Uomo vivente

Uomo vivente
La gloria di Dio è l’uomo vivente!
Quale genio avrebbe potuto progettare un organismo vivo, con infinite capacità di sentire, di operare, di parlare e di intendere? Solo Dio può tanto, e l’uomo riuscito è un inestimabile documento della sublime perizia del Creatore.
Vivere è essere gloria!
Vivere non è solo operare, ma anche riposare, mangiare, digerire, vedere è tutto gloria di Dio!
Quando le forze e le situazioni ci fanno operare e produrre, quando le forze o le circostanze ci impediscono di operare, tutto è gloria di Dio. Con l’intenzione di operare coscientemente “alla maggior gloria di Dio” (S. Ignazio), non aggiungiamo nulla a Dio, ma ci ricordiamo gioiosamente di essere noi stessi, nel nostro piccolo, quella gloria di Dio che è l’uomo vivente.
Una delle conseguenze del peccare contro gli uomini, non è solo inosservanza di una legge, ma è opporsi alla gloria di Dio.
Così l’omicidio è sì un delitto contro la vita, però, di più, è un tentativo di offuscare la stessa gloria di Dio. Qui, purtroppo, cade opportuna una riflessione sugli aborti. Quanta gloria di Dio impedita a rifulgere, a svilupparsi, a inneggiare. L’aborto procurato non è solo un’opposizione al diritto di una persona a vivere, ma è anche, e di più, un opporsi alla manifestazione della grandezza e della gloria del Padre in questo “povero” mondo, tanto più povero, in quanto privato della gloria di Dio. Però Dio, nel suo amore e nella sua onnipotenza, si rifà: ecco la vita eterna.
27.02.19

Oggetto di fede

Oggetto di fede
I Vangeli sono scritti con uno scopo chiaro, espresso con preci-sione, in una conclusione del Vangelo di Giovanni: “Queste cose sono state scritte, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, cre-dendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20, 31). L’intenzione dell’Evangelista è quella di far credere non all’uomo Gesù, ma a Gesù Figlio di Dio. L’uomo è ricordato in quanto è presenza di Dio. Fede nella divinità di Gesù. L’Islam si fida dell’uomo Maometto. Il cristiano nutre la fede nel Gesù, Dio, Figlio di Dio.
Purtroppo, meditando nel Vangelo (il Vangelo si medita, non si legge meramente), molti si fermano a considerare la cornice, trascuran-do il dipinto.
Cornice: luoghi, tempi, stile, psicologia delle persone. Mi sovviene che, anch’io da giovane cercai di scoprire la psicologia dei vari attori, e scrissi un testo su “Coloro che l’incontrarono”. Cercavo le analogie di Maria, Pietro, Natanaele, ecc., con la mia e con la nostra psiche. Gli e-vangelisti non si interessarono del conto in banca di Zaccheo, ma di ciò che Gesù disse e fece a Zaccheo, per intuire Gesù.
Ci sono dei comportamenti di Gesù, che sono affini ai nostri: Ge-sù che casca dal sonno in fondo a una barca, o Gesù che ha fame, e perfino Gesù che, irritato, caccia i mercanti dal tempio. Però ci sono pa-role sublimi e fatti, che non sono analoghi al nostro agire, e che svelano in lui una qualità diversa, quella che richiede la nostra fede. Per esempio a nessuno di noi è accaduto di infondere acqua in un contenitore e poi di attingerne vino. Qui c’è la docsa, la gloria, e a questa credono i discepoli.
08.02.19

