Preghiera gravida di Gesù

Preghiera gravida di Gesù
La gioia e la grazia di poter pregare da cristiani.
Perché la preghiera ci riempia di gioia e di vero sapore, essa, dopo Gesù, è un colloquio intimo (a tu per tu, in una vicinanza totale) con il Padre, nella eterna gioia trinitaria.
Perciò la preghiera del cristiano è cristica. Preghiera gravida di Vangelo, gravida quindi di Gesù.
È vero che colui che conosce e ingoia quotidianamente il Vangelo, è in grado di evitare parole vuote, per unirsi alle parole di Gesù. Più in noi si allarga il Vangelo, più il nostro pregare è pregno di Gesù.
La prima preghiera gravida di Gesù è il Magnificat, preghiera espressa da una cara persona, gravida appunto di Gesù.
Forse, anche nelle cosiddette scuole di preghiera, la preghiera è ascetica e teologica. Osserviamo, che, per esempio, nell’Islam si attua una preghiera su base teologica, corredata da mille insegnamenti su Dio, più o meno indovinati. Ma la preghiera islamica, purtroppo, non può essere gravida di Gesù, uomo-Dio, proprio per il rifiuto della divinità di Gesù. Troviamo ivi una preghiera rivolta a Dio, esterno.
Gesù ci ha introdotto a una preghiera in Dio, dialogo dolce e confidente con il Padre, con Gesù nello Spirito Santo.
Preghiera gravida di Gesù.
Tale preghiera è impregnata di quel Gesù, presente nel Vangelo e nell’Eucarestia. Ed è consolazione e gioia, profondi.
24.06.19

Gradualità

Gradualità
Colpisce nel rileggere il Vangelo di Luca, la frase: “I suoi genitori si meravigliarono”. Maria e Giuseppe restano meravigliati all’udire le frasi profetiche di Simeone, che vede il destino del neonato Gesù. Nella successiva profezia di Simeone, Maria si sentirà dire: “Una spada ti scinderà l’anima”.
Per Maria e per Giuseppe, le parole di Simeone sono una novità. Non erano forse preparati, poiché il concepimento “strano” di Gesù, aveva richiesto la loro fede nell’opera di Dio, fede che essi avevano accordato?
Dio si manifesta all’uomo, nei tempi e nei modi, che soltanto lui conosce e decide. Manifestazione graduale, pur essendo provvidenziale.
Anche i genitori di Gesù, pur tanto vicini a lui, dovevano attendere la teofania del Battesimo di Cristo. Poi la stessa vita di Gesù, per essere vista e accettata nella sua totalità doveva giungere al fatto della risurrezione.
Il presente, anche nella rivelazione, è un passaggio. Ogni presente è rivelante, ma non riassume tutta la nostra vita di fede e di amore. Verrà il vero momento della sintesi, ma non accadrà in terra.
Ora, nel leggere e nel rileggere il Vangelo, siamo felici se ogni volta vediamo un raggio di luce. Ne dobbiamo essere riconoscenti e disposti a ringraziare il Padre per i raggi precedenti e per quelli futuri.
Siamo anche noi quei discepoli, i quali, udendo Gesù parlare della propria risurrezione futura, si chiedevano di che cosa parlasse.
29.06.19

Misericordia

Misericordia
La nostra limitatezza di creature ha l’enorme dono del Padre, di essere creati per la misericordia. Misericordia da ricevere e misericordia da donare.
Ogni incontro umano è destinato ad attivare la misericordia. E anche ogni professione.
L’insegnante verso l’alunno, il medico verso l’ammalato, lo psicologo verso il sofferente, il calderaio verso la cuoca, il falegname l’idraulico l’elettricista verso le necessità degli altri. Anche il vero politico verso il bisogno di ordine e di progresso della società.
La limitatezza della creatura è lo spazio della misericordia. Se ci accostiamo agli altri, disponibili alla misericordia, ci scopriamo davvero figli di quel Dio Padre, il quale è semplicemente misericordia.
Il Padre ci ha creati per essere felici, e quando non ci sentiamo felici, ciò è dovuto a un deficit di misericordia. Lo abbiamo provato tutti: quando siamo mesti, se usiamo misericordia verso il prossimo, la nostra mestizia si trasforma in serenità.
Tanto maggiore serenità, se superiamo la paganità di dare per ricevere, ma abbracciamo l’indicazione di Gesù, che ci indica di dare, senza aspettare il reciproco. Perché così ci accorgiamo di essere figli, di quel Padre, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
L’amore al prossimo (anche al partner del matrimonio) si desta non quando ci chiediamo che cosa riusciamo a ricevere dall’altro, ma quando possiamo dare all’altro usando misericordia.
26.06.19

