlupinare, e vadano al sodo di una autentica umanità, come è svelata nel Vangelo.
Non ci dicono proprio nulla i pani che sfamano cinquemila persone? Pochi pani e due pesci ciascun di noi li può offrire, sperando nel nuovo intervento di Gesù.
E l’intervento di Gesù, sta continuando nella storia, grazie alla sua permanenza nella chiesa, in noi chiesa. La nuova moltiplicazione del pane sta nell’amore dei credenti, i quali sono convinti che l’aver sfamato un povero, è sfamare Gesù. “Quello che avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatto a me”.
Gli “interventi sociali” dei credenti, sono il modo aggiornato della moltiplicazione dei pani. La Charitas, gli aiuti ai missionari, l’accoglienza dei profughi, e mille altri modi di aiuto e di soccorso, sono semplicemente l’azione di Gesù per i suoi piccoli. Sempre che in queste opere non si inserisca il furbetto, che caccia Gesù, e diventa il nuovo profanatore del tempio di Dio, che è il povero.

Ostilità al profeta

Ostilità al profeta

L’esordio di Gesù nel suo paese, non fu tranquillo. Gesù credeva di poter trovare consenso tra i suoi e trova ostilità. “Tutti gli rendevano testimonianza ed erano sconcertati a suo riguardo” (Lc 4, 22).
Quale testimonianza gli rendevano? Cioè semplicemente riconoscevano che era uno di loro. Ma poi s’accorsero che in realtà non era come loro. Sicuri che fosse il figlio di Giuseppe, ma interdetti per le sue affermazioni. Si può vedere in questo uno smacco subito da Gesù.
Da qui la reazione di Gesù. Fuori del suo ambiente (Cafarnao) gli va bene, nel proprio ambiente trova tale ostilità, che lo vogliono uccidere. È questo il destino di ogni persona dotata, in un ambiente tradizionale.
Gesù costata, in questa circostanza, di essere davvero un profeta. Come Elia, come Eliseo, che ebbero accoglienza non tra i suoi, ma fuori della cerchia consueta.
Gesù si associa a Elia e a Eliseo, e la reazione dei suoi? Tutti nella sinagoga furono presi dall’ira contro di lui, quasi che avesse offeso la comunità dichiarando la propria qualità di profeta. E non si trovò un uomo con un occhio solo, tra un gruppo di ciechi: beato. No, la verità gli suscitò odio attorno a sé.
Può accadere anche a noi?
Talvolta, riecheggiando il Vangelo, troviamo l’ostilità attorno a noi, almeno l’ostilità del silenzio disprezzante. Talvolta noi, udendo un profeta dire parole di Dio, gli ci opponiamo, perché il profeta, se è vero profeta, turba le nostre sicurezze.

Uomo completo

Uomo completo

Fa riflettere la parola di Paolo: “Rendere ciascun uomo perfetto in Cristo”.
L’uomo trova la propria completezza soltanto con Gesù.
In Gesù assaporiamo tutto il valore di quel “la verità vi renderà liberi”. A cominciare da quella verità possibile, che è la sincerità.
Su questa linea si pone anche la confessione, quella iniziale in ogni messa, e quella altrettanto liberante nel sacramento della penitenza.
Gesù è la vera completezza umana, perché lui è il raggiungimento e dell’opera di Dio nel mondo, e della nostra tensione naturale verso Dio.
Gesù completezza, anche perché senza di lui, lo Spirito del Padre non raggiunge l’uomo.
Gesù ci completa perché solo in lui la verità non è una bella astrazione, ma la concretezza personale e storica. Senza di Gesù una parte di noi resterebbe mutilata. Anche coloro che pensano di non aver bisogno di Gesù, senza di lui non gusterebbero la luce, perché ogni luce è creata “attraverso il Verbo”.
Uomo perfetto in Cristo, ripetiamo. Senza Gesù, saremmo mezze persone. Paolo accenna alla mancanza di Gesù, per esempio nella Lettera ai Romani: “ripieni di ogni malvagità, cattiveria, cupidigia, malizia, invidia, omicidio, lite, frode, malignità, maldicenti, calunniatori, odiatori di Dio, insolenti, superbi, orgogliosi, ideatori di male, ecc. ecc. (Rm 1, 28 e ss.). Gesù ci rende completi, purificandoci da ogni male.