Avvento sciupato

Avvento sciupato
Anche quest’anno l’Avvento, mentre rinfocola la speranza, nella Messa e nella preghiera e nella carità, ferisce anche di enorme tristezza.
Gesù è posto in cantina, tra i ferri vecchi.
Che figura fa quel povero bambino del presepio, sgambettante e con una camiciola, di fronte a un vecchio, ben vestito sciarpato e imberrettato? Un bambino che non ha nulla da offrire a una società del consumo, di fronte a un vecchio con un sacco pieno di giocattoli? Un bambino che arriva da uno squallido Oriente, a fronte di un vecchio che scende da un ricco Nord?
Il vecchio, oramai, ha cancellato il bambino, molto in armonia con una società che si riempie di anziani, mentre sterilizza le nascite?
Non è che ci manchino i soldi, neppure a coloro che recitano il pianto della miseria. Spreco di luci e di addobbi, vanità di scenari e di manifestazioni, spesso non poco costose. Denaro a fiumi, anche in regali inutili, mentre milioni di bambini crepano per la fame, e non sono difesi.
Certo che la nostra cultura è alleata con Erode, che gode per la strage degli innocenti, e non con due profughi che scappano in Egitto per difendere la vita di un piccolo (e che piccolo!).
Torniamo al Natale di Gesù, senza lasciarci irretire dalla società dei consumi, e avremo e doneremo le vere perle.
04.12.18

Nuova opportunità storica

Nuova opportunità storica
Ci può essere una riedizione storica?
L’impero romano stava tramontando per la crescente denatalità. Alle porte stavano i barbari, numerosi, prolifici, desiderosi di impadronirsi dell’impero decadente. Dopo lotte i barbari entrarono con i propri costumi e la propria religione. Eppure lentamente assimilarono i valori “romani” presenti nel Cristianesimo, e si formò una cristianità.
Oggi l’Italia è allegramente dedita alla denatalità e alla perdita del suo passato religioso. Intanto “sbarcano” in Italia africani e asiatici, con le loro usanze e i loro valori. Un’assimilazione dei vecchi valori cristiani, come per esempio la tolleranza del diverso e la possibilità del dialogo con tutti, viene ricuperata dagli “stranieri”. Leggiamo ogni giorno i proclami del COREIS, islamico, per il dialogo tra le religioni, dialogo che è praticamente rifiutato nelle nazioni islamiche: vedi, per esempio, il Pakistan.
Si tratta anche di una prima inversione di concetto delle missioni. Non si va da “loro” per evangelizzarli, ma essi vengono tra di noi. È preparato il cristiano, ogni cristiano che non abbia abbracciato il paganesimo di ritorno, a effondere lo Spirito Santo su “ogni carne”, come dice la Parola di Dio?
Può ritornare nei fedeli rimasti fedeli, la coscienza di essere fondamentalmente “missionari” e continuatori della verità e del sacerdozio di Cristo?
16.10.18

Vivo io, ma non vivo io

Vivo io, ma non vivo io
Il Verbo è la vita dell’uomo, come dice la Verità nel Vangelo di Giovanni.
Viviamo solo perché Dio “vive” in noi, e Gesù rinfocola questa vita.
Il Padre non crea l’universo e poi l’abbandona a sé. Crea e, come dicono i testi, sostiene la propria creatura. Perciò ogni dinamica presente nell’universo, è “continuazione di creazione”.
Il Padre, nel Verbo, dona la vita all’uomo. Poi non abbandona l’uomo, ma rimane vita nell’uomo. Se io scrivo è perché la sua vita, in me, mi fa scrivere. Ogni espressione del mio vivere, è lui che vive in me, facendomi vivere e mantenendomi vivo in Lui.
È entusiasmante questo accorgermi che ogni espressione della mia vita è continuazione della sua vita in me. Mio Dio … sbadiglio ed è la tua vita che mi muove. È grande!
Per contrario ecco la stupidaggine e la cattiveria del peccare. Il peccato può essere anche considerato come opposizione alla legge o alla volontà del Padre così ben delineata nel Vangelo. Però la turpitudine del peccare, quando davvero peccato è, consiste nel fatto che io uso la vita di Dio in me per oppormi a Dio stesso. Che il Padre, nel suo amore, mi preservi da simile bruttura!
Gesù è luce e vita dell’uomo. Vivere Gesù è vivere la pienezza di vita immessa in me, e in tutto l’universo, con la creazione. Paolo: vivo io, ma non vivo io, vive Cristo in me. E la vita di Gesù in me non è una fantasia, ma è la concretezza di ogni azione, particolarmente di quelle azioni, che più patentemente esprimono Gesù vivo in me, come, per esempio, la preghiera
23.09.18