Dolce pregare

Dolce pregare
In quanto figli, davvero figli, di Dio, siamo cari al Padre, e il Padre ci è così vicino e caro, da dirgli sinceramente col cuore: “Caro Padre”?
Con il Padre siamo distanti (Lui sulle nuvole e noi sulla terra), oppure vicini, tanto vicini da essere uniti a Lui, poiché siamo “in” Gesù?

Se il Padre è “di casa” come dovrebbe essere, allora, per quanto piccini e goffi, anche noi siamo “di casa” con lui. Quindi nasce in noi la necessità di una vera confidenza, non un fasullo atteggiamento paraconfidente.

Questo atteggiamento confidenziale con nostro Padre (“papà” o “babbo” lo chiamava Gesù) genera in noi il soave piacere di trattare con Lui, anche per fargli piacere.

Troppo si è incistata in noi la pesantezza della preghiera come un dovere di fronte a Dio. Invece di vivere la preghiera con quel sorriso, che nasce dal sapere che la preghiera unisce il Padre a noi, mentre ci uniamo al Padre, e che essa è un “piacere” per tutti e due.

Come la mettiamo con le tanto denigrate distrazioni durante il pregare, quelle distrazioni che sono la sentina di scrupoli per le persone pie?

Anche quando siamo assieme con un familiare o con un amico, non sempre testardamente pensiamo a lui, ma la dolcezza della sua presenza non sparisce, se il pensiero fugge verso il “che cosa devo preparare per il pranzo?”.

La presenza del Padre (che è sempre) assicura la dolcezza del nostro pregare.
17.05.19

La firma di Dio

La firma di Dio
“Io e il Padre siamo un’unica realtà” (il testo recita: siamo uno).
Questa affermazione di Gesù, in modo uguale o analogo, la troviamo ripetuta nel Vangelo di Giovanni. È la frase che scandalizzava i Giudei di allora e di oggi, e gli islamici di sempre. Il Corano la combatte direttamente (e i musulmani non sanno quel che perdono!).
L’affermazione di Gesù, come è riportata nel Vangelo (10, 30), arriva quasi inattesa.
Gesù parla delle “mie pecore”. Quelle pecore che “ascoltano la sua voce”. Il latino recita “audiunt vocem”, il greco usa un verbo (akuo), che non è solo “udire”, ma “ascoltare”. Ascoltare include un’attenzione particolare a quanto si ode.
All’attenzione di ascolto delle pecore, Gesù indica un suo riscontro: “e io le conosco e mi seguono”.
Sono così bene seguite da Gesù, che la conseguenza è chiara: “Io do loro vita eterna e non periranno affatto in eterno, e nessuno le strapperà dalle mie mani”. Gesù motiva la propria sicura affermazione perché le pecore sono un dono del Padre a lui, e quanto è del Padre nessuno lo può strappare.
A questo punto della dimostrazione, Gesù pronuncia la frase citata sopra. È come la firma di conferma, la firma di Dio sull’operare di Gesù.
Perciò l’opera e la parola di Gesù hanno quella conferma di Dio, sulla quale si fondano la nostra fede, la nostra speranza, il nostro amore, la nostra certezza nel camminare in un mondo pericolante.
30.06.19

