Passato e presente

Passato e presente
S. Paolo, in una lettera, inviata ai cristiani di Corinto, scrive una frase, che colpisce e consola.
Parlando in propria difesa, per sfatare dei predicatori non autorizzati e non corretti nella dottrina, dice che lui non deve essere condannato da nessuno quando esercita il suo compito, che è fondamentalmente quello di annunciare Gesù.
Tra le frasi, espresse a propria difesa dice di trovarsi sereno, perché non ha coscienza di aver peccato. Evidentemente egli accennava al suo lavoro di apostolo. Però dire di sé, che non trovava di che rimproverarsi, era anche un dimenticare il suo grave peccato di persecutore.
Eppure egli si sentiva a posto. Per lui il ricordo del passato funesto era meno importante della grazia presente.
È consolante per noi, che ogni mattina, all’inizio della Messa, ci accusiamo di essere peccatori, o, meglio di aver peccato. Il peccato, perpetrato durante il nostro passato, qualunque esso possa essere, resta sfocato, se accettiamo di vivere la volontà di Dio nel presente.
Ciò vale non solo per gli ossessivi gravati di scrupoli, ma per ognuno che al ricordo delle sciocchezze passate si morde le dita. Il presente, solo il presente conta per chi si affida e accetta il congiungimento di essere con Dio. Dio è solo presente, sebbene per intuire la sua eternità commisurata con il tempo, di lui si afferma che era, è, e sarà nei secoli dei secoli.
Dio è. E la nostra coscienza deve intonarsi ora con il Padre che è ora e che ora sta amandoci.
05.09.14

 

La lode

La lode
Sto riflettendo, per dono di Dio, sull’episodio evangelico dei lebbrosi guariti da Gesù.
“Abbi pietà di noi”: la sofferenza, se si incontra con Gesù, diventa preghiera. Ogni sofferenza perfino quella che ci attanaglia in questo tempo, al triste pensiero di ciò che vorrebbero fare di S. Lorenzo in città.
Alla preghiera Gesù risponde: “Datevi da fare, muovetevi!”, sebbene il muoversi va contro le leggi.
Chi prega, si muove.
Un guarito ritorna da Gesù, lodando Dio.
Loda Dio. Nel testo troviamo due verbi “lodare Dio” e “ringraziare Gesù”.
Troviamo un susseguirsi di piani: preghiera, azione, ringraziamento, lode. La lode “completa” il miracolo. L’azione amorosa di Dio deve ritornare a lui con l’amore della la lode, oltre il ringraziamento. Il ringraziamento tiene conto direttamente del beneficio, la lode si rivolge direttamente al benefattore, alla sua bontà.
Purtroppo spesso noi non ci eleviamo alla lode. È ben vero che la nostra lode non aggiunge nulla a Dio, l’Assoluta Bontà e l’Assoluto Amore. Ma l’assolutezza di Dio non è distacco dalla sua creatura, dai suoi figli. È un assoluto aperto nell’Amore.
Tuttavia la lode completa in noi il miracolo, lo rende luminoso, lo fa uscire dalla pur dorata strettoia del nostro egoismo soddisfatto. La lode è un’apertura a Dio, che ha aperto il suo Amore su di noi. La lode nostra esalta non Dio, ma noi. Proprio per il fatto che, lodando Dio che accoglie la nostra lode, ci alza al suo stesso livello: un Padre infinito, che abbraccia i figli, effondendo in essi il suo Spirito. 09.10.16