Lui solo ci salva

Lui solo ci salva
Il Vangelo di Giovanni ci indica come orientarci. Mentre le dottrine non cristiane circolanti al tempo dell’Evangelista (e quanto dopo fino ai nostri giorni?), indicavano la scoperta della “verità” con metodi ascetici, per raggiungere la salvezza, Giovanni parte deciso da un principio di salvezza: In principio era il Logos. Il Logos è il Salvatore eterno, che umanandosi ci salva. La salvezza (essere illuminati) è da sempre in Dio, non la raggiungiamo noi, con le nostre opere di illuminazioni, ma ci raggiunge essa. In lui era vita e la vita é luce degli uomini
Una frase poetica di S. Agostino ci dice che “il peccato è una colpa felice, che ha meritato il Salvatore”. Sembra quasi che per assicurarci la salvezza ci vuole il nostro peccato, forse per correggere certe tendenze ebraiche e gnostiche, che attribuivano la salvezza come paga per l’operare degli uomini.
Dio, nel Logos, è misericordia e dono. E resta misericordia capace anche di recuperare l’uomo, quando pecca e, perdendo in sé la luce di Dio, deve essere riportato alla vita.
Noi non sollecitiamo Dio perché ci aiuti o ci perdoni, ma Dio, in qualche modo, sollecita noi per farci vivere e per lasciarci ripristinare nel suo Amore.
In principio era il Verbo, e Dio era il Logos. E resta principio preveniente, che precede la nostra vita, il nostro pregare, il nostro pentirci. E questo forse può dispiacere agli orgogliosi, che perdono il “primato”, però apre il nostro cuore e lo riempie di consolazione e di fiducia. Guai se dipendesse da noi un acquisto della salvezza eterna … non arriverebbe mai!
01.11.18

Pregare sorridendo

Pregare sorridendo
È ancora in uso di aggrottare la faccia, quando si prega. Il sorriso nel pregare sembra un tocco di bestemmia. Non si sa quanto la preghiera diventi personale e chiaramente colloquiante, se è fatta con il sorriso, con quel sorriso che pare dire a Dio: noi ci comprendiamo!
L’Ave Maria, la diciamo quasi compunti, complice la triste traduzione del chaire greco, in ave. Non mi riesce di immaginare l’angelo Gabriele che tenga il muso ingrugnito, quando saluta Maria con quel “Rallegrati, o piena di gioia, perché il Signore è con te!”. Purtroppo fin da bambini, quando il sorridere era naturale in tutti gli incontri, ci facevano star seri, quando, come Gabriele, anche noi invitavamo Maria a gioire: kaire!
Il gusto di parlare, con il tu!, a nostro Padre era rovinato da un avviso a pregare molto seriamente e in guardia, perché stavamo per toccare una cosa che scotta e brucia. Proprio come prima che venisse Gesù.
E il Padre nostro recitato a occhi bassi e nel timore delle distrazioni, tanto che si doveva badare alle “parole da dire” e non al Padre, al quale si parlava. Ne sortiva un Padre nostro dalla veste raffinata, senza un cuore sotto.
Ci insegnavano a recitare il “Gloria del Padre” con timore, senza ricordarci l’esplosione di Gesù: Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli ti riveli.
La preghiera con il sorriso, ci butta dentro un ambiente soave, dove si scioglie ogni preoccupazione, si respira l’aria di famiglia (di famiglia divina!), si effonde la dolcezza, e il tempo del pregare non interessa più.
28.10.18