Fede e opere

Fede e opere
Uno psicologo, credente in Gesù grazie alla presenza in lui dello Spirito Santo, deve svestirsi della propria fede, per esercitare “laicamente” la sua attività?
Oppure deve continuare a vivere il Gesù di sempre, e perciò muoversi proprio dalle basi del proprio essere di Gesù, oggi?
La fede in Gesù, è – come ci ricorda Paolo – essere rivestiti di Gesù. Or dunque quando Gesù accostava le persone per beneficiarle, si faceva “laico”, svestendosi della propria divinità?
Chi crede non può svestirsi di Gesù, senza tradire se stesso. Gesù, sempre Gesù, tutto Gesù. Soltanto così lo psicologo può trasmettere risurrezione (quella vera!) e non soltanto tecnica.
L’essere di Gesù, è un bene non soltanto per la Chiesa, ma pure per il mondo. È un bene, dono del Padre, indirizzato al bene dell’uomo e della donna, che si può e si deve realizzare in ogni incontro tra persone.
Noi, siamo semplici mestieranti, oppure sempre figli di Dio, concorporei di Gesù, in azione? Può staccarsi anche per un solo attimo, l’amore del Padre per noi, e, perfino attraverso noi, per il mondo?
Può esistere una esistenziale laicità, dal fatto che Dio creatore regge ogni esistenza? Senza di lui, nulla esiste. Perciò il mondo è “gloria” di Dio, è adorazione “perpetua”.
Si legge qualche titolo di libro, dove si afferma che la “mente guarisce”. Che cosa avviene allora, quando la mente è investita da Dio, grazie alla fede, presenza dello Spirito?
Quel Gesù che è in noi, portiamolo a tutti, anche durante una psicoterapia!
06.04.19

Luce e tenebre

Luce e tenebre
Chi non crede in Gesù, è già condannato. Questa affermazione, riportata nel Vangelo di Giovanni, ci induce a riflettere, quasi timorosi, sulla nostra fede in Gesù, e su quanti trascurano di credere, come ciascuno può, in Gesù.
Troviamo anche una spiegazione del non credere in Gesù: hanno amato le tenebre e non la luce.
Ricordo quel conosciutissimo autore francese. Egli, quando qualche persona si recava da lui per esporre i propri dubbi sulla fede, gli indicava prima di tutto il confessionale. Dopo la confessione, i dubbi sulla fede erano spariti. Ci si allontana da Gesù e dal Padre, non tanto per questioni di principio speculativo, ma perché le tenebre morali del peccato, ci donano il piacere dell’errore e ci rapiscono il piacere della verità, ossia di quel Gesù, che è verità.
La tenebra del peccato impedisce di gustare la luce.
Oggi viviamo immersi nella cloaca del peccato, osannato da quasi tutti i veicoli giornalistici, nel parlato, nello scritto, e nel visivo. Radio, giornali, televisione. E i giornalisti, che spesso diventano portatori di tenebre, pretendono di assolversi dietro il “dovere” di cronaca. Ed ecco il dovere del gossip, il dovere di pubblicare la pubblicità della prostituzione (nascosta, non tanto però) esercitata nei “centri di danza” approvati dalle autorità.
Cloaca, nella quale chi si immerge non riesce a vedere la luce di Gesù, quando addirittura non pretende di spegnerla.
25.02.19

I poveri sovranismi

I poveri sovranismi
Mentre lo Spirito mi aiuta a scorgere Dio come misericordia, odo risuonare attorno a me parole un po’ strane, perché astratte, che vantano un sovranismo.
Non conosco le umane profondità del sovranismo, ma al mio orecchio abituato alla filologia, esso mi si presenta come superiorità: sovra.
Può la misericordia di Dio penetrare il sovranismo, tanto da renderlo cristiano?
Io, nel mio piccolo, sento il Vangelo che mi dice: “I grandi di questo mondo cercano onori, ma per voi non sia così. Anzi chi è primo diventi ultimo”. Il sovranismo, almeno come è gridato (il cuore dell’uomo lo conosce solamente Dio!), non mi sembra un’eco delle parole del Vangelo.
In questa atmosfera, sono tentato a pormi al di sopra del sovranismo. E così vi partecipo, e temo di perdere Gesù, esempio e parola.
Eppure io posso pregare anche per i sovranisti, chiunque essi siano. La luce del Padre non conosce ostacoli, arriva dove lui vuole, Lui che ha creato il sole.
Il cristiano non deve dominare il mondo. Se lo dominasse, ne farebbe necessariamente parte. Al cristiano interessa restare in Gesù, quel Gesù che ha detto di aver vinto il mondo. Lo vince lui, non occorre che lo vinca io, quando semplicemente posso partecipare di Gesù, e, in lui, aver vinto quel mondo, che, pur boccheggiando, è già superato da Gesù.
“Non ti chiedo di toglierli dal mondo, ma di difenderli dal male”: così prega Gesù per noi. A noi resta quel sorriso, che ci viene dall’essere sicuri in Gesù.
09.04.19