Nell’altro

Nell’altro
In un manuale che dava istruzioni agli anziani per mantenersi in forma fisica, ho notato le illustrazioni, che mostravano un giovane atleta, che si poneva nelle posizioni suggerite dal testo. Evidentemente quelle foto scoraggiavano gli anziani, che sarebbero potuti atteggiarsi come nelle illustrazioni soltanto rompendosi le ossa. Un anziano, dentro le proprie possibilità, avrebbe eseguito le posizioni delle foto in modo più alla portata dei coetanei.
E’ un po’ come per i giovani medici (o i giovani psicologi), che diventano specializzati in geriatria. Sanno, più o meno, tutte le norme e le leggi, e le applicano agli anziani interpretandole da giovani, quali sono, con le capacità e la decisione dei giovani.
Ho trovato più di uno psicologo, ancora imberbe o appena laureato, molto ligio alle regole imparate nel manuale. Appena un cliente mostra un “sintomo”, essi applicano a quel sintomo le regole ricordate, quando addirittura non leggono al cliente il manuale di psicoterapia, che illustra il sintomo e la personalità sottostante! Ma non si chiedono se quel sintomo (dietro il quale credono di potersi rassicurare nel diagnosticare la situazione) sia l’unico, o il più superficiale di un complesso sindromico. Per loro, poter applicare un comma del manuale è rassicurante, e, magari, spiegano sapientemente al cliente la teoria sottostante. Essi si rassicurano, e il cliente diventa ancor meno sicuro.
Purtroppo la distanza tra terapeuta e cliente produce spesso incomprensioni smarrimenti. Perché il centro di ogni cura, il perno dell’agire, non è lo psicologo o il giovane geriatra, ma la persona di cui devono interessarsi. E il mettersi davvero nei panni degli altri è difficile. Perfino Dio per comprendere l’uomo si è reso uomo nel Verbo.
E che dire di certi confessori che applicano le norme senza conoscere la persona, che sta davanti. O che dire di certi prelati, che a tavolino conoscono la diocesi, ma non le “pecore”!, come le chiama Papa Francessco?
GCM 03.08.13

 

Vita, che rimane viva

Vita, che rimane viva
Qualche persona cerca il suicidio, non solo per non soffrire, ma anche per cancellarsi dall’esistenza, perché cerca di convincersi che “l’aldilà non esiste”. Allora la morte è soluzione non solo dei dolori, ma anche dell’esistere.
Cessa di vivere, e subito dopo si trova inaspettatamente ancora viva. Che delusione! Morire per scomparire e trovarsi ancora esistente. Ma come?
Paolo scrive che alla fine tutti risorgeremo. Però egli nota: risorgeremo alcuni per il giudizio, altri per la vita. La morte è semplicemente il collocarci in un altro sistema di vita. L’illusione di una fine definitiva non regge.
Il cristiano crede (e perciò sa!) che il vivere, una volta concepiti, è irrevocabile. Una volta vivi, sempre vivi. Condannati (per taluni), destinati (per altri) a essere legati all’esistere.
Ora ci è prospettato un diverso modo di vivere: nella pienezza dell’attuazione di ogni nostra possibilità, perciò nella beatitudine; oppure nel non aver raggiunto questa pienezza, per incontrarci dentro un’esistenza manchevole. Chiamiamoli pure Paradiso e Inferno. Però la vita ci si è cucita addosso “per sempre”. Come e cosa sarà quel “sempre” ci viene indicato solo nella fede.
Comunque dalla vita, nel tempo e oltre il tempo, non si può sfuggire, neppure recandosi in Svizzera per l’eutanasia. Condanna perciò o prospettiva del sempre?
Vita comunque sempre regalo di Dio, e nostro impegno. Impegno vissuto semplice e possibile, che sfocia poi nel risorgere. Proprio come è accaduto a Gesù, che può indicarci la strada verso una permanenza rinnovata e portatrice di felicità.
28.02.17

Preghiera iniqua

Preghiera iniqua
Il Vangelo di Matteo ci ricorda le parole di Gesù, che taccia di ini-quità perfino la preghiera, il miracolo, la predicazione.
Operatori di iniquità, non conosciuti, ossia non in relazione cor-retta con Dio. Iniquità ha lo stesso significato del termine greco usato nel testo originale. “Anomia”, contro oppure senza la legge. L’alfa privativo che indica l’opposto della legge (nomos). Così il latino “in-iquitas”, ossia contrario (in, se preposto alla parola sconvolge il significato: in-aequitas, cioè contro l’equità, la giustizia).
Ammettiamo pure che la frase del Vangelo risenta di enfasi, ma il significato è quello: “Lontano da me voi, che commettete l’ingiustizia” (ingiustizia e peccato sono eguagliati nella lettera di Giovanni).
Perciò pregando, proprio con la preghiera, io posso commettere un’iniquità.
Il rischio quotidiano è quello di cadere nell’assurdo: pregare Dio, mentre la preghiera diventa iniqua.
La parola di Gesù non ci lascia indifferenti, ci fa pensare, ci con-siglia l’autocritica del nostro stesso pregare.
Gesù è chiaro: solo chi compie la volontà di Dio, o è deciso a compierla sempre, è in condizioni di pregare correttamente, e così essere sicuro di quel “chiedete ed otterrete”.
La volontà di Dio è accogliere apertamente e volutamente la pa-rola di Gesù. Infatti subito dopo le frasi forti sulla preghiera-iniquità, Gesù indica il modo di costruire sulla roccia e non sulla sabbia, proprio come sono costruite molte case presso i greti dei fiumi.
Accogliere con decisione la parola di Gesù ci aiuta nello sfuggire al pericolo di perpetrare preghiere-iniquità.
26.06.14

