Dio segreto e veduto

Dio segreto e veduto
Dio è patente, luminoso, chiaro, oppure esiste sempre il “segreto di Dio”?
Certamente cercare nel Vangelo una ideologia, che chiaramente indirizzi ogni nostro agire e sentire, non è possibile. Di Dio noi vediamo delle orme, non la figura. Se vedessimo la definizione di Dio, saremmo l’impossibile: ossia Dio stesso.
Dio è, ed è il suo “mistero”, mistero che, quando vorremmo decifrarlo, siamo avviati verso colui che è riflesso di Dio per noi uomini, l’uomo Gesù Cristo. E Gesù non ha mai definito Dio, ma reso presente il suo mistero. Nonostante le tenebre (dotta ignoranza), la luce di Dio illumina ogni uomo, che viene in questo mondo. La mia fede (fede della Chiesa) mi pone al confine tra le tenebre che io rifiuto, e la luce che solamente intravvedo. Dalle tenebre mi tiene lontano la paura, verso la luce mi conduce il desiderio unito alla speranza.
Il mistero ci attrae, ci affascina fin da piccoli, quando scopriamo il mondo, che si presenta e che non “sottomettiamo” con la scienza, con la filosofia, con la tecnica. E nell’adolescenza, se non guastata, ci attrae il mistero del sesso, di quello dei nostri simili e di quello dell’altro/a. Il fascino dell’ignoto domina la vita e il sapere.
Ma l’ignoto non è di un solo tipo. L’ignoto naturale può a poco a poco svelarsi, grazie alla ricerca molto varia, nella scienza, nella scoperta, nella costatazione. Ma l’ignoto che supera la sfera naturale, non è svelabile, se esso (o Lui!) non si affaccia. L’affacciarsi dell’ignoto soprannaturale si presenta sempre (e non può essere diversamente) come mistero. Mistero reale, presente, ma non afferrabile, se non dalla fede.
10.11.16

Nell’altro

Nell’altro
In un manuale che dava istruzioni agli anziani per mantenersi in forma fisica, ho notato le illustrazioni, che mostravano un giovane atleta, che si poneva nelle posizioni suggerite dal testo. Evidentemente quelle foto scoraggiavano gli anziani, che sarebbero potuti atteggiarsi come nelle illustrazioni soltanto rompendosi le ossa. Un anziano, dentro le proprie possibilità, avrebbe eseguito le posizioni delle foto in modo più alla portata dei coetanei.
E’ un po’ come per i giovani medici (o i giovani psicologi), che diventano specializzati in geriatria. Sanno, più o meno, tutte le norme e le leggi, e le applicano agli anziani interpretandole da giovani, quali sono, con le capacità e la decisione dei giovani.
Ho trovato più di uno psicologo, ancora imberbe o appena laureato, molto ligio alle regole imparate nel manuale. Appena un cliente mostra un “sintomo”, essi applicano a quel sintomo le regole ricordate, quando addirittura non leggono al cliente il manuale di psicoterapia, che illustra il sintomo e la personalità sottostante! Ma non si chiedono se quel sintomo (dietro il quale credono di potersi rassicurare nel diagnosticare la situazione) sia l’unico, o il più superficiale di un complesso sindromico. Per loro, poter applicare un comma del manuale è rassicurante, e, magari, spiegano sapientemente al cliente la teoria sottostante. Essi si rassicurano, e il cliente diventa ancor meno sicuro.
Purtroppo la distanza tra terapeuta e cliente produce spesso incomprensioni smarrimenti. Perché il centro di ogni cura, il perno dell’agire, non è lo psicologo o il giovane geriatra, ma la persona di cui devono interessarsi. E il mettersi davvero nei panni degli altri è difficile. Perfino Dio per comprendere l’uomo si è reso uomo nel Verbo.
GCM 03.08.13

Nell’altro

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In un manuale che dava istruzioni agli anziani per mantenersi in forma fisica, ho notato le illustrazioni, che mostravano un giovane atleta, che si poneva nelle posizioni suggerite dal testo. Evidentemente quelle foto scoraggiavano gli anziani, che sarebbero potuti atteggiarsi come nelle illustrazioni soltanto rompendosi le ossa. Un anziano, dentro le proprie possibilità, avrebbe eseguito le posizioni delle foto in modo più alla portata dei coetanei.
E’ un po’ come per i giovani medici (o i giovani psicologi), che diventano specializzati in geriatria. Sanno, più o meno, tutte le norme e le leggi, e le applicano agli anziani interpretandole da giovani, quali sono, con le capacità e la decisione dei giovani.
Ho trovato più di uno psicologo, ancora imberbe o appena laureato, molto ligio alle regole imparate nel manuale. Appena un cliente mostra un “sintomo”, essi applicano a quel sintomo le regole ricordate, quando addirittura non leggono al cliente il manuale di psicoterapia, che illustra il sintomo e la personalità sottostante! Ma non si chiedono se quel sintomo (dietro il quale credono di potersi rassicurare nel diagnosticare la situazione) sia l’unico, o il più superficiale di un complesso sindromico. Per loro, poter applicare un comma del manuale è rassicurante, e, magari, spiegano sapientemente al cliente la teoria sottostante. Essi si rassicurano, e il cliente diventa ancor meno sicuro.
Purtroppo la distanza tra terapeuta e cliente produce spesso incomprensioni smarrimenti. Perché il centro di ogni cura, il perno dell’agire, non è lo psicologo o il giovane geriatra, ma la persona di cui devono interessarsi. E il mettersi davvero nei panni degli altri è difficile. Perfino Dio per comprendere l’uomo si è reso uomo nel Verbo.
GCM 03.08.13