Fede e sacramenti

Fede e sacramento
Tutti corriamo il pericolo di incappare nella situazione espressa da Gesù: “Guardando non vedano, e ascoltando non intendano”. Chiediamo alla bontà di nostro Padre misericordioso, che ci aiuti a guardare e vedere.
Corriamo il pericolo di immettere la parola di Dio nel ristretto perimetro delle nostre idee, del nostro concetto di vita religiosa o di fede.
La cristianità, che sembrava toccasse ancora Gesù, recentemente risorto, si reggeva, con semplicità (come ci ricordano gli Atti degli Apostoli) nella fede in Gesù, persona e annuncio, si radunava per sperimentare la presenza di Gesù nella “santa cena”, nella quale e dalla quale desumeva la bellezza dell’agape, della carità reciproca.
Amore nella Parola e nella presenza eucaristica.
Mi chiedo: perché ho perduto la gioia della semplicità primitiva, che nutre sicurezza di fiducia nell’annuncio del Verbo e amore nel raduno in Gesù presente?
Che cosa mi ha fatto perdere quella gioiosa semplicità, voluta e prodotta da Gesù? Probabilmente la mia testardaggine, favorita da molti precetti e da molte leggi.
Le leggi, di qualsiasi tipo non liberano il cuore, ma rinchiudono le persone dentro un tragitto obbligato, che spesso produce l’indurimento del cuore, creato da Dio e rifatto da Gesù per la libertà.
Troppo spesso mi sento frenato e incatenato dalle leggi “religiose”, e non liberato dall’amore di Gesù, dalla misericordia del Padre. Ricordo: “religio” indica un essere “rilegato” nello scrupolo, lontano dallo Spirito d’Amore.
11.04.19

Il Padre mi cerca

Il Padre mi cerca
Io, nel mio piccolo, cerco Dio. Ma prima di tutto, è Dio che cerca me. Mi ha cercato così radicalmente da crearmi. Essere cercati, inseguiti da Dio. Il Pastore che cerca la pecora sbrancata. Dio mi ha sempre cercato. Ogni mattina mi cerca, prima ancora che io dica la preghiera del mattino. Il Padre non può sopportare che io gli sfugga dalle mani, e, soprattutto, dal cuore.
Siamo inseguiti dal Padre che ci ama. Il nostro muoverci verso di Lui, è incerto. Il Suo muoversi verso di noi, è sicuro.
Il salmo: Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Certamente è esaltante questo esser cercato da Dio. Non sono io che tento di raggiungerlo, ma è Lui che sempre mi raggiunge.
In questo si manifesta la Sua misericordia verso di me, pecora confusa e smarrita.
È bello questo sentirmi cercato da chi davvero mi ama. Purtroppo noi spesso cerchiamo qualche persona, non per amarla, ma per avere un giovamento dalla sua presenza, dal suo affetto, dal suo aiuto.
Invece Dio no: mi cerca perché lui ha un “certo bisogno” di amarmi e di assicurarsi che mi fido di lui, e che posso perfino amarlo.
In ogni istante il Padre mi incontra. Gesù: il Padre è sempre con me. Egli non può staccarsi da Gesù e da ogni creatura entrata nel raggio di azione di quel Verbo, per mezzo del quale il mondo fu fatto. Nella Trinità il Padre non può staccarsi dal Figlio. Neppure si stacca da chi, come me, è figlio nel Figlio.
11.04.19