Piccoli e Padre

Piccoli e Padre
Nel Vangelo di Matteo, è ricordata un’esplosione di gioia e di riconoscenza verso il Padre, da parte di Gesù. Gesù, infatti, aveva costatato che la povera gente e i semplici avevano accolto le sue parole, mentre l’intellighenzia di allora le aveva respinte. I piccoli fanno costatare a Gesù che la sua predicazione, e quindi la sua missione di uomo-profeta si attuava. I piccoli riconoscono in Gesù, l’inviato da Dio, il Redentore.
Il testo italiano che narra di quella “esplosione” di Gesù, comincia con “Ti rendo lode”, senz’altro meglio del vecchio “Ti benedico”. L’originale greco, “exomologoumai”, è più vicino a ”ti riconosco”.
Mi attengo a questo significato. Dio è riconosciuto, quando i piccoli accolgono la parola di Gesù. Cioè, Gesù riconosce nei piccoli, il “Signore del cielo e della terra”.
I piccoli che ascoltano e capiscono la parola di Gesù, sono lo specchio del Padre.
Il Padre conosce e riconosce Gesù. Solo il Padre conosce davvero Gesù. Quando uno di noi riconosce in Gesù il Figlio di Dio salvatore, si affianca al Padre, che unico conosce Gesù! Piccoli in terra, Padre nella Trinità, sono dalla stessa parte. Perciò è facile, per Gesù, ritrovare nei piccoli lo stesso amore del Padre.
Quanto è importante per il nostro Gesù che lo riconosciamo! Il nostro riconoscerlo gli fa gustare lo stesso sapore della conoscenza del Padre. Fino a queste altezze divine si eleva la nostra povera vita.
Perciò, udendo nei piccoli l’eco del Padre, Gesù esplode di gioia.
GCM 06.07.14

La mistica di Dio

La mistica di Dio

Il Dio di Gesù, il nostro Dio, non è indifferente nei confronti del desiderio umano di “sperimentarlo”. Lui stesso così si esprime, soprattutto nella tradizione monoteistica.          L’Assoluto-Dio, da sempre viene incontro a ciò e a quelli, che lui stesso crea.
Egli viene incontro al mistico già fin dalla trasparenza del creato. Il creato è il primo incontro Dio-uomo. Ecco perciò la gioia della contemplazione, per esempio di un tramonto, la gioia del poetare del cantare del danzare l’universo nella sua bellezza e nel suo fervore. Questa trasparenza è vissuta come un rimando all’Altro. Purtroppo ecco l’autoinganno del panteismo: il fermarci alle cose, per vedervi rinserrato l’Assoluto o gli Assoluti.
Ma l’essere umano è dialogico per costituzione. Senza gli altri non sarebbe neppure nato. Perciò nel dialogo ritrova se stesso. Al dialogo umano, soprattutto nella più intima delle sue esigenze, troviamo Dio in dialogo con l’uomo. Mediatori di questo dialogo sono i profeti. Essi cercano di rendere presente questo Dio, nella sua opera per l’uomo, a servizio dell’uomo, nell’agire la propria misericordia.
Ma per l’attuazione della mistica unione con Dio, l’Assoluto, Dio stesso soccorre l’uomo con un’invenzione impensata. Si unisce lui stesso all’uomo, diventando uomo tra uomini, pur non rinnegando se stesso. Dio non può rinnegare se stesso: se Dio scomparisse, con la sua scomparsa ogni realtà sarebbe nulla. Dio, rimanendo ovviamente Dio, si unisce all’uomo mistico più grande, e da quell’unione “personale” scaturisce l’autentica realizzazione mistica dentro un dialogo misterioso, nel quale la persona si ritrova e si bea.
26.02.17

 