Dio amore

Dio Amore
Molte persone per indicare che il Vangelo di Gesù, come tutta la Bibbia, è sorpassato, oppongono alle parole “eterne” di Gesù, i progressi della tecnica.
Sorridendo, mi vengono in mente i miracoli della tecnica, che nel nulla trova il proprio modo di essere. Come quello che ho visto io.
Racconto: una persona ha inviato una sua e-mail, alla mia e-mail. Riceve l’avviso che la mia e-mail non esiste. Allora provo io: spedisco dalla mia e-mail un messaggio alla mia stessa e-mail. Ed ecco il miracolo della tecnica: mi arriva un avviso, che basandosi sulla mia e-mail, mi avverte che la mia e-mail (dalla quale parte l’avviso, perché esso si appoggia su di essa) non esiste. Ecco la creazione della tecnica: partendo dalla non esistenza della mia e-mail, mi avverte che essa non esiste: il creare è produrre dal nulla!
Sì, mi viene da sorridere su quella tecnica, che sta studiando il modo di superare la morte umana, magari ponendo da parte un po’ di sperma umano.
Io sono ancora ancorato alla vecchia idea, che solo Dio è il Creatore e Signore dell’universo, e dentro ad essa mi trovo magnificamente.
Quando poi rinnovo in me la realtà che Dio è Amore, e non soltanto che ama, allora mi abbandono a Lui. Il mio Padre ha la intima necessità ad amarmi, altrimenti non sarebbe l’Amore, come scrive Giovanni.
Di Dio si dicono tanti aggettivi qualificativi: eterno, onnipotente, onnisciente, ecc. Se tali qualificazioni si riferiscono a Dio, che è “Amore”, allora godo perché Lui è Amore onnipotente, Amore eterno, Amore onnisciente, e altro.
30.10.18

Gesà sempe nuovo

Gesù sempre nuovo
Torah e Logos. Il Logos divenne carne.
Perciò sono opposti un codice e una persona. La legge, ossia la Torah, offre una rassicurazione, sebbene impegnativa, ma apprensibile anche per la sua staticità, che non è sfuggente. Come la Torah così il Corano, e così ogni statuto di una nazione. La persona è mobile, non sa dove posare il apo. Chi le aderisce, poi è spinto a muoversi e a camminare con essa, per non perdere il riferimento. Perfino quella che si dice “la legge di Cristo” deve abbandonare ogni fissità, se deve diventare legge per sempre, legge in un mondo da Dio creato mobile, in evoluzione fino a “quel” giorno.
Evidentemente il pauroso preferisce la fissità, mentre la persona che ama il progresso, cerca chi cammina.
Qualche cosa di analogo può accadere nella Chiesa, dove spesso il Diritto Canonico tenta di prevalere sull’Eucarestia, che è “viatico”, cibo per chi cammina.
La costituzione degli stati per rispondere a nuove esigenze deve riformarsi. Cristo è ieri, oggi, e sempre. Papa Giovanni indicava l’”aggiornamento” della istituzione Chiesa, ma non poteva aggiornare l’Eucarestia, soltanto alcune norme che accompagnavano l’Eucarestia.
Mentre gli Israeliti si abbarbicavano alla Legge, Gesù chiedeva fede nella sua Persona, perché in essa c’era Dio, il Padre, il quale essendo eterno è sempre. Gesù, tra di noi, chiesa sorretta dal Vangelo e dall’Eucarestia, si insempra della nostra fede di ogni giorno, per vivere il Natale sempre come nuovo, come il vero ultimo cri.
06.10.18

Festa in cielo

Festa in cielo
Il buon Guareschi insegnava, sorridendo, come la stessa realtà, può essere vista da destra o da sinistra.
Vedo gli avvisi funebri nella stessa pagina: è tornato al Padre (destra), ci ha lasciati (sinistra). La stessa sublime realtà vitale (= parte della vita) può essere considerata soltanto come perdita, o come ultima definitiva conquista. La fede ci spinge da quest’ultima scelta. E con la fede la speranza, che sa sorridere.
Riflettevo sull’ecatombe in Indonesia di qualche tempo fa. Quante vittime! Sono degli sconfitti, oppressi dalle forze della natura. Eppure, se mi sovviene che Dio ama preferibilmente gli sconfitti, come ama quei due sconfitti sul Calvario, Dio allora accoglie amorevolmente quanti hanno perduto. Sarò forse cinico, ma vista la situazione sotto un altro aspetto, mi sembra di poter dire che, con tutte le persone arrivate, in cielo si “fa festa”. I nuovi ospiti non sono più stranieri, ma persone che “rientrano in patria”. Io non so se per rientrare in patria ci vuole il passaporto. Perché non posso sapere quali sono le regole di quella ultima amministrazione. So tuttavia che di là, c’è molta più misericordia che di qua.
È su quella misericordia che si appoggia la mia povera speranza. E la speranza di ognuno, che, illuminato dalla fede, abbia conosciuto e amato la parola di Dio.
Gesù non è venuto per condannare, ma per salvare e per dare la vita a molti. Questo fa Gesù, e il modo e i tempi per realizzarlo li conosce lui solo.
03.10.18