Fede in Gesù

Fede in Gesù
Credere: è un verbo che include molti significati, che corrono dall’essere sicuri all’opinare.
Il credere può essere usato sia per indicare la fede, sia la credenza o perfino l’illusione.
Credere coincide spesso con il fidarsi: fides e fiducia.
Fidarsi di chi o di che cosa? Certamente non è un fidarsi alle cose oppure alle idee, che non rispondono al profondo nostro bisogno di essere aiutati o sorretti. Fin da piccoli noi, anche inconsapevolmente, ci siamo fidati di una persona. La fiducia si attua in un incontro tra persone.
Gesù è su questa linea. Egli fa risaltare la fede nella persona. “Credete al Padre e a colui che ha inviato”.
La fede quindi è una “questione di dialogo”. Dialogo che si appoggia per essere assicurati.
La fede nella persona, si materia quindi dal tipo di sicurezza, che la persona offre e produce.
La fede che salva, è quella che si riferisce a una persona che è in grado di salvare. Sappiamo che Gesù è il Salvatore.
C’è una salvezza parziale, quando siamo salvati da un qualsiasi male e per breve tempo. C’è una salvezza totale e assoluta, capace perfino di salvarci dalla morte, e dal nulla della disperazione. Questa salvezza ci è garantita solamente da Dio.
Dio lo ha mostrato chiaramente in Gesù, salvato per non mai più morire. In Gesù riscontriamo anche tutta la divina potenza di Dio. Gesù guarisce le malattie, perdona il peccato, indica la via verso la felicità. Gesù, unito al Padre, è l’unica persona, verso cui rivolgere la nostra fede.
12.04.19

Sale della terra

Sale della terra
Sì: gloria di Dio è l’uomo vivente. E questa realtà scopre il nostro rapporto con nostro Padre.
Il Vangelo ci indica, tra le altre, una relazione con gli uomini. Gesù definisce i suoi “sale della terra”. Lui ci manda a ogni creatura.
Siamo sale: guai perdere il sapore! Senza sapore, il sale si butta via e viene calpestato. La nostra “missione” in terra è quella di essere luce e sale. Come?
La luce è evidentemente il Vangelo impersonato e manifestato: non lo si deve nascondere sotto il moggio, ma essere esposto. Una delle esposizioni della nostra luce è l’umiltà, quell’umiltà che permette a Gesù di trasparire attraverso di noi.
Il sale si nasconde, eppure ha la forza di influire sulla massa di farina, sull’impasto. Sale silenzioso ed efficace. Permea tutto il cibo, eppure non lo si vede, ma lo si gusta.
Come sale arriviamo a tutta l’umanità, anche là dove non giunge la nostra luce, ossia la nostra evangelizzazione manifestata da parole oppure da opere.
Il sale è la nostra presenza, semplice presenza, nell’amore, nella fede, nella preghiera. La nostra preghiera per l’umanità, sull’umanità, nell’umanità, è preghiera che si espande nel tempo e nello spazio.
La mia preghiera, non è mai solo mia, ma, in Gesù, è preghiera di me, uomo connesso con tutta l’umanità. Come il bene che io compio è bene per tutti e di tutti. Come cristiano io sono di Cristo, e Cristo è di Dio e di tutta l’umanità. In Lui sono appunto il sale della terra.
07.03.19

Preti e verità

Preti e verità
Serpeggia una sfiducia verso il clero, dopo le accuse di pedofilia. Se dobbiamo sfiduciare le persone per la pedofilia, resterebbero al loro posto, militari, magistrati, fornai?
Gesù è chiaro: non sfiducia neppure i suoi antagonisti. Egli indica di distinguere la loro condotta, dal loro insegnamento. “Fate ciò che vi dicono, ma non fate ciò che loro fanno”.
Oggi si può notare uno sport, giornalistico o no, nel denigrare la verità, indicata da Gesù anche attraverso i suoi apostoli (“andate e insegnate a tutti”), solo perché i vasi, che contengono e trasmettono la parola di Gesù, sono crepati.
Purtroppo molti pretendono di condannare le verità di Gesù, trasmesse dalla Chiesa, perché scoprono dei cocci del vaso della verità.
Con ciò si assolvono superficialmente coloro che sono caduti nell’errore o nel peccato. Soltanto, anche se annunciate da voci stonate, le verità di Gesù restano. La mia parola dura in eterno.
Ai cristiani credenti (non tutti i mezzi di comunicazione sono cristiani credenti), rimane il compito di trasmettere la salvezza del Vangelo, e in quanto è loro possibile, aggiustare i cocci, con l’amore, con la preghiera, con l’azione.
Forse a ciascuno di noi (e a ciascuno di noi, poveri peccatori per dono di Dio pentiti) Gesù dice: Vai avanti con la verità da me vissuta e proclamata, ma ogni giorno riaggiusta il tuo comportamento, sicuro che la misericordia del Padre, non desiste mai dall’amarti e dal perdonarti.
13.04.19