Studiare

Studiare
Molte persone praticano lo studio a preferenza della manualità. Dedicarsi allo studio… anche questo è vanità, direbbe il Qoelet.
A mio parere, gli atteggiamenti di chi pratica l’arte dello studiare sono diversi.
Parecchie persone studiano quasi esclusivamente in vista della professione. È un preciso dovere, che è connesso con la professione stessa.
Altre studiano per il diletto dello studio stesso. Una ricerca del piacere derivato dalla conoscenza.
Altri studiano per rifugiarsi dalle difficoltà o dalle angherie. Chi non ricorda Don Ferrante nei confronti di Donna Prassede?
Altri ancora per molti altri motivi: far piacere all’amante, essere brillante nelle conversazioni, diminuire l’ansietà della solitudine… ogni persona vanta il proprio motivo. Si intende, ogni persona che non abbia rifiutato di studiare e di riflettere, abbandonandosi alle notizie del giornale, della televisione, alle chiacchiere delle comari o del collega del bar.
Qui mi piace ricordare almeno due modalità di vivere lo studio. La prima è quella di apprendere per acquistare conoscenze. La seconda è quella di avere stimoli per esercitare la creatività. La prima è inalberata su se stessa. La seconda è espansiva. La prima ritiene, la seconda dà.
Non è che la prima non dia, ma presenta ripetizioni, anche nobilissime e azzeccate. Però non riesce a sfondare il perimetro del conosciuto (cultura?).
La seconda tende a scoprire quale apporto può donare al già conosciuto (arte?)
31.08.14

 

Declino o permanenza

Declino o permanenza?
Accettare il declino dei cristiani in Europa è realismo o mancanza di fede? Gli Ebrei ringraziavano Dio per il “resto di Israele”, e i cristiani europei ringraziano Dio per essere ridotti a minima minoranza, sia tra i “bianchi” che tra gli “arabi”? La razza italiana diminuisce in Italia e sta riducendosi a minoranza. È un bene o un male? È un male per chi volutamente la diminuisce con la denatalità programmata, che è cecità verso il futuro, per un cieco godimento del presente (o anche semplice paura del presente che sfugge?).
Ci si può opporre al declino? L’impero romano stava sciogliendosi per le lotte interne (Costantino e Massenzio), ma proprio allora fermentava il cristianesimo, che non salvò l’impero, ma salvò le persone, infondendo in esse una nuova speranza, speranza così energica da trasmettersi lentamente alle nuove fresche popolazioni invadenti. Le istituzioni romane stavano lentamente sfracellandosi, ma Dio salvava le persone.
Sempre così nella storia. Dio presente nella storia, non principalmente come “Signore della storia” al di fuori di essa, ma come partecipe di una storia, che si evolve… Lui l’eterno. Dio si evolve nella storia, attraverso la nostra quotidiana evoluzione: di noi, in quanto figli del Padre, concorporei di Cristo. Si evolve, anche grazie alla nostra fiducia in lui.
Dentro l’inarrestabile declino dell’Occidente, resta una vita che permea ed è la fede dei credenti. L’umanità cesserà quando forse al ritorno di Gesù non ci sarà “fede sulla terra”? O proprio allora apparirà il Cristo, glorioso “tra le nubi del cielo” e nel cuore dei credenti?
27.04.17

Declino o permanenza

Declino o permanenza?
Accettare il declino dei cristiani in Europa è realismo o mancanza di fede? Gli Ebrei ringraziavano Dio per il “resto di Israele”, e i cristiani europei ringraziano Dio per essere ridotti a minima minoranza, sia tra i “bianchi” che tra gli “arabi”? La razza italiana diminuisce in Italia e sta riducendosi a minoranza. È un bene o un male? È un male per chi volutamente la diminuisce con la denatalità programmata, che è cecità verso il futuro, per un cieco godimento del presente (o anche semplice paura del presente che sfugge?).
Ci si può opporre al declino? L’impero romano stava sciogliendosi per le lotte interne (Costantino e Massenzio), ma proprio allora fermentava il cristianesimo, che non salvò l’impero, ma salvò le persone, infondendo in esse una nuova speranza, speranza così energica da trasmettersi lentamente alle nuove fresche popolazioni invadenti. Le istituzioni romane stavano lentamente sfracellandosi, ma Dio salvava le persone.
Sempre così nella storia. Dio presente nella storia, non principalmente come “Signore della storia” al di fuori di essa, ma come partecipe di una storia, che si evolve… Lui l’eterno. Dio si evolve nella storia, attraverso la nostra quotidiana evoluzione: di noi, in quanto figli del Padre, concorporei di Cristo. Si evolve, anche grazie alla nostra fiducia in lui.
Dentro l’inarrestabile declino dell’Occidente, resta una vita che permea ed è la fede dei credenti. L’umanità cesserà quando forse al ritorno di Gesù non ci sarà “fede sulla terra”? O proprio allora apparirà il Cristo, glorioso “tra le nubi del cielo” e nel cuore dei credenti?
27.04.17