Armi e coscienza

Armi e coscienza
Qualche riflessione ai margini della tragedia, targata ISIS, accaduta a Parigi il 13 novembre di quest’anno.
Ripeto la mia convinzione che tra i musulmani è offensivo designare due gruppi: musulmani moderati e musulmani estremisti o fondamentalisti, se con quest’ultima denominazione intendiamo indicare l’ISIS e i suoi misfatti. L’ISIS non è islamico, ma è una congerie di assassini che si camuffano tragicamente da islamici. Sono semplicemente assassini sanguinari, e non solo arabi, ma anche occidentali.
Altra osservazione: questi assassini sono armati di kalashnikov. Mi sa che i kalashnikov non piovono dal cielo come la manna. Essi si vendono dai russi, concorrono al “benessere” economico dei russi, e per produrre vantaggi finanziari al commercio russo, producono migliaia di morti. Di più, concorrono all’innalzamento del “commercio mondiale”. Ciò che rendono responsabili di stragi tutti i fabbricanti di armi e i loro commercianti, che pur di arricchire non guardano in faccia nessuno, sia un “onesto” poliziotto, sia un “onestissimo” terrorista, più o meno patriottico o “misticheggiante”.
Terroristi sono ricordati, anche con lodi, in tutta la storia. Maccabei, Romani che rubano donne, risorgimentali, Brigate rosse, Rote fraktion, e via via in tutta la storia. Combatterli con armi può essere lecito, ma non risolve il problema degli assassini per un “ideale”. Strano pensare che i santi, i quali hanno seguito il massimo degli ideali, non hanno impugnato fucili!
Il problema lo si affronta principalmente nel recinto delle coscienze.
18.11.15

Sopportazione e stima

Sopportazione e stima
Per affiatarci tra di noi, dentro la stessa casa o dentro la stessa comunità, da dove iniziare?
Ho avuto due “incipit”: cominciare con il sopportarci, oppure iniziare con lo stimarci. Due inizi molto diversi. Il primo parte dalla certezza che l’altro sbaglia (il che spesso è vero); il secondo muove dalla certezza che l’altro possiede le qualità per non sbagliare, soprattutto se si considera che l’altro, bravo o incapace, è sempre un figlio di Dio. Il primo si inizia con pessimismo; il secondo con ottimismo. Il primo vede ciò che chi vede l’altro può o vuole fare; il secondo osserva ciò che l’altro è in grado di fare. Il primo è striato di egoismo, il secondo di empatia altruistica.
Gesù ci ha indicato di “perdonarci”, ossia di far emergere le nostre capacità di bontà.
Il primo si ferma nella tristezza. Il secondo comincia con il sorriso. Il primo pende nell’Antico Testamento. Il secondo vive la bella notizia della liberazione dovuta a Gesù nel Nuovo Testamento.
Non sono due modalità antitetiche, ma due strade parallele, accolte da Dio lungo la storia di tutto il popolo di Dio.
La scelta (sì, perché di scelta libera si tratta) di una delle due vie può dipendere da molti fattori: struttura caratteriale, livello di maturazione psichica e spirituale e di fede, educazione, catechesi, ambiente familiare scolastico sociale, cultura, e altro.
Comunque la prima patisce di alcune zone d’ombra, mentre la seconda si espone alla luce del Vangelo, che ci assicura di essere tutti figli di Dio.
09.12.14