In Gesù si prega

In Gesù si prega
La preghiera non consiste nell’inventare chissà quali pensieri da comunicare a Dio, altrimenti si resta muti davanti a Dio, e si fa brutta figura (sì, ma ai nostri occhi vanitosi). Gesù aveva pur assicurato: “Il Padre conosce ciò di cui abbisognate, prima ancora che Glielo chiediate”.
La preghiera è il semplice accorgerci che Dio è con noi, e che noi stiamo con Lui. Le formule, suggerite anche dalla liturgia oppure inventate da noi, non sono da rifiutare, ma da accogliere come indicazione a ciò che sta esprimendo il cuore nostro, della Chiesa e del mondo.
Alcuni addirittura ci suggeriscono di intendere come preghiera continua quel detto di Paolo: “Offrite a Dio le vostre vite (corpi)”. La vita è preghiera, anche perché il vivere è gloria di Dio e, quindi, continuo ringraziamento a lui.
La vita stessa, vissuta semplicemente, è preghiera. Dove c’è Gesù, ivi si attua sempre la preghiera al Padre, perché Gesù fa sempre la volontà del Padre. Fare la volontà del Padre è essere nel Padre, perché il Padre non è diviso tra sé e la propria volontà.
Essere in Gesù è preghiera.
E come si può riflettere su Gesù, che si trova in noi? Quando lui dice che ciò che facciamo all’ultimo lo facciamo a lui, può significare anche che il povero è già invocazione a Dio? E, perciò, beneficare il fratello è anche preghiera al Padre?
Non riesco a capire. Però se Gesù è nell’universo, Gesù è ovunque, e Gesù è preghiera. Incontrare Gesù nel fratello è un modo di entrare nella preghiera.
18.05.19

Credo per capire

Credo per capire
Ritornano in mente le frasi di Anselmo: Credo ut intelligam, intelligo ut credam. Credo per capire, capisco per credere. È il doppio senso dell’uomo con Dio. Muovere dalla fede per essere illuminato, partire dalla riflessione umana per accogliere la fede.
La prima situazione è sicura e produce la pace. La seconda è incerta e faticosa, e non è sicuro che la ricerca si plachi, perché il dubbio, che è alla base del “tutto domandare” della filosofia, può ripresentarsi dopo ogni scoperta. Agostino ci avvertiva: “Tu ci hai creato per raggiungerti, e il cuore resta inquieto se non riposa in te”.
Però il cuore non ha energie sufficienti per raggiungerti e riposare in te, che sei infinito, impossibile bersaglio per le nostre deboli frecce. E poi, come ho notato l’altro giorno durante un colloquio, sono presenti i pericoli delle deviazioni: per esempio, si parla di Dio e il discorso scivola verso le religioni, che sono una nobile, ma debole invenzione dell’uomo.
Gesù ha fatto di tutto per indicarci la via della pace: la fede, ossia il fidarci completamente sull’iniziativa di Dio nei nostri confronti. Quando ci si fida completamente, allora si chiarificano le cose, e con questa chiarificazione, si distende la pace. Dio, nei veri profeti e in Gesù, non solo ci parla di sé, ma ci raggiunge: “Io e il Padre verremo e dimoreremo” nel credente.
Il credere per capire che dona sicurezza e pace, anche se, come dice il Salmo, camminiamo al buio. La speculazione su Dio, è nobile sì, ma non assicura la pace. La fede ci immerge nella pace.
28.06.19

Parola di Gesù e parola d’uomo

Parola di Gesù e parola d’uomo
Tra le parole di Gesù e quelle di un qualunque iniziatore di movimenti religiosi, io preferisco di gran lunga le parole di Gesù.
Credo di essere nel giusto nel corretto razionalmente, quando osservo i due piani: parola di Dio e parola dell’uomo, anche quando la parola dell’uomo si cela dietro la presenza (reale e dimostrabile) di un angelo. Anche perché l’angelo non si è mai visto, mentre Gesù si è visto, toccato, sperimentato da vivo e da risorto.
Per esempio, nei miei studi e nel mio insegnamento ho conosciuto e apprezzato il Corano, ma non mi sentirei mai di abbandonare il Vangelo (e Gesù Uomo-Dio presente in esso) per sottomettermi al Corano. Anzi mi è capitato di accostare, per lo studio, Islam, Buddhismo, Induismo, Ebraismo, e come risultato ringraziavo sempre il Padre per essere cristiano, di Cristo.
Una parola di Gesù vale e crea più di milioni di parole di uomini, fautori di religioni o di filosofie, almeno di quelle che ho incontrato durante il corso di laurea in filosofia.
Vedo in tutte queste correnti religiose e filosofiche il grande bisogno di “salvare” l’uomo dal suo disagio spirituale, insito nel vivere (angoscia esistenziale, secondo qualche filosofo). Ma nessuna di esse mi assicura la vita eterna, confermata storicamente da una Risurrezione, se non sfocia nella corrente reale della vita e della parola di Gesù.
20.05.19