In Dio si vive la bontà

In Dio si vive la bontà
Delusione di mamma.
La mamma indicava al bambino di dover essere buono. Poi ricordava al bambino che Gesù era tanto buono.
Il bambino, per difendere le proprie marachelle si rivolse di scatto alla madre: “Sì, Gesù era buono, ma come è andato a finire?”. Egli sentiva che l’essere buono, non lo proteggeva da eventuali disgrazie.
Per indicare comportamenti presumibilmente positivi e virtuosi, ecco le leggi: Mosè, Stato, Chiesa, Onu. Però le leggi diventano anche un aiuto ai furbi: fatta la legge, trovato l’inganno. Le leggi sono inventate da chi ha il potere, per zittire l’opposizione o chi già non ha voce. Sono sempre per il “bene comune”? Insomma contro la bontà e le leggi giuste (quando sono giuste, ossia umane e in armonia con il Vangelo) si possono trovare sempre scappatoie di ogni genere.
Allora cedere le armi di fronte ai furbi e ai prepotenti? Oppure diventare furbi alla nostra volta?
Per chi si fida di Dio, le cose si guardano da un altro lato, con una prospettiva lungimirante. Quella madre poteva far notare al bambino: “Sì, i cattivi l’hanno ucciso, ma poi Dio lo ha risuscitato!”. Quindi la prospettiva cambiava totalmente: a esser buoni si può perdere qui, ma si guadagna là; qui dura poco, là dura sempre.
Ai furbi che fanno le leggi o che trovano l’inganno per svincolarsene, mi sembrano sempre valide le parole del Salmo: con i buoni tu sei buono, e con i furbi tu sei astuto. Anche da bambino ho udito dire dalla mia maestra (che ricordo ancora con piacere): Dio non paga il sabato. Gli interventi di Dio contro le cattiverie, sono sicuri, ma non se ne conoscono né il quando né il come.
26.10.18

Sono uscito da Dio

Sono uscito da Dio
Un verbo nel Vangelo di Giovanni continua a venirmi davanti. Si tratta del verbo “ecseghesato”. Il latino lo traduce con “enarravit”. L’italiano con “lo ha rivelato”. Narrare e rivelare non sono errati, ma non rendono bene il vocabolo, tanto che per indicare la rivelazione è quel verbo, che ritroviamo nell’Apocalisse, che significa appunto rivelazione.
Il verbo indica un “condurre fuori”, “far uscire”. È più incisivo del semplice rivelare, cioè togliere il velo. Si toglie il velo che nasconde, ma l’oggetto nascosto rimane, non necessariamente è “spinto fuori”.
Rivelando si apprezza e si ammira, facendolo uscire si abbraccia. Ed ecco Dio presente in Gesù. Giovanni nella prima lettera, parla di ciò che abbiamo visto, abbiamo udito e che le nostre mani hanno toccato del Logos vivo!
Il Logos è nel “seno” del Padre, ed è stato fatto uscire. Quasi un cenno alla maternità di Dio, non solo come sentimenti, ma anche come azione.
Gesù dice chiaramente: “Sono uscito da Dio”. Presenza sicura e “tattile” di Dio in Gesù. Nella sua bontà, Gesù ha voluto prolungare nel tempo la presenza “tattile” di Dio, ed ecco l’Eucarestia. Gesù vivente sulla terra aveva portato in sé la presenza concreta di Dio: “Chi vede me, vede il Padre”. Toccando il suo corpo, si entrava in contatto con il Padre. Oggi toccando l’Eucarestia, con il concreto toccare e mangiare pane e bere vino, ritorniamo a percepire la presenza tattile di Dio!
18.10.18