Purtroppo!

Purtroppo!
Papa Francesco per facilitare la convivenza, dettava l’uso di alcune parole: buon giorno, prego, grazie, scusa.
Io desidero ricordare un semplice avverbio: purtroppo!
Eppure esso è un avverbio che potrebbe cambiare il nostro parlare degli altri. Spesso ricordiamo qualche loro episodio, per criticarlo e, quindi, per condannarlo. Anzi, a quanto odo, il ricordo degli altri è indirizzato per condannare le loro azioni, sebbene la condanna si esprima in una canzonatura, più o meno lepida.
Il ricordo, quindi, è distruttivo.
Anche le parole di Gesù preferiamo leggere sotto l’aspetto di condanna. Quel “guai a voi, farisei che interpretate la legge”, spesso è letto come una marcata condanna per la falsità del comportamento dei farisei. Eppure il “guai” ha il senso di un “Ahivoi!” secondo la nostra sensibilità, se essa si è lasciata convertire.
Allora il “guai” evangelico lo sentiremmo più un grido di dolore, che una sentenza di condanna. Gesù ha pur detto, parlando della sua vita: “Non ho l’incarico di condannare, ma quello di salvare!”.
Ebbene, quando noi ricordiamo qualche sbaglio e qualche malefatta del nostro prossimo (“chi è senza peccato scagli la prima pietra!”), speriamo di non giudicare, ma di commiserare. “Purtroppo Tizio ha commesso quell’errore!”. Il “purtroppo” ci porterebbe dalla parte di colui, che è venuto per salvare e non per condannare. Ma quante volte ci siamo posti fuori la traiettoria del Salvatore e della sua salvezza!
30.08.14