Gesù certezza di Dio

Gesù certezza di Dio
Io sono la porta. Altri sono entrati in altro modo, perché sono ladri e assassini.
La porta introduce all’ovile delle “sue” pecore, cioè dei credenti nel Padre. Altre pecore non sono del suo ovile, però queste le deve recuperare, affinché si realizzi un solo ovile con un unico pastore.
L’ovile è il regno di Dio, che Gesù desidera e fa pregare, affinché “venga”. Vi possono entrare altri, ma non sono riconosciuti dalle pecore.
Soltanto attraverso Gesù si entra nell’autentico recinto del Padre.
Nel mio cuore si sprigiona una grande gioia, e anche sento tristezza. Gioia per il dono di Dio, che mi ha fatto incontrare Gesù. Mia salvezza, mio conforto, mia speranza. Gioia per tutti quelli che hanno incontrato Gesù, e in lui godono la sicurezza della salvezza. Fratelli e sorelle nella fede, sorelle e fratelli nella gioia, per trovarci protetti nel suo ovile.
Tristezza per le molte persone conosciute, e che non hanno imboccato la porta, quando addirittura l’abbiano abbandonata.
Mi sovvengono persone che hanno abbandonato Gesù (probabilmente mai conosciuto e vissuto davvero) per seguire altri: Marx, Maometto, Buddha, e poi filosofi atei, o fondatori di “vie” che pretendono di condurre a Dio, e alla felicità, mentre si riavvolgono in se stessi.
So che il Padre è misericordioso e sa condurre anche attraverso vie tortuose; ma Gesù è l’unica via e l’unica porta.
22.06.19

Cli occhi del Padre

Gli occhi del Padre
Da piccoli ci intimorivano con la “minaccia”: Dio ti vede. Era un Dio poliziotto e giudice, del quale aver paura, e che dirigeva il nostro agire nella paura, come se dovessimo attraversare un fiume, camminando su un filo di acciaio senza bilanciere.
Poi il Vangelo e alcune preghiere ci hanno indicato che “Dio veglia su di noi con amore di Padre!”.
Quindi due frasi. Se mi sento portato a sbagliare, “purtroppo Dio mi vede!”. Se sono desideroso di vicinanza amorevole, “per fortuna”, Dio mi vede”. “Io non sono solo, perché il Padre è con me”: disse Gesù per rassicurarsi, quando gli apostoli, presi dalla paura, stavano per abbandonarlo.
Dio mi vede, anzi mi guarda. Ossia nel vedermi, egli vive l’intenso interesse di Padre.
Il Padre mi guarda, e guardandomi mi fascia d’amore. Perché il Padre non sa far altro che amare di un amore eterno e sconfinato. E, se mi ha voluto e mi vuole vivo, è solo per amarmi.
Un mio amico, ora completamente ricoverato nel Padre, mi diceva: “Per me Dio mi circonda, come l’aria mi circonda”. Il bagno esistenziale in Dio. Bagno dal quale non si riesce ad uscire. “In lui ci muoviamo viviamo e siamo”: ci fa sapere l’Apostolo. Perché il nostro Padre non è mai lontano da noi.
Il Padre vi ama. Solamente chi ama, percepisce l’amore di coloro che lo amano. Chi ha paura, percepisce le paure di chi lo attorniano, paure che possono anche trasformarsi in crudeltà.
Il Padre ama. Chi ama non sa essere crudele.
25.06.19